Nelle botteghe fantasma

Tempo fa, in una bottega rinomata di via Condotta, ho acquistato una cartina del Canada. È sempre stata mia intenzione visitarlo e una mappa mi sembrava un buon inizio. Il solerte negoziante mi sciorinò davanti un numero cospicuo di mappe, consigliandomene una caldamente, la più costosa, che comprai. Una volta a casa ho però scoperto che la confezione celava al suo interno la cartina topograficomilitare dello Swaziland. Un errore, niente di grave, può succedere persino ai migliori esercizi. L’indomani, ritornato per le legittime rimostranze, trovo al suo posto un negozio di borse griffate. Chiedo in giro e apprendo da un autentico pizzaiolo egiziano, che una rivendita del touring lì non c’è mai stata. È questo il problema di tanti esercizi del centro. Chiude un verduriere e apre un negozio di giacche in pelle, chiude una libreria antica e apre un negozio di accessori per uomo, fallisce un esercizio di mangime per pappagallini siamesi e viene inaugurato un gabbiotto per il cambio di moneta straniera. Il tutto avviene così rapidamente e in modo talmente naturale che se ne perde persino il ricordo. Mi rendo conto che se volessi togliermi lo sfizio di pagare il caffè usando rubli o yen ora lo potrei fare, ma se volessi comprarmi dell’insalata? Devo aspettare che diventi moneta corrente in qualche Stato asiatico? Nel frattempo, io che odio gli sprechi, continuo da quel giorno a farmi la stessa domanda senza riuscire tuttavia a darmi una risposta decente: cosa c’è da vedere di bello nello Swaziland?

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