Non è mai troppo tardi

Il bambino scivolò giù dal letto. Teneva ancora in mano la zampa dell’orsacchiotto che strascicava ora per un orecchio sulla moquette. Scese le scale strofinandosi gli occhi: quei rumori provenienti dalla sala, nel cuore della notte, erano davvero sospetti.
«E tu chi sei?» domandò assonnato rimanendo a metà scala. L’uomo sentitosi scoperto si drizzò. Lentamente si voltò verso il bambino.
«Ma tu, tu… tu sei Babbo Natale!!!» gridò il bambino dalla contentezza.
«Oh oh oh! Bricconcello di un bambino che si fa alzato a quest’ora?» disse l’uomo con un vocione grasso e profondo.
«Che ci fai tu qui?» gli chiese riprendendosi a stento dalla meraviglia.
«Come cosa ci faccio? Vengo a portare i regali. Dov’è l’albero di Natale?»
«L’albero, i miei genitori, l’hanno messo via da tempo. Oggi è il 31 gennaio, cosa credi, mica la vigilia di Natale». Per essere un bambino di sette anni, la logica non gli mancava.
«Il 31 gennaio? Sei proprio sicuro?»
«Certo! Sei in forte ritardo, per me ti sgrideranno.»
«Sì, può darsi. È che ho avuto un mucchio di problemi. Le maestranze degli elfi in cassa integrazione, la recessione in area Schengen…» Il bambino lo guardò con aria stralunata. «Sì, insomma, cose così… comunque questo deve essere tuo…» tagliò corto Babbo Natale allungando al bambino un pacchetto con la carta colorata e un fiocco dorato.
«È quello che credo che sia?» chiese strappandoglielo di mano.
«Penso di sì, mi hanno riferito che hai fatto il bravo e che te lo sei meritato. A meno che Luca non sia tu.»
«Sì, sì, sono proprio io. Non ci posso credere» disse il bambino abbracciandosi il pacchetto.
«Già, però, lo apri domani. Intesi? Ora vai a letto che non dovresti vedermi andar via. Anzi non dovresti neppure vedermi adesso. A rigore dovrei riportarmi via il regalo e…»
«Vado a dormire, vado a dormire subito, signor Babbo Natale… io non l’ho vista, non sono mica scemo…» disse tutto eccitato risalendo le scale di corsa e ritornando nella sua cameretta.
L’uomo, rimasto solo, si guardò ancora un po’ in giro. Scosse la testa.
«Le maestranze in cassa integrazione e la recessione in area Schengen? Te lo potevi proprio risparmiare…» mormorò la moglie che lo stava squadrando dalla porta, la spalla appoggiata allo stipite.
«Hai ragione» fece l’uomo togliendosi il berretto e la barba. «Ho proprio esagerato. È che non l’ho sentito scendere. Sono un disastro» sbuffò buttandosi in poltrona «non sapevo cosa dirgli.»
«Un’altra volta impari a ricordarti per tempo il regalo per tuo figlio…» Il marito si passò una mano sul viso, nascondendosi per un attimo gli occhi. La donna gli si avvicinò.
«Ma no, non sei andato poi così male» sussurrò lei rassicurante. «Era felice.» E immaginò il figlio nel lettino stretto al suo regalo. «E poi, rosso così, come un pomodoro, con questa pancetta buffa, sei proprio sexy.»

Nella nicchia di sinistra

Entrò nella canonica trafelato, faceva fatica a respirare.
«Piero, che ti è successo?» gli chiese don Luigino posando la stola sul bancone.
«Padre, è successa una cosa terribile…»
«Siediti, figliolo, calmati, vuoi un bicchiere d’acqua?»
«No no, non riuscirei a inghiottirla…»
«Che è successo? Qualcuno in casa tua sta male?» fece il prete togliendosi i paramenti della messa.
«No, grazie a Dio stiamo tutti bene, è che… ha presente quella grossa statua che c’è nel mio negozio… quella antica?»
«È tutta roba antica, o dovrebbe esserlo, nel tuo negozio di antiquariato, Piero».
«Sì ha ragione, padre, ma non è questo il punto è che… è che si è messa a piangere sangue».
Il padre a quella notizia si irrigidì. Per un attimo immaginò le processioni di devoti pellegrini che avrebbero invaso il paese, la stampa, le televisioni, i curiosi. Addio pace.
«Hai fatto bene a venire da me» gli disse posandogli una mano sulla spalla e assunse un’aria pensierosa. «Adesso la statua dov’è?»
«È sempre in negozio, l’ho coperta».
«Perfetto, bravo, bisogna essere prudenti. Sai com’è la gente qui. Non abbiamo bisogno di alimentare la credulità o dare false speranze. Portamela qui, magari stasera con il buio. La pulisco e la piazzo nella nicchia della navata di sinistra, in fondo. Non la noterà nessuno, ma io potrò metterla sotto ‘osservazione’ e se continuerà a piangere informerò il vescovo».
«È sicuro padre?»
«Certo che sono sicuro».
«Ma non stonerà, nella nicchia?»
«Stonare? Una bella statua della Madonna? Per di più antica?»
«Veramente non stavo parlando della statua della Madonna. Si è messa a piangere la statua a grandezza naturale di Babbo Natale».

Io lo troverò

La bambina andava avanti e indietro nella neve che le arrivava alle ginocchia. Dopo tanto sereno, il cielo si era all’improvviso coagulato di nubi lattescenti ed era nevicato tutta la notte. Io la osservavo nel suo andirivieni frenetico e le chiesi:
«Stai cercando qualcosa?»
«Sì» mi fece lei alzando il berretto di lana che aveva calato fin quasi sopra gli occhi. Poteva avere dieci anni, giacca e gonna di velluto blu della domenica, un sorriso spalancato sulla vita.
«Vuoi che ti aiuti?» insistetti.
«Sì». Ora mi parlava distratta. La sua attenzione era rivolta a terra. Sferrava calci a destra e a sinistra sulla neve brillante d’oro e d’azzurro come se mirasse ad un immaginario pallone.
«Se non mi dici cosa cerchi non posso aiutarti, però…» le precisai con la mia logica da adulto. Lei si fermò squadrandomi. Aveva l’espressione tipica di chi sta rimuginando: ‘Ma come fai a non capirlo?’ Sbuffò:
«Un fiocco di neve».
Pensai lì per lì che mi stesse prendendo in giro, ma la sua faccia serissima toglieva ogni dubbio.
«Un fiocco di neve?!? Davvero???»
«Certo! Ho pregato tanto Babbo Natale che quest’anno mi mandasse un fiocco di neve tutto mio, uno che fosse bellissimo, come non ce n’è mai stato su tutta la faccia della terra… deve essere da queste parti».
«Come fai a trovare un fiocco di neve in questo campo di neve?» obbiettai.
«Il mio è bianco!»
«Ma sono tutti bianchi».
«Il mio è fatto di acqua e ghiaccio».
«Ma sono tutti fatti così» gli feci allargando le braccia. Lei si fermò di nuovo, spazientita per tutte quelle mie sciocche osservazioni; mi si avvicinò lentamente strusciandosi il naso rosso contro le muffole. Obliquò gli occhi verso destra, dondolando leggermente la testa bruna. Stava pensando.
«Uhmmm… forse hai ragione» mi sorrise chiudendo le palpebre. «Allora lo cercherò con gli occhi del cuore».

Quando c’è fumo…

Paolo piaceva molto quella villa. Pareva aggrappata con le unghie e con i denti al costolone di roccia della collina e benché fosse appartata e immersa nell’abbraccio del bosco era possibile giungere il centro di Collefili in pochi minuti. Tutto era perfetto: il panorama, la piscina, l’aria buona. Solo il grande caminetto della sala non andava. Aveva anche tentato con un preparato speciale consigliatogli per la fuliggine incrostata, aveva usato legna stagionata da più un anno, ma nulla: faceva solo un gran fumo e il fuoco subito si spegneva. ‘Potrebbe essere il comignolo che non è ai quattro venti’ aveva concluso il vicino che aveva l’aria di non capirci niente; ‘per me non gli arriva aria sufficiente dal basso’ aveva sentenziato l’ingegnere fatto venire a posta dal capoluogo.
«Per me è Babbo Natale che è rimasto incastrato lì dall’anno scorso» disse il figlio Carletto di dieci anni con aria innocente. I genitori si guardarono l’un l’altra sorpresi, mentre l’ingegnere fece un sorrisino di sufficienza.
«Ma cosa dici, Carletto?!? Vai a giocare di là, va… che qui abbiamo da fare».
«Davvero mamma, l’ho visto in un film: il caminetto faceva tanto fumo e poi hanno scoperto che dentro c’era Babbo Natale che non era riuscito a passare per via della pancia». Il bambino fu azzittito e allontanato, ma il sospetto che ci fosse davvero qualcosa che ostruisse la canna venne a quel punto a tutti quanti. La visita dello spazzacamino risolse il mistero. Pezzi di un nido di cicogna erano penetrati nella canna tappandola completamente.
«Era Babbo Natale allora?» chiese Carletto accorgendosi che il padre era riuscito ad accendere il fuoco senza fare più fumo.
«Certo che era Babbo Natale, testa di ranuncolo! Ed era pure ridotto ad uno scheletro abbrustolito» lo aggredì il fratello più grande con la voglia di dire qualcosa di cattivo a chi in Babbo Natale credeva ancora. Il bambino fece una faccia confusa. Il padre e la madre incenerirono con lo sguardo il figlio maggiore.
«Babbo Natale è davvero morto nel nostro camino?!?» domandò ancora Carletto incredulo a voce alta. «Che ficooooo! Roba da diventare famosi! Faccio subito una foto da postare su Facebook. E i regali?!? C’erano anche i regali?!?»

La sostituzione dell’ultimo minuto

 

La notizia si sparse rapidamente tra le numerose stanze del Palazzo:
«Babbo Natale sta male! Babbo Natale sta male!»
Subito tutti gli abitanti accorsero preoccupati al capezzale del Venerabile dove si formò un nutrito capannello di persone: aiutanti Folletti, la Befana, le Colombe della Pace e San Silvestro che gli voleva impartire l’estrema unzione.
«Per cortesia, padre…» esortò severo il Venerando toccando per scaramanzia le Palle di Natale «sono solo indisposto, non sto morendo.»
«Non si sa mai, figliolo, è meglio essere pronti» rispose pronto il Santo.
«Che cos’hai?» gli chiese uno dei Re Magi agitando l’incenso (non mi ricordo mai qual è).
«Non lo so, mi devo esser preso l’influenza. Ho bisogno che qualcuno mi sostituisca per la notte di Natale, non ce la faccio neppure a stare in piedi.»
«Ci andrei io Babbo» esordì volenterosa la Befana «ma l’altro giorno una tua renna mi ha morso, non le devo essere simpatica.»
«Non è per questo cara, è che vedendoti si è presa paura» gli fece il Vetusto implacabile.
«Ci posso andare io, Signurì…»
«E tu chi sei?»
«Sono una maschera di Carnevale, Pulcinella per l’esattezza, Eccellenza.»
«Se ti presto la slitta, mi lascerai avanzi di pizza ovunque?»
«Quando mai Eccellenza, eppoi ho già cenato. Inoltre tengo filling con le renne. Vi assicuro che a loro piacciono assai le canzoni napoletane che io modestamente canto benissimo. Garantisco.»
«No, non puoi usare le renne stanno male anche loro…»
«Ma cosa sarà mai un po’ di sturbo, Eccellenza. Una canzoncina e passa tutto.»
«Non ti consiglio di volare con otto renne che soffrono di diarrea.»
«Capisco. Posso però farmi prestare dall’Angelo gli agnelli pasquali.»
«La mia slitta guidata da Pulcinella e trainata da agnelli?»
«Saranno ‘na bellezza, Signurì» fece sorridendo la maschera.
«Perché no?» sospirò il Babbo. «Dopo tutto non mi vede mai nessuno quando consegno i regali.» Quindi, chiudendo gli occhi come per concentrarsi, si calcò ben bene dentro alle coperte e disse: «Allora, mi raccomando: indossa il vestito rosso… lo trovi lavato e stirato nella valigia ai piedi del letto; le chiavi della slitta sono sul comodino; togli il bloccasterzo alla slitta. Falla scaldare prima di partire, la lista dei bambini cui consegnare i doni l’ho messa nella cassetta sotto la pediera e…»
«Babbo… Babbo…» gli disse la Zucca Parlante di Halloween.
«Che c’è?»
«Pulcinella se n’è già andato…»