Può apparire una banalità sostenerlo se non ci si domandasse nel contempo anche quale sia la profondità di queste suggestioni.
Come dimostrarlo
C’è una prova semplice da fare.
Sarà capitato a tutti di ascoltare una persona che si esprime in una lingua diversa dalla nostra. Sentiamo le accentature delle inflessioni, il flusso delle parole, il colore dei toni usati. Ci facciamo un’impressione di insieme che ci dà la possibilità, in uno con la visualizzazione della persona che parla (se si ha questa possibilità), di farci un’idea di chi abbiamo di fronte. Insieme al suo esserci di fronte a noi, alla sua gestualità, oltre ovviamente a quello che dice se siamo in grado di comprendere la lingua in cui si esprime, avremo un quadro di insieme.
Sembra apparentemente che non ci manchi nessuna altra informazione e che la nostra conoscenza del soggetto non possa che accrescersi se non procedendo di pari passo con l’ascolto. In verità manca molto di più.
Le associazioni mentali della voce
Semplicemente in quanto la persona che ci parla non usa la nostra stessa lingua.
Basta infatti che il Nostro si metta invece a parlare la nostra stessa lingua (o altra che conosciamo molto bene) per poter sbloccare in un attimo anche tutte le correlazioni suggestive proprie delle parole e della voce che le pronuncia, attingendo alla nostra personale “libreria” di correlazioni esperenziali collegate proprio a quel modo particolare di pronunciare le parole.
Ogni lingua ha infatti la sua profonda impronta espressiva che ben potremmo non essere in grado di riconoscere se non ci è propria.
E ciò accade in fondo da quando siamo nati e costituisce il nostro persornale e particolare (e a volte poco conosciuto) passe-partout per decrittare il mondo.