Dal 2003 ad oggi hai scritto e pubblicato sul tuo blog tantissimi racconti brevi. Perché prediligi questa struttura narrativa ad altre, oltre al fatto che si adatta meglio al formato di un post?
Vorrei precisare che più che racconti brevi, sono racconti brevissimi, storie minime (che ho chiamato ‘blogtales’) che vanno da un minimo di 1.500 a un massimo di 3.000 battute (spazi compresi). Sotto questo profilo costituiscono un prodotto letterario relativamente ‘nuovo’ o comunque molto poco praticato. È una struttura narrativa complessa nella preparazione, ma piana nella lettura, appositamente calibrata per il web, dove il lettore è notoriamente più impaziente, più volubile e più distratto da mille altri blog, notizie, offerte e chissà cos’altro. Oggi in Italia si legge pochissimo e il lettore webtipo è disposto a leggere letteratura a patto che sia fruibile in poco tempo e in poco spazio. Chi naviga sulla Rete in una stessa sessione magari chatta, legge una testata giornalistica online, visita qualche blog di amici, fa un giro su Facebook o Flickr e poi forse legge ‘en passant’ una storia minima. Se il lettore dovesse trovare anziché una ministoria un racconto di qualche pagina o suddivisa in più puntate, difficilmente si sentirà invogliato a proseguire perché tutto quello che avrà letto prima o che leggerà dopo ha un altro passo, è più veloce, sintetico, compatto. In altre parole la letteratura deve adeguarsi al mezzo che impiega, senza per questo dover pagare un contributo alla qualità.
Cosa pensi non debba mancare a un racconto breve per funzionare e cosa, invece, sarebbe meglio evitare?
Non devono mancare sicuramente l’azione e il personaggio che muove la trama. Ma ciò che è indefettibile è l’emozione. Ci vuole emozione nel far vivere dal nulla una storia e questa stessa emozione deve passare intatta a chi legge. Se questo non succede si fallisce. Il racconto brevissimo è un filo sempre teso, un fotogramma che con la sua capacità evocativa deve rimanere scolpito nella memoria del lettore anche quando avrà finito di leggere e avrà spento il computer.
Quasi tutti i tuoi racconti si ispirano alla realtà di provincia, ma sono ambientati in un mondo fantastico (Mondo Parallelo) di cui hai ideato anche una mappa. Come ti è nata l’idea?
Il Mondo Parallelo è solo parzialmente un mondo fantastico. È piuttosto un mondo dove mi piacerebbe vivere perché è pieno zeppo di cose che mi appartengono o che vorrei vi facessero parte. Molti racconti nascono però da spunti realmente accaduti, da elaborazione di ricordi, sogni, aspettative, delusioni così come molti personaggi ricorrenti sono reali anche se filtrati dalla immaginazione e irriconoscibili. L’idea è nata dal desiderio di ‘salvare’, dentro di me, un luogo della mente dove rifugiarmi con le mie storie e i miei personaggi quando ‘fuori’ infuria la tempesta del quotidiano.
I tuoi racconti sono fatti e finiti. Ma esiste un filo conduttore che li lega tra loro?
Il filo conduttore è quello della essenzialità di espressione e di contenuto, quasi un haiku in prosa. Le storie non poggiano su trame complesse (e non potrebbe essere diversamente vista l’esiguità dello spazio in cui si consumano) ma su fatti a unità d’azione molto definiti. Viene privilegiata una narrazione ‘a tratto di carboncino’, a schizzo chiaroscurale, ove l’extratestualtà ha la stessa importanza dello scritto, e il tutto è confezionato in una struttura solida che catturi l’idea e la ritrasmetta in un flash fortemente evocativo.
Quanti ne hai scritti in tutto?
Ad oggi i miniracconti sono circa settecento. Una volta pubblicavo con molta più frequenza e non come ora che ‘esco’ solo un paio di volte alla settimana. Mi sto occupando infatti di diversi progetti che ho in cantiere, tra cui un nuovo libro che dovrei terminare entro la prossima estate: si tratta di un manuale di ‘lettura creativa’ (completamento del Corso di BlogWriting che riguarda la scrittura creativa) che riscrive un po’ le linee guida del WellReading, vale a dire dell’arte del ‘buon leggere’. Si suggerisce, in sintesi, come leggere meglio traendone la maggior soddisfazione possibile.
Oltre ai racconti, hai scritto e pubblicato il libro: Corso di Blog Writing. In generale, cosa pensi degli attuali corsi di scrittura creativa?
I corsi di scrittura creativa sono tendenzialmente molto teorici e poco pratici. Dovrebbero inoltre curare alcuni aspetti fondamentali che mi sembra invece vengano dati per scontati. Si punta molto sul fatto ideativo, sulla struttura del racconto, sulla costruzione dei personaggi, ma non si spiega invece come ci si arriva. Non è importante in altre parole solo ciò che si scrive, ma anche e soprattutto come lo si scrive. Della punteggiatura, per esempio, non si parla mai eppure è il sale del racconto e costituisce il binario del ritmo e del senso del testo. Si trascurano poi il valore delle parole, la loro intima essenza semantica, ciò che raccontano ancora oggi e ciò che invece hanno smesso di raccontare, e soprattutto qual è il loro carattere connotativo sottostante. Si parla inoltre piuttosto poco del ritmo della frase e dell’armonia delle parole al suo interno e viene ingiustamente dimenticata la forza espressiva delle figure retoriche, in particolare la potente capacità immaginifica delle metafore.
Quali sono i tuoi consigli per scrittori in erba?
Il consiglio più importante, ma non appaia però un paradosso, è quello innanzitutto di leggere moltissimo. La lettura sui libri di formazione, soprattutto, ma anche la narrativa italiana e straniera, quanto meno dall’Ottocento in poi, è fondamentale. I libri (per un futuro scrittore) devono essere letti come fossero spartiti, le frasi vanno analizzate nella loro struttura, le parole soppesate e comprese nel loro ruolo funzionale. Più l’Autore è bravo e più ogni parola che utilizza ha un suo valore specifico all’interno dell’architettura del periodo. Il secondo consiglio che mi sentirei di dare (ma ce ne sarebbero tanti altri) è scrivere tanto, con metodo e abnegazione, senza stancarsi mai, a dispetto della fatica e delle frustrazioni che si incontrano.
Ci puoi consigliare qualche blog che segui su Splinder?
Sono molti i blog che seguo anche se in modo del tutto discontinuo e per lo più come ‘lurker’. Oltre a quelli di largo consenso, che non starò neppure a citare, ce ne sono molti altri meno conosciuti, che tuttavia si evidenziano per il fatto di riuscire a catturare in poche righe storie di vita vissuta (e personale) senza mai scadere nel banale o nel retorico, mantenendo sempre una scansione alta di narrazione e di lettura. Citarne solo qualcuno farei un ingiusto torto agli altri.