La fronte di Iztacoyotl era lucida di sudore. Era serio, troppo serio. Il suo servo Conomazàtl, lo aveva capito subito e aveva cominciato a preoccuparsi. Non l’aveva mai visto così. Poi, all’improvviso, l’Uomo-che-cammina-con-gli-Spiriti fece un passo indietro come se si fosse scottato con il sangue di cui le mani erano lorde; ne fece ancora un altro, sempre all’indietro, incerto, a sbattere la schiena nuda contro la staccionata di legno di bocote. Era pallido. Conomazàtl voleva avvicinarsi per sincerarsi che stesse bene, ma sapeva che il coltello cerimoniale di Iztacoyotl era rapido e tagliente e che il suo Signore non disdegnava di usarlo per un nonnulla.
Poi l’Uomo Tabù si voltò, scese sollecito i cento gradini del tempio sotto lo sguardo attonito dei presenti, ed entrò nel suo temazcalli.
Conomazàtl con circospezione lo seguì.
«Mio Signore, cos’ha visto?» gli chiese il servo rimanendo per precauzione sull’uscio di casa con la coperta di ingresso appena scostata.
Iztacoyotl non rispose.
Conomazàtl ripeté una seconda volta la domanda, in modo ancora più sommesso.
L’Uomo-che-nessuno-può-toccare, dopo un po’, come uscito da un incubo, mormorò:
«La capra ha due cuori, due…» fece ripetendo nell’aria il numero con le dita della mano sinistra.
«E cosa vuol dire, mio Signore… avremo siccità e i nostri raccolti seccheranno… avremmo troppa pioggia e le nostre messi marciranno?»
«Non capisci, Conomazàtl… è la fine di tutto, la fine di Aztlán, del nostro popolo, di tutti noi. Solo Huitzilopochtli rimarrà a vegliare per l’eternità sul mondo che avrà reso vuoto e grigio di cenere. La Sua collera è immensa.»
Conomazàtl raggelò. Sentì per un attimo le gambe cedere. Poi alla fine si arrese a quella ondata di spossatezza e si inginocchiò con il capo chino davanti all’Uomo-che-parla-con-gli-Dei.
«E quando accadrà? Mio Signore?»
«Al decimo giorno…» Il vecchio faceva fatica a parlare. «…Al decimo giorno… dopo l’ultimo plenilunio…»
«Ma l’ultimo plenilunio è stato nove giorni fa… mio Signore.»
«Esatto.»
«Succederà allora domani.»
«Domani» fece eco Iztacoyotl che sembrava aver perso tutte le sue forze.
«Ma è troppo presto.»
«È sempre troppo presto, servo mio. Ma è Huitzilopochtli che lo vuole.»
Dopo alcuni minuti di silenzio, l’Uomo Tabù proseguì:
«Il popolo però lo deve sapere. Chi vuol chiedere scusa all’amico, al parente o al vicino lo potrà così fare. Chi vuole potrà ritrovare la pace nel proprio cuore. Chi vuol salutare i propri cari, potrà sentire il calore del loro ultimo abbraccio…»
Il popolo si estinse improvvisamente ben nove anni più tardi da quel pomeriggio, per ragioni che gli storici devono ancora accertare.
Tuttavia, il giorno successivo alla divinazione di Iztacoyotl, nella convinzione di tutti che quello fosse davvero l’ultimo giorno che Huitzilopochtli avrebbe mandato sulla terra, fu terrificante. Furono regolate vendette, vi furono stupri, suicidi e violenze di ogni genere. Oltre che pianti, canti e balli, ubriacature smodate di pulque che condussero anche alla morte o alla pazzia.
Iztacoyotl, all’alba del mattino che non sarebbe mai dovuto arrivare, fu trovato in casa con il suo coltello cerimoniale conficcato in una tempia.