«Pronto?»
«Coswell?» chiese una voce maschile.
«Sì? Chi parla?»
«Vorrei parlare con Len Coswell, è urgente…»
«Sono io ‘Len’ Coswell, ma chi è? Lo sa che ore sono?»
«Certo, che lo so» rispose l’uomo seccato: «lei però non può essere Len: lei è una donna!»
«Guardi non ho tempo da perdere per questi scherzi, ora riattacco…»
«No, per carità, mi lasci finire, ne va della sua vita.»
La donna corrugò la fronte: la voce del suo interlocutore era disperata, vibrante, persino indifesa. «Mi vuole dire, allora, lei chi è?» fece la donna più disponibile.
«Mi chiamo come lei: Len Coswell. Lenny per gli amici. Mi scusi, è che credevo che il mio doppio fosse un uomo.»
«Il suo cosa?»
«Sono il suo doppelgäng, non ne ha mai sentito parlare? Lo so, sembra una cosa assurda, ma lei è esattamente come me. Fa il mio stesso lavoro, il bancario, vive a Denver, al 356 di Church Drive, ha 45 anni e ha un gatto di nome Ariel.»
«Come fa a sapere tutte queste cose?» chiese allarmata.
«Gliel’ho appena detto, sono il suo doppio, il suo sosia, lo chiami pure come le pare, solo che sono un uomo e vivo in un’altra dimensione.»
La donna si guardò allo specchio: no, non stava sognando. Chiuse gli occhi, sospirò: «non capisco.»
«Non c’è tempo per capire. L’Organizzazione Oscura ci ha individuati: ci vogliono eliminare. È in atto una vasta operazione di pulizia razziale. I ‘doppi’ li considerano impuri, anomalie genetiche. È una settimana che sogno il suo numero di telefono e una voce che mi imponeva di chiamarla. Ho capito che se volevo stare tranquillo dovevo avvertirla. Ed eccomi qui: domani, a mezzanotte precisa, si faccia trovare al 2877 di Market Boulevard.»
«Lì c’è il grattacielo Kranken, quello appena costruito» obbiettò Eleanor.
«Già, il Kranken, ma è solo una copertura. All’interno c’è uno Shuttle pronto a partire che la porterà a destinazione. Lo prenda.»
«Continuo a essere sconcertata per quello che mi dice…»
In quell’istante, dall’altro capo del filo, si sentì un’esplosione e delle urla.
«Cos’è stato?» domandò la donna gridando a sua volta.
«Sono arrivati!» mormorò disperato Lenny nel microfono «…prima del previsto, scappi, scappi.»
Si sentirono voci concitate, colpi d’arma da fuoco, poi più nulla.
«Pronto? PRONTO?» disse la donna. Il telefono era muto. Poi, nel silenzio della stanza:
“Interkonnect, messaggio gratuito, l’utente da lei chiamato è inesistente, si prega di non richiamare.”
Archivi tag: sci fiction
Ritardi al Quadrante Nord
«Ma scherza? Sono Jack Chapmann, funzionario di settimo livello. Controlli meglio!» Alla Guardia non dovette piacere quel tono perché si irrigidì; per un po’, con ostentazione, fece dell’altro davanti a sé per ignorare volutamente il suo interlocutore che se ne stava ancora lì con il braccio disteso all’interno della guardiola. «Controlli, ancora, per favore» ribadì Jack alzando la voce. Il corridoio dietro di lui era vuoto e le sue parole rimbalzarono per perdersi nei sotterranei.
«Il suo chip sottocutaneo, non prende. Lei non è abilitato, gliel’ho già detto. Non c’è nessun altro controllo che possa fare. Torni domani, controlleremo meglio al monitor che ora non va» ripeté meccanicamente la Guardia.
«Io ho l’alloggio nella Zona protetta, con moglie e figli che mi aspettano… Mi deve far passare se non vuole dei guai. Esegua il controllo subito, non domani, glielo ordino!»
La Guardia approfittò del fatto che Jack avesse ritirato il braccio e chiuse il Varco. Il vetro insonorizzato si inspessì e si oscurò.
«Non può farmi questo, non può! Controlli adesso!!!» gridò Jack accorgendosi che stava parlando da solo. La superficie lucida del vetro rifletteva la sua faccia stravolta, stanca, incredula. Dove sarebbe andato adesso? Tirò fuori la trasmittente: non c’era campo. Nel frattempo le luci sulla volta si accesero e si spensero. Era il segnale che di lì a poco avrebbero sospeso l’emissione nel corridoio del disinfettante Q9 e i topi, come ogni notte, avrebbero preso il sopravvento. Non sarebbe sopravvissuto, lo sapeva bene. Mollò per terra la borsa e cominciò a correre, forse ce l’avrebbe fatta a raggiungere l’altro Varco con una Guardia magari più comprensiva. Si trovava a circa metà del percorso quando le luci si abbassarono nuovamente. L’aria era diventata pesante, rarefatta, ed era persino sparito il sibilo che accompagnava l’emissione del Q9, tanto che i primi topi già facevano capolino dalle grate di aerazione. Giunto alla porta inciampò e cadde a terra. Si rialzò aggrappandosi alla maniglia che subito tirò a sé con tutte le sue forze per aprirla: la porta era semichiusa, ma bloccata. Infilò la bocca nello spiraglio per urlare la sua rabbia. Non rispose nessuno, com’era prevedibile, solo lo squittio dei topi che continuavano a entrare a frotte dai tubi di aerazione.
Il questionario
Sino all’ultimo respiro
«Cosa vuole?» le disse con voce querula.
«Ho bisogno di altro ossigeno… non per me, ma per mio padre, sta molto male… ha l’enfisema…»
«Ha avuto la sua razione giornaliera, come tutti gli altri, del resto…» fece la Creatura accompagnandosi con un rapido movimento della testa in un curioso tic.
«Lo so, ma respira affannosamente e ne consuma molto di più di quello che ha avuto in dotazione».
«Gliene dia del suo…» rispose quello mostrando anche i denti inferiori in una smorfia ostile.
«L’ho già fatto» fece la giovane donna accorata «ma ne ha bisogno di più, non sopravviverà senza. Si è ammalato perché gli avete somministrato dell’aria avariata, Voi lo sapete benissimo…»
«Siete in arretrato con i pagamenti, cosa pretendevate…? O vi abituate all’aria che c’è o pagate il dovuto. Non avete scelta». In quel momento la Creatura trasse un respiro profondo da branchie porose situate all’altezza del collo e che si erano aperte con un sibilo e subito richiuse.
«Potrei essere ‘carina’ con Te come lo sono già stata in passato…» fece la ragazza cambiando tono.
La Creatura si girò appena e digitò impassibile su una tastiera trasparente. Aguzzò lo sguardo nel leggere i risultati sul monitor.
«Lei ha appena fatto l’esame del sangue e risulta qui che ha una malattia sessualmente contagiosa…»
«Sono malata? Non è possibile!» la ragazza era sconcertata. Il suo respiro si era fatto più frequente. «Se ho una malattia sessualmente contagiosa non puoi che avermela attaccata Tu».
«Questo ha scarsa importanza» comunicò l’Altro scuotendo la testa per il tic. «Noi non siamo più interessati alla sua persona». Detto questo, premette un pulsante che abbassò rapidamente la saracinesca in metallo.
«No, aspetta! Aspetta!» urlò la donna «Ho bisogno di quell’ossigeno!» E prese a battere con forza con il palmo della mano sul metallo gelido, fino a quando una potente scossa elettrica non la scagliò a terra. Il microchip che regolava il respiratore andò in crash. La donna non riusciva a respirare. Tirava su con la bocca dilatata appannando la maschera in un vuoto che si era fatto pneumatico. Rantolava dimenandosi a terra. Era già cianotica quando il microchip riprese a funzionare facendo nuovamente passare un filo di ossigeno.
Com’è difficile essere felici