Ci si potrebbe domandare perché mai farne una questione dal momento che si tratta di legna da ardere (che andrà bruciata) e non di mobili.
La risposta va trovata nel considerare che, se la legna attaccata dai tarli dovesse rimanere per l’inverno successivo, rischieremmo di avere legna “leggera” perché svuotata dal di dentro; oltretutto brucerà come un fiammifero e dunque non avrà nessun potere calorifero; per non parlare poi del fatto che i tarli possono essere responsabili di fastidiose dermatiti per l’uomo.
Chi è il responsabile
Il tarlo, come si sa (—> tarli: la guida completa per prevenire e curare) è un insetto artropode che si nutre della polpa del legno (xilofago).
Le femmine dell’Anobium punctatum (come questo coleottero è comunemente classificato) depongono le uova (tra le 20 e le 60) in vecchi fori di sfarfallamento e/o in fessurazioni del legno. Dopo 4-5 settimane le larve appena nate iniziano a scavare ulteriori gallerie verso l’interno del legno dove completeranno la loro metamorfosi.
Le larve si nutrono di cellulosa e amido e depositano il “rosume” di cui si parlava prima che, in parte, rimane all’interno delle gallerie e, in parte, fuoriesce dal legno intaccato dando il segnale della presenza dell’insetto.
Solamente quando la larva raggiunge la forma adulta (in primavera e in autunno) fuoriesce dal legno per sfarfallare all’esterno, lasciando dei caratteristici fori di uscita (quelli nuovi), indicativi del loro passaggio. I fori quindi che si vedono sul legno sono di uscita e non d’entrata: quando si notano sulla superficie del legno i danni già stati fatti.
La possibile variazione della temperatura ambientale (è necessaria una temperatura di 13-14 °C con un’umidità relativa superiore al 50% per l’accrescimento della larva) rende impossibile conoscere con sicurezza la durata e i tempi della metamorfosi, cosicché possono verificarsi episodi di sfarfallamento anticipati o ritardati rispetto alla regola.
Che cosa fare?
La legna non può essere assolutamente trattata chimicamente in quanto, una volta buttata nel fuoco, sprigionerebbe sostanze inquinanti nocive per l’uomo e l’ambiente. E allora che fare?
Allora ciò che si può fare è far ricorso ai “rimedi della nonna“, a rimedi cioè naturali che vengono spiegati molto bene in queste pagine (–> Tarme e tarli dei mobili: 10 rimedi naturali, ma anche –> Tarli: 10 rimedi naturali) cui volentieri rinvio per un approfondimento.
I rimedi nello specifico
Poiché però stiamo parlando di legna da ardere e non di mobili, i rimedi indicati vanno adattati. così l’olio (di cedro o di pachouli) va cosparso su abbondante cotone mentre i chiodi di garofano, i frutti di ippocastano, i fiori della lavanda andranno messi in un contenitore e riposto sulla catasta di legno.
Oltre a quanto elencato sopra si può inoltre pensare anche ad altri prodotti come: l’aceto bianco, l’alloro, l’eucalipto e la classica naftalina.
Per aumentare l’effetto e impedire la dispersione degli effluvi è bene coprire la catasta di legno contaminata dai tarli con un telone di plastica lasciando il rimedio adottato “sotto”, in modo che possa sprigionare tutti i suoi effetti.
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