In realtà la storia originale, che non ho mai voluto scrivere, ma che reclamava di esserlo come se cercasse di trovare una propria dimensione per non essere dimenticata, aveva un finale molto diverso, in un certo senso più crudo (e probabilmente è questo il motivo per il quale ho tardato la pubblicazione).
L’uomo, al risveglio, trovava la scritta con il rossetto, lasciata dalla ragazza sullo specchio della stessa camera da letto, dove veniva spiegato di essere malata di AIDS chiarendo anche di essersi voluta vendicare di essere stata a sua volta infettata.
Non avevo ancora deciso quali dovessero essere le motivazioni di questo gesto (probabilmente la voglia di rivincita sugli uomini visto che lei era stata infettata dal suo fidanzato che ben sapeva di essere malato) in quanto mi ero ripromesso di rifletterci ancora sopra.
Poi, ripensandoci ultimamente, ho pensato di ‘alleggerire’ il testo e il significato del racconto con una ‘soluzione’ narrativa diversa, meno gravida di implicazioni sociologiche e comunque meno drammatica.
Il fatto che la donna abbia ‘succhiato il sangue’ della sua vittima mi ha consentito poi di inserire il particolare che la scritta sullo specchio potesse essere stata eseguita non con il rossetto, ma con il sangue.
Un’ultima annotazione: il merlo sulla mimosa della storia è un effettivo e assiduo frequentatore del mio giardino qui a Poggiobrusco.
Ovviamente non è interessato a me, ma ai croccantini (di cui è goloso) che lascio nel dispenser a disposizione dei gatti randagi della zona (che sono ben cinque). Quando, tempo fa, il merlo ha scoperto questa inesauribile fonte di cibo era ancora piuttosto snello, come si addice del resto a un merlo: ora sembra più un pollo e fa tanta fatica a volare.
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