Lo spazio negativo tra le parole scritte. Di cosa si tratta

giardino-feng-shuiUn concetto ricorrente in grafica, soprattutto in fotografia e pubblicità, è quello di spazio negativo o bianco (white space) o anche spazio vuoto. Con questa locuzione si indica lo spazio che si trova intorno a un oggetto e che ad esso è strettamente collegato tanto da partecipare alla sua forma.

Non si tratta di spazio indifferenziato che ‘sta fuori e intorno a tutte le cose’, ma di quello che si pone in rapporto di osmosi fisica e di contiguità materiale con la res cui inerisce; è qualcosa che ha persino la sua qualità di indifferenziazione tanto da poter divenire l’oggetto principale di attenzione in luogo dell’oggetto originario (o in alternativa ad esso).

L’importanza dello spazio negativo è indubbia, perché la sua gestione (buona o cattiva che sia) altera il contenuto del messaggio principale non solo perché incide sulla sua valorizzazione (una maggiore o minore rilevanza dello spazio oggettuale altera infatti la percezione dell’oggetto stesso) ma anche perché può interagire in alcuni casi (voluti) con l’oggetto al fine di creare una duplicità concettuale che può risolversi in un aumento di significato e nel disvelamento di un secondo messaggio.

Nella costruzione per esempio dei loghi pubblicitari (si vedano i ‘capolavori’ di Noma Bar, tra gli altri, –> per alcuni suoi lavori –> Noma Bar), la disposizione di lettere o di figure può nascondere in modo semipalese altre lettere o figure al suo interno sfruttando i contorni e le rientranze del disegno finendo così per esaurire, complessivamente, il brand che si vuole rappresentare.

Sono emblematici a tale riguardo il logo della RAI a forma di farfalla bianca, con i bordi delle ali raffiguranti il profilo di due volti umani, che è stato utilizzato dall’azienda per tutto lo scorso decennio o il logo dell’Alta Velocità dove l’A con la coda a rappresentare dinamismo, nasconde la V di ‘velocità’. Da qui l’inscindibilità dell’oggetto dal suo spazio, inscindibilità che evoca il precetto zen secondo cui il ‘dentro e il fuori’ sono tutt’uno (–> L’arte Zen del riordino).

Anche in letteratura si può parlare di spazio negativo potendosi intendere con tale termine tutto ciò che si trova attorno all’azione mentre la stessa si sta svolgendo ancorché non entri nella descrizione narrativa per una scelta precisa dello scrittore. Tale nozione non va ovviamente confusa con l’area semantica della frase e neppure con l’extratesto.

Per chiarire cosa rappresentino questi ultimi due concetti è appena il caso di ricordare che per alone semantico va intesa la carica emotiva insita per esempio nella parola ‘fieno’ (che evoca con il suo profumo la campagna, i ricordi di gioventù, una giornata di sole, una piacevole compagnia) recando in sé un valore significazionale aggiunto rispetto al perimetro prettamente denotativo del lemma secondo il quale, a livello definitorio, si intende per fieno ‘solo’ l’erba essiccata, raccolta e immagazzinata ai fini di alimentare determinati animali.

Per extratesto si deve invece pensare, sempre per esempio, a un ascensore che lo scrittore a un certo punto di una storia nominerà senza dover sentire la necessità di spiegare cosa esso sia, potendolo, appunto, per il livello di acculturazione e modernizzazione del proprio pubblico, dare per scontato.

Lo spazio negativo in narrativa è invece altro: è una zona grigia, di stretta prossimità di significato con l’azione narrata, che rimane nell’ombra del focus narrativo.

Si tratta di uno spazio “vivo”, di una zona grigia, tra il testo e tutto ciò che sorregge il testo ma che, per una scelta dell’Autore, non fa parte di esso pur essendo a questo strettamente collegato tanto da essere stato oggetto di considerazione da parte dell’Autore medesimo.

In altri termini, è tutto ciò che non cade sotto la luce diretta della descrizione narrativa, ma che, nonostante questo, in quanto contiguo all’oggetto raccontato, rimane determinante per la narrazione stessa.

Si immagini per esempio un gatto che entra nella cucina di casa avvertendo, con il suo fiuto, la presenza di una fettina di carne lasciata incustodita sul tavolo. L’animale subito si arresta, fissa i bordi del tavolo per valutarne l’altezza e la distanza e carica gli arti inferiori nella posa tipica di chi sta per effettuare il balzo, deciso a fare di un solo boccone la carne dimenticata. Questa è l’azione del protagonista (il gatto), mentre lo spazio negativo è tutto quello che sta attorno al protagonista interagendo con lui ancorché l’Autore abbia deciso di non farlo confluire nella narrazione perché inutile e non funzionale all’azione.

Rientra nello spazio negativo, quindi, il pavimento freddo sotto le zampe del gatto, la presenza di una sedia bianca che costringe il felino a spostarsi per trovare la posizione migliore per saltare sul tavolo, un orologio a cucù appeso al muro il cui suono attira per un attimo l’attenzione dell’animale, i piatti sporchi nel lavello che con il loro odore attenuano quella della carne e mille altri particolari che sarebbero di per sé irrilevanti se non riempissero lo spazio del soggetto ‘gatto’, interagendo con lui.

Per far muovere, dunque, il protagonista nella maniera più naturale possibile, nel suo specifico ambiente in cui l’Autore l’ha collocato, occorre, in altri termini, immaginarlo immerso nel suo spazio contiguo e di contesto da cui prende significato e sottolineatura perché è questo processo di immaginazione, più ampio e complesso del profilo specificamente attinente all’azione, che lo renderà credibile e ‘vero’.

Non solo, ma se decido di inserire un nuovo evento esterno in questa azione principale, il soggetto attante (direbbero i semiologi) e il suo spazio reagiranno nel modo più naturale possibile alla variazione e si saprà esattamente cosa l’evento metterà in moto all’interno del focus narrativo riuscendo a capire appieno le alterazioni ‘naturali’ della novità narrativa.

Proseguendo con l’esempio precedente del gatto, immaginiamo che, nel momento in cui sta per balzare sul tavolo, senta un rumore in un’altra stanza. Può trattarsi di un rumore estraneo che lo spaventa oppure può essere un suono familiare come quello che normalmente fa la padrona quando, entrando in casa, butta le chiavi in un cestino poco distante.

Nel primo caso il gatto rinuncerà al suo tentativo di portarsi via la carne e, girandosi nella direzione del suono, soffierà verso il pericolo; nel secondo caso, si affretterà a saltare sul tavolo per poter arrivare alla carne prima che la padrona, di ritorno dal ritirare la raccomandata dalle mani del portalettere, glielo impedisca.

In ogni caso tutto ciò evidenzia come siano rilevanti gli aspetti facenti parte dello spazio negativo del protagonista: come per esempio la topografia della casa, la distanza fisica tra l’animale e il suono, il posizionamento della carne sul tavolo e mille altri particolari che, rimasti nella fascia grigia della narrazione, possono così subire un processo di emersione sotto le luci della narrazione.

In conclusione, da quanto appena accennato, si comprende come lo spazio negativo sia una zona ‘viva’ della narrazione, ancorché laterale e sotterranea, pronta a diventare a sua volta materiale narrativo, ma predisposta anche a ricevere nella propria neutralità qualcosa che era, poco prima, sotto il focus del racconto.

Lo spazio negativo delle parole è dunque una sorta di zona intermedia tra il soggetto e l’universo, un’area sensibile che reagisce con l’azione del protagonista perché ne fa parte integrante sebbene occupi solo un livello subnarrativo.

Ecco un’infografica esemplificativa:

Si parla della importanza della precisazione terminologica, in questa stessa Sezione di Scrittura creativa, anche alle pagine: –> Lingua, lessico e linguaggio – Differenze tra concetti simili; –> Il valore delle parole – Dare il giusto peso a ciò che si scrive; –> La precisazione terminologica delle parole; –> L’importanza di orientarsi tra i significati delle parole.
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IN CONCLUSIONE

Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:

che esiste uno spazio “vivo”, una zona grigia, tra il testo e tutto ciò che sorregge il testo ma che, per una scelta dell’Autore, non fa parte di esso pur essendo a questo strettamente connesso. Questo spazio negativo fa parte integrante dello scritto ancorché l’Autore non ne dia voce, pur considerandolo nella fase della stesura.

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