Il suo uso è così problematico che, negli ultimi tempi, questo segno è finito pressoché nel dimenticatoio per essere sostituito con altri di più certa e intuitiva funzione (come la virgola o il punto o il due punti).
Questo segno sconta innanzitutto la sua indicazione nominale ibrida che prende a prestito da altri due segni molto tipizzati (il punto da un lato e la virgola dall’altra) il proprio nome ambiguo dando così l’impressione di non essere né l’uno, né l’altra, ma qualcosa di mezzo, di sfuggente e di non chiara collocazione. Un segno ‘diverso’ dunque, che rischia di essere per questo discriminato perché non meglio conosciuto o gestibile.
Anche perché, a ben vedere, la virgola unisce e il punto separa, la virgola è la pausa (più breve) in cui si trattiene il fiato, il punto la pausa silenziosa (più lunga) dove il respiro è libero da vincoli di lettura (si può pensare a quello che si è letto, a quello che si leggerà).
Il segno in questione sembra dunque più un ossimoro da interpunzione che un preciso referente su cui fare affidamento anche se forse non potrebbe arrogarsi neppure il diritto di essere un ‘puro’ ossimoro vista la congiunzione e tra i due termini (punto/virgola) che smorza ogni antitesi creando piuttosto due livelli complanari di lavoro (il punto da un lato e la virgola dall’altro).
Questa complicità (un po’ ambigua) di fondo non autorizza però a ritenere che il valore del punto e virgola sia la sommatoria dei due segni di cui sembrerebbe condividere il terreno (non si può avere una pausa più lunga del punto, nemmeno di quello a capo) aprendo anzi la strada a pensare che si tratti semmai di un ‘seme’ che indica qualcosa di nuovo e di differente.
Ma a parte questa natalità anfibia che lo contraddistingue come una stigmate al suo nascere va senza dubbio osservato che il punto e virgola esprime innanzitutto una pausa (che è poi la funzione di base di tutti i segni di interpunzione compresi il punto di domanda e quello esclamativo che rispettivamente altro non sono se non una pausa di curiosità in attesa di una risposta e una pausa di meraviglia) e come durata di pausa si colloca dopo la virgola, dopo il due punti, ma prima del punto.
C’è meno inerzia infatti nel due punti rispetto al punto e virgola, in quanto il due punti separa brevemente la frase principale (a monte del segno) da quella successiva che ne è la diretta prosecuzione (consecutiva). La parte antecedente è come se ‘cadesse’ in quella a valle che la spiega in una sorta di epifania semantica, anche se a essere introdotto fosse addirittura un discorso diretto (ma di questo se ne parlerà a proposito del due punti).
Il punto è virgola crea invece un ostacolo al flusso narrativo (o discorsivo) una sorta di mulinello di ritmo che gira su se stesso ed è un segno di interpunzione di per sé autosufficiente, ma non autonomo.
La frase (almeno che non si stiano componendo delle stringhe all’interno di un codice informatico) non può terminare con un punto e virgola, dovendosi appoggiare a un segno pausativo ‘stabile’ successivo che lo termini (come il punto, i tre puntini, il punto esclamativo, il punto di domanda).
Ma il punto e virgola è qualcosa di ben di più di un mero gradiente di pausa: è infatti un separatore di proposizioni, come il punto, anche se, a dispetto di quest’ultimo, non assegna alla frase la risolutezza della definitività (parziale o definitiva che sia, come avviene per il punto e a capo).
Il punto e virgola raggruppa parole di un unico contesto temporale o di spazio senza per questo ‘chiudere’ il discorso. Il punto è mitigato dalla virgola, per cui di ciò che si è parlato nella frase terminata con questo segno avrà un seguito nella frase successiva, fino a quando non interverrà in via definitiva il punto.
Il punto e virgola separa frasi consecutive e le spezzetta (molto di più di quello che si potrebbe fare con la semplice virgola) per consentire una pausa di riflessione o di meditazione indotta da chi scrive su ciò che è stato diviso e perché lo è stato.
Sotto questo profilo tale segno di interpunzione è un ‘seme’ di scrittura più che di lettura (come lo è invece la virgola) ed è un segnale dell’autore di aver voluto centellinare i pensieri e di non averli voluti esplicitare su un unico piano narrativo, ma su quinte differenti ancorché di un unico quadro.
Si parla di punteggiatura in questa stessa Sezione di Scrittura creativa anche alle pagine: –> Come usare il punto e virgola; –> Come usare la virgola; –> Come usare il punto e i punti di sospensione.
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IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:
abbiamo fatto la conoscenza approfondita di un seme di punteggiatura molto singolare e dalla non facile applicazione: il punto e virgola.
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<– La punteggiatura? – Un argomento importante da non trascurare
–> Come usare la virgola e non pentirsene
P.S. In questo articolo mancano i punti e virgola;) Volevo prender qualche esempio, considerando che è un segno di interpunzione con cui non ho grande familiarità
Nel racconto che esce domani (Come la biacca), se ti andrà di leggerlo, ci sono alcuni esempi.
Ciao
Grazie, lo leggerò volentieri!
oh la virgola, che potere ha …
C’era una volta una virgola seccata della poca
considerazione in cui tutti la tenevano.
Perfino i bambini delle elementari si facevano
beffe di lei.
Che cos’è una virgola, dopo tutto?
Nei giornali nessuno la usa più.
La buttano, a casaccio.
Un giorno la virgola si ribellò.
Il Presidente scrisse un breve appunto dopo
un lungo colloquio con il Presidente avversario:
” Pace, impossibile lanciare i missili” e lo
passò frettolosamente al Generale.
In quel momento la piccola, trascurata virgola
mise in atto il suo piano e si spostò.
Si spostò solo di una parola,appena un saltino.
Quello che lesse il Generale fu:
” Pace impossibile, lanciare i missili “.
E scoppiò la Guerra Mondiale.
Fai attenzione alle piccole cose.Sono il seme
di quelle grandi.
Affascinante a prescindere questo tuo scritto. Molto bello è, dopo averlo letto, rileggere i tuoi racconti seguendone il ritmo con una nuova attenzione. Cambia il respiro.