Barare con le bare

L’uomo, molto distinto, vestito di scuro e piuttosto attempato, suonò il campanello con decisione. Una donna spettinata e smagrita in volto venne ad aprire.
«Buongiorno Signora Maria, sono il Colonnello Carlangelo Mazzipieri» si presentò impettito battendo i tacchi e volgendo lo sguardo verso l’infinito «mi spiace disturbarla ma sono venuto a prendere accordi per la salma.»
La donna dapprima sbarrò gli occhi e poi, mettendosi le mani sul viso, iniziò a piangere. O almeno sembrava.
«Oh… mi rincresce, mi rincresce davvero… condoglianze vivissime, Signora, deve farsi forza: bisogna pensare che è andato in un posto migliore» recitò l’uomo in modo compassato.
«No, no… va bene è che in casa c’è già un rappresentante delle onoranze funebri…»
«Come?» fece Carlangelo quasi in falsetto. «Biagio… volevo dire il Caro Estinto quando era in vita (riposi pace) aveva già dato incarico alla nostra premiata ditta per i servizi correlativi…»
«Non ne so niente…» fece la donna guardandosi attorno in modo esageratamente confuso «e poi la ditta Ambogi & Ambogi…»
«Ambrogi & Ambrogi» fece un giovane aitante sui trent’anni che si era nel frattempo avvicinato ridacchiando.
«Sì, certo “Ambrogi & Ambrogi” offre un servizio accurato e a prezzi veramente modici…»
«E competitivi…» sottolineò il giovane alzando un dito indice e fissando negli occhi il concorrente.
«Tu!» fece il Colonnello spazientito «perché non sono meravigliato?»
«Hai sentito la Signora, mio caro Carlangelo, prezzi M-O-D-I-C-I.»
«Non lo stia a sentire, Signora» fece il Colonnello accorato «dal 1913 offriamo assistenza impeccabile anche per tutti i farraginosi aspetti burocratici di cui non dovrà minimamente preoccuparsi, e alludo sia a quelli pre-tumulazione che a quelli post; prendiamo inoltre contatto con il cimitero da lei gentilmente indicato per la sistemazione della Buon’Anima alle migliori condizioni e ovviamente il tutto con la massima sollecitudine e serietà professionale…»
«Offriamo la stessa cosa anche noi… herr Colonnello ma il feretro in fine legno di mogano alla tariffa standard dove lo mettiamo?» chiese Ambrogio della ditta “Ambrogi & Ambrogi”.
«Già come la mettiamo con il feretro in fine legno di mogano?» fece eco la Signora indicando il giovane accanto a lei.
«Feretro in mogano alla tariffa standard? Ma sei impazzito Ambrogio?» chiese allibito Carlangelo che ora sembrava più piccolo, «questo significa barare con le bare… non avete margini di guadagno, è… è… una follia, una sleale follia…»
«Pensa per te!» gli fece di rimando Ambrogio non smettendo di sogghignare.
Nel frattempo, squillò un cellulare riposto sulla mensa dell’ingresso. La Signora lo sollevò.
«Sì… sì…» fece quella annuendo.
Ambrogio e Carlangelo, intanto, non smettevano di guardarsi in cagnesco.
«Aspetti che la metto in vivavoce…» annunciò la donna armeggiando sul display «ripeta per cortesia…»
«Sì, certo» e si sentì attraverso lo smartphone la voce lontana di una donna non giovane con un forte accento straniero «la nostra ditta le offre la gamma più completa di servizi di onoranze funebri di prima classe (con tanto di cavallo e pennacchio e carrozza con cocchiere) alla sola tariffa base, più un’assistenza psicologica per lei e i suoi cari di 25 sessioni gratuite on-line per l’elaborazione del lutto e la gestione emotiva della transizione.»
Mentre la donna dall’accento straniero stava ancora parlando l’espressione della Signora si stava facendo eloquente: stava spronando Ambrogio e Carlangelo, impalliditi per il rischio di vedersi sfumare l’affare, a offrire di più.
«Ma è un’indecenza, non si può garantire così tanto per così poco…» abbaiò il Colonnello sporgendosi verso il cellulare per farsi sentire meglio «è fallimentare.»
«È il mercato europeo, mio caro signore; il mercato si è allargato. Sono finiti i tempi in cui sbrigavate tutto nel cortile di casa vostra…» rispose la donna del telefono con tono indisponente.
«Perché, lei da dove chiama?» domandò il Colonnello sempre più sbigottito.
«Da Tirana, Albania; è un problema per lei?»
«Va bene, allora rilancio» fece Ambrogio della ditta “Ambrogi & Ambrogi” rivolgendosi alla Signora: «ho saputo che anche lo zio è molto anziano e malato. Oltre alla impegnativa scritta per il preventivo che ho già firmato per il Caro Estinto ecco un buono per un ulteriore servizio funebre ma completamente gratuito per il prossimo decesso» e, con aria trionfante, sciabolò in aria un cartoncino.
«Adesso sì che ci capiamo!» esclamò la Signora afferrando il buono. «Grazie infinite, non ho più bisogno di lei» disse poi allo smartphone interrompendo bruscamente la comunicazione.
«Allora mi duole comunicarle che mi arrendo» si accomiatò il Colonnello ciondolando il capo mortificato. «Non mi resta che salutarla, signora Maria» e batté i tacchi questa volta però in modo piuttosto mogio.
La donna squadrò l’uomo con malcelata sufficienza e quindi, con appena un sorrisetto sulle labbra, disse:
«Non mi chiamo Maria, ma Adalgisa. Sono solo la vicina di casa. Sono qui per dare una mano alla mia amica Maria per la sua grave perdita.»
E chiuse la porta.

L’ultima stanza

Aveva fatto più tardi del previsto: controllò l’orologio del cruscotto e capì che non sarebbe riuscito ad arrivare a casa se non alle prime luci del mattino. Inserì la freccia di direzione e uscì dal casello dell’autostrada alla ricerca di una sistemazione per la notte.
Girò un po’ alla cieca e, dopo qualche chilometro e un paio di paesini cresciuti disordinatamente sulla strada, accese il navigatore che lo indirizzò verso un viottolo che altrimenti non avrebbe mai percorso. Il sole era già sparito dietro le colline rugginose e le ombre si scioglievano nella prima oscurità; quando arrivò sul piazzale ghiaioso di una bella locanda si sentì sollevato.
L’ingresso era chiuso chiave. Tirò la corda di una campanella che suonò nella casa con un accenno di eco. Dopo qualche minuto, una donna dal volto tirato e dagli occhi gonfi e arrossati, aprì.
«Vorrei una camera solo per questa notte…» fece Tobia, incerto, come se quella fosse stata una domanda che, in realtà, stava rivolgendo a se stesso.
«Mi dispiace, siamo al completo, non ha visto il cartello?» rispose lei secca cercando di richiudere.
«No, aspetti» fu pronto a dire Tobia trattenendo il battente. «Mi accontento di una sistemazione qualsiasi. Anche di un divano. E non cenerò neppure, darò il minor fastidio possibile.»
«Non è questo il problema, è che c’è la Sagra annuale della trota fario…» disse la donna come se quella dovesse essere una risposta definitiva.
«Non mi costringa a guidare tutta la notte per tornare a casa, la prego. Sono troppo stanco» fece lui con un tono che suonò fin troppo supplichevole. Lei lo guardò per qualche istante chiedendosi da dove venisse.
«E va bene entri, vedo cosa si può fare, ma non le garantisco proprio nulla. Si segga lì, per favore, vado a chiedere» e indicò una poltroncina e due sedie di vimini davanti al desk della locanda. La donna sparì al piano superiore. Si sentì parlottare. Ogni tanto la voce di un uomo sovrastava le altre. Sembrava arrabbiato. Gli arrivarono, a ondate, mezze frasi dal tono trattenuto; tra le altre: ‘abbiamo bisogno di soldi’ e forse anche ‘ma allora che facciamo?’ Seguì un lungo silenzio e poi un rumore di passi precipitosi sui gradini di legno. Era una bambina bionda, ben vestita. Arrivata all’altezza del desk guardò l’ospite con aria di rimprovero. Poi scoppiò a piangere rifugiandosi nella stanza vicina e sbattendo la porta. Tobia si alzò. Era imbarazzato. La sua presenza in luogo, per un qualche motivo che non capiva, creava dei problemi. Non sapeva se andarsene oppure no. Il pensiero di doversi rimettere alla guida lo fece però sedere nuovamente. Seguirono altri rumori confusi. Dopo un intervallo infinito di tempo la donna che gli aveva aperto la porta scese lentamente le scale.
«Mi chiamo Matelda» fece lei allungandogli una mano gelida. «Mi segua… non ha con sé un bagaglio?»
«No, come le ho detto, mi fermo solo per questa notte. Non pensavo di dormire fuori.»
«Capisco.»
«Vuole che le lasci i miei documenti?» chiese Tobia efficiente.
«No, non c’è fretta, facciamo tutto domattina, con comodo.»
La stanza era gradevole, ben arredata, linda. L’aria era però fredda. Probabilmente avevano aperto la finestra per rifare la camera. La donna aspettò che Tobia prendesse confidenza con l’ambiente, quindi gli consegnò le chiavi e uscì. Appena fu solo, la prima tentazione fu di buttarsi sul letto, vestito. Si sarebbe addormentato immediatamente. Andò invece in bagno per rimettersi in sesto. Quando tornò in stanza, ebbe di nuovo la stessa sensazione di quando era entrato: c’era uno strano odore lì dentro. Cercò di non pensarci. Si mise a sedere sul letto. Rifletté su quanto avrebbe dovuto fare l’indomani. Se fosse partito presto avrebbe potuto recuperare il tempo perduto. Controllò il cellulare. Mise la sveglia. Poi si rialzò. L’odore si stava facendo sempre più forte. Difficile dire di cosa si trattava. Forse proveniva dalla cucina da basso o forse dallo scarico del bagno. Poi pensò d’un tratto, chissà perché, a un topo morto. Si mise a cercarlo, come se fosse davvero possibile che in una stanza così curata ci fosse una cosa simile. Cercò dentro e sopra all’armadio, sulle travi del soffitto, dietro alle tende. Nulla. Si chinò sul pavimento e alzò le coperte del letto. C’era un morto, là sotto. Vestito come lo possono essere i defunti il giorno del loro funerale; il naso era affilato, la carnagione bruna, tra le mani un rosario.
In quel mentre entrò Matelda. Forse aveva persino bussato.
«Volevo chiederle se davvero non vuole mangiare nulla…» disse cercando l’ospite in piedi da qualche parte nella stanza: lo vide in ginocchio che stava ispezionando sotto il letto. Impallidì; l’uomo, invece, la guardò sgomento.
«È venuto a mancare questa mattina presto» cercò lei di spiegare con la voce che le tremava. «È mio padre ed è morto proprio in quel letto. Io glielo avevo detto che eravamo al completo, ma lei non ha voluto sentir ragione e ha insistito per volere la camera; e questa era l’unica disponibile.»
Tobia non riusciva a trovare le parole. Si lasciò solo andare seduto sul pavimento di pietra, prendendosi la testa tra le mani.
«Però» aggiunse la donna accennando a un sorriso «abbiamo cambiato le lenzuola.»
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