Dietro al bancone della reception una signorina che non aveva mai visto, strizzò gli occhi da miope per mettere a fuoco chi aveva davanti. L’espressione del viso la fece sembrare un po’ ottusa.
«Lei è?…» chiese poi la ragazza con tono metallico digitando sulla tastiera e non guardandola in faccia.
Magda si spazientì e non le rispose. Prese le scale e ritornò nella stanza di Arturo sperando di incontrare un inserviente che conosceva. Il marito non si muoveva mai di lì ed era preoccupata.
Per fortuna, nel corridoio incontrò Juarez con un pappagallo in mano. Seppe da lui che il marito quella notte era caduto nel bagno sbattendo la testa sul lavandino. Non si era fatto nulla di grave, ma lo avevano ricoverato ugualmente in infermeria per accertamenti. Era confuso, però, aveva chiarito l’inserviente arricciando le labbra come se avesse avuto in bocca una caramella di limone.
Nei giorni successivi Arturo aveva preso a intristirsi, mangiava poco o niente e se ne stava quasi sempre a letto. Lo sguardo rivolto al soffitto era diventato pressoché fisso e vuoto. Il medico che lo seguiva lo aveva visitato. La ferita alla fronte era guarita, ma il principio di depressione no. L’uomo alternava stati di mutismo con un borbottio sommesso. Anche lo psicologo della struttura aveva disposto delle analisi suppletive.
Poi, un giorno che la moglie era entrata per la consueta visita, l’uomo si tirò subito sul letto mettendosi seduto.
«Ha saputo?» chiese lui apparentemente lucido prima ancora che Magda potesse chiedergli come stava.
La donna lo squadrò con aria interrogativa.
«Mia moglie è morta.»
«Cosa?» fece lei.
«Sì, non si sa ancora come sia stato. È stata una cosa improvvisa… è successo qualche notte fa… e dire che stava bene. Per carità aveva pure lei degli acciacchi per l’età, ma nulla di serio… Eh… siamo davvero tutti appesi a un filo di seta. Basta uno schiocco di dita e…» E per sottolineare il concetto appena espresso, Arturo provò effettivamente a schioccare le dita ma non uscì alcun suono. «Pensi, eravamo sposati da quasi cinquant’anni…» seguitò. «Mi han detto che al funerale c’era tanta gente. Eh sì, le volevano tutti bene, alla mia povera Magda. Io non sono potuto andare, sa. Non me l’hanno permesso.»
«Ma cosa dici, Arturo… sono io… Magda… tua moglie… sono qui davanti a te!»
«Ah… la conosceva anche lei? Era una sua amica?»
«Non sono un’amica, Tesoro, sono proprio io, tua moglie… non mi spaventare!»
L’uomo le sorrise dolcemente assentendo lentamente con il capo come se avesse capito. Ora sembrava sereno. I capelli bianchi gli erano diventati di stoppa e svolazzavano al solo suono della voce. Gli occhi azzurri parevano due laghi di ghiaccio.
«Sa, io e mia moglie ci siamo voluti bene…» E, senza aggiungere altro, l’uomo si coricò nuovamente nel letto a osservare il soffitto quasi fosse lo schermo di un televisore; e per quel giorno non disse più nulla.
L’uomo, per l’età avanzata e un inizio di demenza senile, era entrato in una sorta di straniamento emotivo. Il colpo alla testa aveva accelerato il processo. Così avevano sentenziato i medici. E probabilmente quello stato non era più reversibile. Tant’è che la situazione non mutò neppure nelle settimane successive.
Poi un pomeriggio, Arturo, come se si fosse svegliato da un antico torpore, si mise su una sedia a parlare con Magda non appena la vide far ingresso nella stanza.
«Dal momento che lei era una cara amica di mia moglie, glielo posso anche dire…» fece lui serio. «Io e mia moglie ci siamo voluti bene…»
Magda aveva voglia di piangere.
«Ci siamo voluti bene, ma io avevo anche un’altra donna: Giulia» seguitò l’uomo guardando le sue pantofole. «Giulia è stata la mia fedele compagna per trentacinque anni. Ho avuto anche un figlio da lei: Riccardino. Che ora ha quasi trent’anni e, pensi, vive a Yampa, in Colorado. Ora che Magda non c’è più, posso stabilirmi finalmente da loro. Con Giulia, mio figlio e mia nuora. Non potevo farlo prima, sa, perché mia moglie era oltretutto molto ricca: questa lussuosa RSA» e con l’indice ossuto disegnò un semicerchio nell’aria «se la poteva permettere solo lei. Giulia e Riccardino, invece, non lo sono mai stati, ricchi voglio dire, e hanno bisogno di me. E adesso con questa cospicua eredità potrò aiutarli. Pensi… ho persino un nipotino…»
Briciola, your story weaves a tapestry of emotions, blending confusion, love, and revelation. It’s a poignant reminder of life’s fragility and the complex layers of human relationships. May Magda find peace amid the turmoil.
Thanks, a great comment
my pleasure
Hello blogger, I enjoyed reading your post. I subscribed. See you often. Have a happy and bright day.^^*
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Very nice!
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Buongiorno
Penso che con la scusa della follia…si sia riusciti a dire la verità…
Questo significa che non ci stava altra strada …
Bel pezzo…triste e gioioso al contempo…
Buon racconto; la demenza gioca sempre brutti scherzi…
This is an extraordinary story. It is sad and also somehow humorous. It speaks to the comedy arising from human failings, I suppose. Like a Saki or O. Henry story. So well done!
Human miseries continuously weave incredible stories that are worth telling. Thank you
La demenza senile gioca brutti scherzi. Fa dire anche quello che non si vorrebbe.
Povera Magda
😄 Che finale! 😁
Non ci si può fidare più neanche della demenza senile….
Sembrerebbe proprio di no… 😉
BUONA DOMENICA
Sarà vero? Sarà falso? Sara Ferguson? Chissà. Quel che importa è che il racconto è molto buono.
😉
Beh… qualcosa ricorda ancora, il vecchietto…😉
nonostante la depressione/ demenza senile… si “ricordava” che Magda era molto ricca…
un sorprendente modo di “liberarsi” della moglie…
Sorpresa!
A proposito di amanti….😂