L’autore dell’articolo azzarda alcune spiegazioni ma le confuta una dopo l’altra rimarcando così ancor di più la bizzarria di questo fatto che appare ancora più misterioso in quanto, sostengo io, si tratta sicuramente di un evento del tutto isolato non essendo stati registrati precedenti.
Insomma i tacchini possono anche girare in tondo, come ricorda giustamente l’autore, visto che è un comportamento tipico di tutti i fagianidi, ma non certo intorno a un gatto, per giunta pacificamente morto (e gli animali capiscono immediatamente per istinto quando sono davanti a un esemplare non in vita); anche a volere ritenerlo allora un predatore (ma non lo è, il tacchino è troppo grosso per un gatto) non poteva costituire una minaccia.
Tanto comunque è stato sufficiente per mettere in moto la mia fantasia.
La storia è costruita in modo piuttosto asciutto, intorno a semplici dialoghi telefonici tra una mamma (forse un po’ troppo impicciona) e un figlio superficiale (forse un po’ troppo mammone).
Si sa che i due personaggi vivono uno di fronte all’altra, probabilmente separati da una strada, e questo è sufficiente per creare l’ambientazione. Il racconto si esaurisce in poche battute che tracciano però immagini icastiche che rimangono (o quantomeno dovrebbero) nell’immaginario del lettore anche al termine della lettura.
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