Mi spiego meglio. Ecco tre possibili esempi:
A) Si alzò in piedi e disse: «Non ne posso più.»
B) Si alzò in piedi e disse: «Non ne posso più».
C) Si alzò in piedi e disse: «Non ne posso più.».
Guarda il punto finale in queste tre frasi (evidenziato in grassetto color rosso). È posizionato in tre diversi modi. Qual è la forma più corretta?
Per poter rispondere a questa domanda occorre pensare a chi appartiene il punto.
Al dialogo diretto o al periodo in sé considerato? Ma poi esiste davvero un periodo a sé stante disgiunto dal dialogo diretto? A seconda di come si risponde a questi interrogativi il punto si sposta dentro o fuori dalle virgolette con una ricaduta non solo di senso, ma anche di estetica della frase.
Ma procediamo con ordine.
Il punto in un dialogo diretto appartiene (o dovrebbe appartenere come pare ovvio) al dialogo diretto. Basta pensare che al posto del punto ci potrebbe essere un punto interrogativo o esclamativo e ben si può comprendere come, in questo caso, si tratti di segni di interpunzione squisitamente interconnessi con il dialogo. Un punto esclamativo fuori dalle virgolette sarebbe infatti incongruo e difficilmente comprensibile.
Dunque l’interpunzione va senz’altro prima delle virgolette, all’interno del dialogo. La domanda semmai e se vada messo anche dopo la chiusura del periodo o solo dopo la chiusura del periodo in sostituzione di quella all’interno delle virgolette.
Per potersi orientare in questa alternativa occorre verificare se il dialogo diretto è autonomo o se è retto da una frase che lo introduce come negli esempi di cui sopra. Nel primo caso il periodo e il discorso diretto si fondono insieme condividendo la stessa punteggiatura (sicché il punto andrà ‘dentro’ appartenendo al dialogo), nel secondo, il punto andrà messo fuori perché “appartiene” al periodo che “comanda” rispetto al discorso diretto.
Tornando agli esempi iniziali, quindi:
D) «Non ne posso più.»
E) Si alzò in piedi e disse: «Non ne posso più».
Ma vi è un’eccezione (come spesso succede in grammatica e giusto per creare scompiglio).
Quando il segno finale all’interno del dialogo è diverso dal punto ed è un punto esclamativo, un punto di domanda o dei puntini di sospensione, prevale il segno all’interno del dialogo (sopprimendo quello esterno) in quanto più articolato e specifico rispetto al ‘semplice’ (e più generico) punto perdendo di senso se posto fuori.
In questo caso vale il principio secondo cui è sempre meglio evitare la doppia interpunzione (esterna e interna) al dialogo (nel senso o l’una o l’altra) non solo perché è una questione di estetica, ma anche (e soprattutto) perché troppi segni interpuntivi creano solo confusione in lettura mentre la scrittura, anche sulla spinta divulgativa (e pervasiva) di internet, va verso una sempre maggiore semplificazione.
Se poi si pensa che il segno di interpunzione finale del dialogo diretto potrebbe anche essere diverso da quello del periodo, come in questo caso:
F) Si alzò in piedi e disse: «Non ne posso più!».
è facile comprendere come il risultato sia senz’altro fastidioso e da evitare.
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IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, in questa pagina abbiamo imparato, tra l’altro, a come utilizzare il punto fermo e il punto a capo nei dialoghi diretti.
In particolare:
- che va evitato l’uso duplice di punteggiatura all’interno e all’esterno del dialogo diretto;
- che va evitato che la punteggiatura relativa al dialogo diretto rimanga all’interno del dialogo stesso se il dialogo è autonomo non retto da un’altra frase;
- che se il dialogo diretto è retto da una frase che la introduce, il punto si sposta all’esterno del dialogo diretto perché appartiene alla frase nel suo complesso, a meno che il segno di interpunzione del dialogo diretto sia un punto esclamativo, un punto di domanda o i puntini di sospensione; in questo caso, per la loro specificità, questo segno di interpunzione prevale sul punto esterno che andrà eliminato.
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