Perché è divertente tirare i sassi nell’acqua?

Già, perché è divertente tirare i sassi nell’acqua? È una domanda interessante che non mi sono mai posto, né tantomeno ho mai pensato alla sua risposta. Cercherò però qui di rifletterci su.

Prima di tutto, credo, che sia divertente perché si tratta di un’attività non impegnativa, relativamente semplice e che dà un feedback immediato di soddisfazione. L’oggetto-sasso è governato dalle nostre mani e impatta secondo una particolare angolazione sulla superficie del mare o del lago. Non affonda subito, come ci si potrebbe aspettare (o come non si spererebbe avvenisse subito), ma procede in modo anomalo impattando sull’acqua e sfruttando il fenomeno fisico che tutti conoscono che è tipico del freesbee (ma anche degli aerei, come viene ben spiegato in questo video –> Stone skipping.)

In altre parole facciamo fare a un oggetto inanimato, con poco sforzo e poco impegno, un qualcosa (rimbalzare) di diverso (e tutto sommato di inusuale) da ciò che è naturale che fosse (andare a fondo). E ciò accade in forza di una nostra personale abilità. Più si è capaci di far eseguire rimbalzi al sasso (per aver scelto di forma giusta, ma anche per far dato l’angolazione corretta e la forza idonea), più il sasso ‘volerà’ lontano eseguendo quei curiosi rimbalzi, testimoniati peraltro dai tanti cerchi che i rimbalzi stessi lasceranno nell’acqua dietro di sé e che diventeranno sempre più piccoli fino al momento in cui il sasso si inabisserà.

L’aspetto plastico del gesto del lancio, l’estetica dei rimbalzi sulla superficie calma dello specchio d’acqua (i cerchi creati al passaggio del sasso si allargheranno in successione, scontrandosi, sino a scomparire del tutto), i giochi di colore e di luce, ma anche lo sciacquio rapido dell’acqua tagliata dalla traiettoria del ciottolo, amplificano la sensorialità dell’attimo creando una coreografia di contorno proporzionata.

A tutto ciò si deve aggiungere l’aspetto della ricerca sulla riva del sasso, del cimentarsi con altri o con se stessi nel chi fa più rimbalzi (e dunque, si badi bene, non semplicemente nel chi manda il sasso più lontano), dello stare all’aria aperta… tutti ingredienti cioè tipici della ludicità (e dunque della piacevolezza) del momento.

Credo inoltre si tratti anche di un gesto liberatorio, dal significato quindi psicologico inconscio. Potrebbe infatti rappresentare in particolare un gettare via qualcosa da sé, qualcosa di pesante, di consistente, di solido (e dunque di negativo come un pensiero angoscioso, una preoccupazione, un cattivo ricordo, un rimorso).

Al gesto di disfarsi di ciò di cui non abbiamo bisogno si associa dunque una di sorta di sollievo per quel qualcosa che ci grava, ci impegna, ci appesantisce ma che, grazie a un semplice movimento del polso, si allontana anche in modo rapido da noi, dalla nostra corporeità, dalla nostra esistenza, un qualcosa che è sì fuggevolmente (e provvisoriamente) trattenuto e soppesato dall’aria e dall’acqua ma poi scompare per sempre alla nostra vista.

Per sapere invece come si tirano i sassi nell’acqua –> Far rimbalzare i sassi.

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