La giurisprudenza del Supremo Collegio ha ritenuto questo strumento un’arma propria; è stato infatti deciso che un apparecchio in grado di produrre scosse elettriche, ad alto o basso voltaggio, essendo naturalmente destinato – sia pure per motivi di difesa personale – ad offendere l’eventuale aggressore, costituisce, agli effetti della legge penale, arma, il cui porto non autorizzato al di fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa integra la contravvenzione prevista e punita dall’art. 4, comma primo, della legge 18 aprile 1975 n. 110 (norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi), a nulla rilevando la sussistenza del giustificato motivo o delle circostanze di tempo e di luogo di cui al comma secondo della citata disposizione, che riguardano non le armi, ma gli oggetti atti ad offendere. (Sez. 1, 18 dicembre 2003, n. 25912, Garzanti, rv. 228234). L’art. 5 Decreto Legislativo 26 ottobre 2010, n.204, modificando l’art. 4 comma secondo della L. 18 aprile 1975, n. 110 ha tuttavia espressamente inserito gli storditori elettrici e altri apparecchi analoghi in grado di erogare una elettrocuzione tra gli strumenti atti a offendere e non tra le armi.
Il porto fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa è da ritenersi pertanto illegale solo se non vi è giustificato motivo (che peraltro si profila di non facile individuabilità vista la funzione prettamente difensiva, ma si veda, sulla questione, l’ipotesi di una legittima difesa concreta di cui si è parlato altrove in queste stesse pagine).
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