Dapprima nasce l’idea della destinazione. Può essere una destinazione già conosciuta, ma può anche essere (spesso) del tutto nuova, magari desiderata da tanto tempo. E allora l’eccitazione, in quest’ultimo caso, è massima e l’entusiasmo alle stelle.
A questa prima fase di (ingiustificata) euforia, dove tutto è ancora da progettare e il viaggio esiste solo nella mia mente, ne segue un’altra più razionale e concreta; raccolgo il materiale sulla nazione (o sulla regione) da visitare, comincio ad abbozzare un itinerario di massima, mi annoto le cose da vedere, raccolgo informazioni e suggerimenti. Prende forma, in altri termini, una bozza di itinerario e poi, via via, un programma sempre più concreto, fino alla definizione definitiva di ogni (più piccolo) particolare (sì, sono quel ‘tipo’ di viaggiatore).
La terza fase è quella più seria: vado presso un’agenzia oppure, come si fa tutti oramai, vado su internet e inizio a prenotare il volo, gli alberghi, le escursioni e quanto necessario per garantirmi un viaggio confortevole e sicuro, compresa l’assicurazione e i pagamenti vari.
Poi c’è la penultima fase: quella dei giorni immediatamente precedenti alla partenza.
Personalmente mi capita di essere assalito da pensieri negativi, da preoccupazioni, premonizioni false e sbagliate; penso con apprensione a come andrà il viaggio, alle possibili difficoltà, agli imprevisti che sempre si nascondono tra le pieghe del percorso; mi viene insomma quasi la voglia di non partire chiedendomi ripetutamente ma chi me lo ha fatto fare; ha il sopravvento in altre parole la mia innata pigrizia e la mia predilezione per ciò che è comodo e sperimentato e anche se viaggiare è uno degli svaghi che preferisco in assoluto. Sicché, nonostante tutta la preparazione e le aspettative e il desiderio fortissimo di andarmene, preferirei sotto sotto quasi rinunciare (forse perché è troppo tardi per farlo). Forse è spirito di conservazione, forse resistenza naturale al cambiamento, al nuovo. È la parte di me che vorrebbe restare sempre a casa che entra in conflitto con quella che sarebbe sempre in giro per il mondo.
E il ritorno sarà ugualmente ambivalente: perché mi farà sicuramente piacere tornare a casa, alle mie cose, alle mie abitudini, alle persone che conosco e che amo, a prescindere da quello che ho visto e vissuto, ma avrò anche un pizzico di malinconia nel cuore per la consapevolezza che il viaggio tanto desiderato e appena concluso è solo dentro di me come semplice ricordo.
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