Il riconoscimento funziona come una specie di meme o piuttosto come una specie di catena di sant’Antonio dove, anziché usare il bastone della minaccia di sventure, morte di familiari e malattie contagiose, qualora si interrompesse la catena, si usa la carota dell’adulazione. Il meccanismo psicologico sotteso, come si vedrà, è anche più banale, ma (purtroppo) funziona.
Il blogger è innanzitutto ‘nominato’ da un altro blogger (che a sua volta è stato nominato in una precedente lista da un altro ‘collega’) sicché avverte subito la soddisfazione di far parte di una élite che, bene o male, lo solleva per circa cinque minuti, dal mare magnum dall’anonimato. A parte la confusione concettuale di fondo tra l’essere nominati e vincere un premio, si sa che essere in ogni caso preferiti tra tanti, essere scelti per un qualche merito (anche se non espresso), non può che far piacere (insomma: i quindici minuti di notorietà di cui parlava Warhol).
Inoltre, e qui le regole della nomination variano a secondo del tipo di premio in ballo, il blogger oltre a dover ringraziare chi lo ha scelto (gratificando così il meccanismo della catena), deve anche parlare di sé (rispondendo a domande prefissate, persino bizzarre) solleticando così la tendenza autoreferenziale, ma anche logorroica del blogger.
Infine, e questa parte è il motore autoreplicante del meme (quello che lo fa funzionare) occorre che il blogger nominato indichi a sua volta altri dieci blog (a volte anche di più) cui assegnare il medesimo premio ricevuto. Un meccanismo dunque molto semplice, a costo zero; non c’è niente da capire ed è replicabile all’infinito.
In realtà non è proprio così. È piuttosto un modo per far funzionare l’idea di un’altra persona che, da un parte, sfrutta la vanità dei blogger per divertirsi a suo modo e trarne un vantaggio e, dall’altra, la mancanza del blogger replicante di proporre personali contenuti originali.
Se fosse un riconoscimento di un qualche spessore dovrebbe non solo avere un’unica fonte di assegnazione, ma dovrebbe anche stabilire, a priori, criteri di scelta precisi e imparziali (mentre chiunque può nominare chiunque, bastando che abbia una grafica anche solo ‘gradevole’) e dovrebbe inoltre poter contare su una motivazione critica di selezione, mentre si finisce in una lista di ‘proscritti’, quasi una lista della spesa, senza sapere neppure perché.
D’altro canto non ci sarebbe alcun bisogno che il blogger nominato parli di sé (dovrebbe essere chi lo nomina a farlo dal momento che lo ha scelto) né che indichi necessariamente altri blog. Si è mai visto uno scrittore (per indicare un artista tra i tanti) che vince un premio letterario e quando sale sul palco a ritirarlo indica altri dieci scrittori cui assegnare lo stesso premio? Penserebbero subito che è impazzito; eppure è quello che esattamente succede in questi casi e sembra persino normale.
Si dirà ancora: è un modo per condividere le proprie preferenze e per far conoscere ad altri blog ritenuti interessanti.
Sarebbe bello fosse realmente così; in verità, quando si è scelti, ci si limita a fare la propria parte in termini di ottemperanza alle regole del gioco e a nominare a propria volta altri blog, senza perdere tempo a dare una sbirciata ai ‘vincitori’. Oltretutto i blog sono segnalati al pubblico, come ho accennato prima, senza nessuna (presentazione o) motivazione o vaglio critico, spesso a casaccio, senza un vero approfondimento preventivo dei contenuti che richiederebbe tempo e risorse che chi nomina di solito non ha e non ha intenzione di avere (del resto: chi si lamenterà di un riconoscimento ricevuto).
Il Premio Liebster Award, per fare un esempio, dovrebbe essere assegnato al blogger che ha meno di 200 follower (così stabilisce il sito di riferimento http://liebsterawards.blogspot.it/) mentre io ne ho ‘vinti’ ad oggi ventidue, uno addirittura un paio di settimane fa, e ciò nonostante che la mia homepage indichi chiaramente che ho quasi i 4.000 follower.
Con il problema ulteriore, visto che la blogosfera è, tutto sommato, di modeste dimensioni che, dopo un po’, diventa necessario inventare, per mantenere il minimo di interesse necessario ma sempre sulla medesima falsa riga, altri premi, altre nomination e altre regole e così all’infinito, come succede del resto per le vere catene di sant’Antonio, dove basterà un elemento ‘debole’ (anche solo uno) per perpetuare il meme.
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