Si vuol qui far riferimento non al contenuto o alla forma della parola ma al processo meccanico di fissazione della stessa su supporto durevole. Si è passati così dal graffito sulla pietra alla incisione su cera o argilla, dalla scrittura su pergamena e su carta a quella a macchina, a stampa e digitale.
L’evoluzione, però, non ha riguardato solo il dispositivo di trasposizione del pensiero, ma ha investito anche il modo di vivere la parola, di memorizzarla, di organizzarla in vista della sua registrazione, con ricadute sulle modalità di lettura e di comunicazione (ma anche di modificabilità, di data certa e di efficacia fidefacente, –> atto pubblico).
Qui ci concentriamo sulla fissazione dello scritto su supporto durevole, sulle sue caratteristiche di modificabilità.
La prima scritturazione moderna, quella olografa, vale a dire di pugno dello scrivente, diversamente dalle altre che vedremo, è quella più ‘intima’ per la prossimità della scrittura al suo autore. C’è traccia di chi scrive sul foglio da lui vergato, c’è la pressione dell’autore sulla carta mentre viene solcata dalla penna, c’è la sua grafia che è espressione diretta della sua personalità.
Chi non ricorda almeno una volta di aver visitato un museo o la casa natale di quel tal autore e di aver provato una forte emozione nel vedere dentro a una teca l’originale di una poesia celebre o l’ouverture di un’aria immortale. Attorno allo scritto olografo è come se continuasse ad aleggiare lo spirito creativo dell’autore che, in quanto entrato in contatto materiale con il suo supporto, ad esso si è legato in modo indissolubile.
Con la forma olografica, quella meccanica condivide l’agevole emendabilità, la correzione istantanea. In fase di retroazione (di reazione cioè dello scrivente a una critica del lettore, vale a dire di feedback) l’autore potrà modificare il testo e anche riscriverlo fino a quando non perderà la disponibilità dello scritto.
Il testo tipografico (per esempio un libro) ha la caratteristica invece della produzione meccanica seriale dove l’autore una volta che la sua scrittura ha preso la forma finale dell’opera (il libro viene stampato e distribuito) perde la possibilità della correzione anche se venisse raggiunto da critiche che egli condivide.
Il lavoro a monte del punto di non ritorno è dunque, nel testo tipografico, più faticoso e penetrante e può essere causa per lo scrivente di una tensione infinitamente maggiore rispetto alle altre forme.
Lo scritto digitale (quello pubblicato in rete) a dispetto della sua impersonalità e rapidità diffusiva (salta qui il rapporto “uno a uno” delle forme precedenti, per diventare “uno a molti”) recupera l’emendabilità persa con la pubblicazione potendo lo scrivente in qualunque momento intervenire sul testo in suo possesso ripubblicandolo a piacimento ovvero chiedendo a chi lo ha fatto di sostituirlo con il testo corretto.
Il testo, libero dalla tagliola della irreversibilità e del relativo distress, acquista dunque in spontaneità e in libertà espressiva (a volte fin troppo).
Ma ciò che il testo digitale indiscutibilmente ha di unico è l’essere ipertestuale, vale a dire la possibilità di essere letto in modo non sequenziale, per blocchi, per mappature di testo (da qui la velocità e la superficialità di lettura).
L’ipertesto è un’aggregazione testuale di tipo associativo, che rimanda alla struttura del pensiero e della creatività (per un approfondimento –> Ipertesto).
Si pensa, si organizza, si comunica per binomi concettuali (proprio come fanno i sogni e la creatività in generale), dove un’idea è collegata a un’altra per i più svariati motivi per poi radicarsi con altre con cui crea inferenze e collegamenti. Così il testo, nella sua evoluzione attraverso i secoli, trae forza e potenzialità tornando nel contempo anche alle sue radici, quando era solo pensiero.
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IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:
Ci sono diversi tipi di testo scritto: ciascuno con proprie qualità e caratteristiche peculiari di struttura e modificabilità.
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- Come usare il punto e i punti di sospensione e non pentirsene
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<– Oralità e scrittura – Un dualismo ricorsivo senza fine
–> Quale mezzo usare per sentirsi a proprio agio con la scrittura?
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Quindi il testo digitale è un qualcosa in continuo movimento…in fieri…oserei direi dinamico!!!
Sai comunicare con efficacia immediata in maniera da fare invidia!!!
CIAO
tasto dolente: la superficialità di lettura. Sono una che ama ancora la vecchia buona carta, il fruscio delle pagine… vabbè una nostalgica.
Sì, infatti. Ho visto sul tuo sito il gusto per le cose belle e tradizionali e molta attenzione al particolare e alla riflessione.
Credo, comunque che la lettura digitale non escluda mai quella cartacea, che anch’io preferisco in assoluto.