La casa e il chiodo

Il piccolo Peter lo vedeva sempre dalla sua finestra. Si svegliava al mattino e contro il cielo limpido o con la pioggia o sotto il vento teso della montagna, era ogni volta la prima cosa che vedeva: un lungo chiodo piantato appena sotto il punto di incontro dei due travi maestri che tenevano unite le ampie falde del tetto. Era aggettante sul vuoto, perché da quella parte la parete della casa, costruita sulla roccia, dava sulla valle. Pareva una sentinella che sfidasse i rigori del freddo e le arsure del sole di luglio. Lo aveva visto, fin da quando da piccolo si era accorto del mondo che lo circondava, con il suo cappuccetto di neve d’inverno e quasi arroventarsi nelle giornate estive e terse. A quel chiodo appendeva tutte le sue fantasie di bambino e per tanto tempo, tra quei monti isolati, fu anche il suo unico amico. Avrebbe finanche giurato di aver visto più di una volta folletti colorati farvi attorno capriole forsennate e senza fine: una sera vi si posò persino un gheppio giusto per riprendere fiato prima dell’ultima caccia prima del tramonto.
Sentiva spesso la madre che rimproverava il padre di essere sempre in giro nei campi o nei boschi e di non far mai nessun lavoro in casa.
«C’è da riparare il terrazzo» diceva lei alzando gli occhi al cielo. «Chi lo farà? C’è l’impiantito nella camera da letto da sistemare. Chi lo farà?»
Ma il padre si limitava a rassicurarla. L’avrebbe fatto, ma non oggi. Era sempre così. Era un buon uomo. Ma quei lavori lì non li voleva fare o, peggio, non li sapeva fare.
«Prima o poi ci cascherà la casa sulla testa! Sei un buono a nulla» concludeva sempre lei, sospirando.
Ma Peter sapeva benissimo che la casa non sarebbe mai potuta cadere loro addosso. Si era convinto che era tutto merito del Chiodo, del suo Chiodo. Finché fosse stato rimasto piantato lassù, l’avrebbe tenuta insieme. Dove essere speciale quel chiodo, se lo sentiva, del resto se non lo fosse stato i folletti ci avrebbero forse girato attorno a far le capriole? Forse qualche Gigante della Montagna che aveva costruito quella abitazione sulla roccia, per tenerla in bilico e non farla rovinare a valle aveva conficcato quel Chiodo speciale.
Peter in tanto cresceva e da bambino divenne ragazzo, da adolescente adulto e quel Chiodo con la sua carica magica era sempre lì, senza un filo di ruggine o di abbrunimento. Della sua esistenza non ne parlò mai con nessuno, neppure con i suoi. Sapeva che tutto sarebbe finito il giorno in cui ne avesse divulgato il potere. E poi sarebbero venuti i vicini impiccioni a vedere di cosa si trattava chiedendosi per mai il Gigante della Montagna a loro il chiodo non l’avevano messo. E sarebbero venuti poi gli amici e gli amici degli amici e chissà forse pure i turisti risalendo la valle. ‘Sì, andiamo a vedere la casa tenuta insieme dal grande Chiodo, andiamo, andiamo’ avrebbero detto campeggiando in tende e roulotte. Sarebbe stata data senz’altro la notizia sui giornali e alla televisione. Non ci sarebbe stata più pace e poi sarebbe stato tutto inutile. La gente sarebbe rimasta delusa, perché i poteri del magnificente Chiodo sarebbero svaniti all’istante.
Peter si sposò, divenne vecchio e un brutto giorno si ammalò. Trascorse lunghe e interminabili giornate in quel letto, immobilizzato. Guardava dalla finestra, ma soprattutto il ‘suo’ Chiodo felice almeno di sapere che proteggeva la sua casa. Poi venne l’ultimo giorno. Peter sentiva che non ce l’avrebbe fatta a superare la notte. Da giorni non riusciva più ad alzarsi, né a mangiare o a bere. Parlava solo a gesti. Attorno a sé si erano riuniti la moglie, i due figli e un genero. Ma un pensiero lo stava angustiando i quei momenti. Li guardava ad uno ad uno pensando: ‘loro avrebbero continuato a vivere in quel posto. Forse era il caso di rivelar loro il potere del Chiodo, in modo che non lo rimuovessero mai e poi mai, da dove era ancora conficcato’. Sì, doveva passare il testimone. Tolto il Chiodo la casa sarebbe crollata su se stessa e sarebbe poi precipitata a valle con tutte le persone dentro. Non poteva permettere che ciò potesse succedere. Si decise che quello era il momento. Cercò di articolare un qualche suono. Alzò un braccio a fatica tenendo l’indice verso il Chiodo. Sbarrò gli occhi nello sforzo di poter parlare. La moglie gli corse vicino accarezzandolo.
«Cosa c’è caro? Non ti agitare, siamo qui vicino a te. Fra un po’ verrà il medico, riposati, ti prego.»
Peter sentiva sempre più mancargli le forze. La vita gli stava scivolando via. Si mise una mano sul cuore come per trattenerla ancora un po’ con sé. Doveva dire una cosa troppo importante, non poteva morire proprio ora. Alzò ancora il braccio e tese per quanto poteva l’indice farfugliando:
«Chi… chi…»
«Cosa dici, caro? Non capisco» gli domandò la moglie porgendogli l’orecchio a pochi centimetri dalla bocca.
«Forse si chiede chi siamo» azzardò il genero che si era affatto pallido.
«Chi… chi… odo» si sforzò di dire il vecchio indicando fuori.
«Indica il crocifisso!» fece don Hutger, additando a sua volta un crocifisso intagliato in legno di cirmolo e che era appeso proprio vicino alla finestra. «Sente la morte vicina e indica i chiodi della santa croce.»
Gli astanti si commossero tutti. Peter si stava raccomandando a Dio.
«Quei chiodi lì a Cristo non glieli toglie più nessuno, ma Lui ti ha già nel suo cuore» se ne uscì don Hutger con un tempismo perfetto.
Peter guardò l’espressione contrita del sacerdote rimanendo con la bocca aperta. ‘Il Chiodo è la casa! Il Chiodo è la casa!’ avrebbe voluto urlare. ‘Macché crocifisso! Il Chiodo è il segreto di tutto. Io lo so. Io lo so.’ Ma non riusciva più a parlare. Le labbra sembravano impastate. La gola era diventata secca e aspra come una grattugia. Si limitò a far cadere il braccio facendolo rimbalzare sul letto. Gli occhi gli si chiusero pesanti quasi volesse prendere sonno; poi girò la testa da un lato espirando dai polmoni tutta l’aria che aveva. La moglie gettò un urlo e abbracciò il marito mettendosi a singhiozzare. In quello stesso istante il grande Chiodo si spezzò alla sua radice, come un fiammifero, precipitando nel buio della valle.

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