La trama è piuttosto esile (e, a partire dalla fine del primo tempo, scontata) ed è, in buona sostanza, la versione marziana di Robinson Crusoe con punte di inverosimiglianza che minano quel patto generoso di accettazione che l’appassionato di fantascienza (come me) stipula con il regista all’inizio del film (pensare di coltivare patate sul suolo di Marte con acqua creata chimicamente e alla luce di un sole lontanissimo forse è troppo anche per me).
È sicuramente tutto incentrato sulla bravura indubbia di Matt Damon, attore tutto sommato ancora giovane ma duttilissimo, con un curriculum invidiabile di notevole caratura, tanto da potersi permettere di ‘occupare’ gran parte dei 130 minuti di durata della pellicola che scorrono via, tutto sommato, in modo abbastanza gradevole.
Gli effetti speciali sono buoni (ma sono i soliti) anche se Ridley Scott, in altri suoi lavori (si pensi ad Alien, Blade Runner e Prometheus) ci aveva abituato in passato a scene molto più sapientemente costruite e di maggior presa.
Non ho trovato del tutto indovinato il lavoro di casting con la scelta per esempio di Jeff Daniels nel ruolo del Direttore (cattivo) della NASA (sembra sul punto di mettersi a ridere da un momento all’altro) o di Sean Bean (il Boromir della trilogia del Signore degli anelli) nella parte di un poco credibile di un altro Direttore, ma questa volta buono e comprensivo, della missione spaziale Ares 3. Gli altri personaggi sono addirittura incolori e scialbi.
Mi è piaciuto invece Aksel Hennie nella parte del chimico Alex Vogel. È un attore a mio avviso molto interessante per il suo forte impatto scenografico anche se gli è stato riservato un ruolo marginale; lo avevo già notato in Hercules nel ruolo di Tideo: a mio avviso troverà in futuro una maggior affermazione.
Film da vedere, senza aspettarsi troppo, però.
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