La Via degli Inferi

La scossa di terremoto, per la zona, fu inusualmente molto forte.
Dopo qualche settimana, un gruppo di gitanti scoprì, lungo il sentiero sud che costeggia il Lago di Calatorrione, una vasta galleria che si addentrava nella roccia. La sottile paratia di arenaria che bloccava l’apertura si era sbriciolata mostrando per la prima volta quel varco.
I vacanzieri si erano inoltrati curiosi guidati dalla luce del sole, fino a quando era stato possibile, e poi dalla luce dei loro telefonini quando il buio si era fatto impenetrabile. E fu quello il momento in cui capirono che qualcosa di strano si stava mostrando ai loro occhi. Avevano incontrato delle strane persone. Uomini, donne, ma anche bambini che in un primo momento li avevano guardati immobili, emaciati, allibiti nel vederli per poi scivolare verso le profondità della montagna inoltrandosi in altri cunicoli e altri corridoi che si ramificavano infiniti davanti a loro.
Quando i gitanti erano tornati a casa, raccontando l’accaduto, non erano stati creduti anche perché le foto, scattate con il cellulare, erano completamente scure. Riferirono anche del senso di profonda angoscia che avevano provato a visitare quei luoghi dichiarando che non avrebbero mai più riprovato a fare un’esperienza simile.
Fu così che, ben presto, si sparse la voce che era stata scoperta quella che fu ribattezzata dai media come la “Via degli Inferi”, quella che gli antichi nei loro testi avevano celebrato come l’entrata al Regno dei Morti, collocandola peraltro proprio in quell’area anche se a poco meno di un centinaio di chilometri di distanza da lì.
Si introdussero dopo qualche giorno, per la stessa apertura, altri curiosi, i quali riferirono al loro ritorno che, a protezione delle persone apparentemente inermi e spaurite che si potevano incontrare, erano accorsi altri soggetti dall’aspetto spaventoso che avevano urlato ai visitatori brevi frasi in una lingua del tutto sconosciuta. Ma poiché, dopo un primo momento di sgomento, gli stessi visitatori non si erano dati per vinti, avevano potuto avvedersi che chi aveva urlato loro contro stava raccogliendo tutta quella gente dall’aspetto smunto, come un gruppo ben addestrato di cani pastore, giusto per accompagnarla più in basso, in ulteriori cunicoli più profondi, protetti da un’oscurità totale.
Anche questi curiosi, quando tornarono presso le proprie abitazioni, non furono creduti. Le riprese da loro effettuate, pur questa volta con apparecchi professionali, non avevano di nuovo documentato nulla.
Fu organizzata nel giro di pochi mesi, una spedizione scientifica. Parteciparono una manciata di scienziati ma con attrezzatura molto sofisticata, persino con bombole di ossigeno e tute speciali termiche, visto che era stato detto che la temperatura là sotto, man mano che si scendeva, aumentava notevolmente.
Diversamente dalle prime esperienze riferite, alla spedizione ci vollero diversi giorni prima di incontrare qualcuno, così come fu poi relazionato. Chiunque abitava quei posti si stava spostando al centro e in basso della montagna.
Dopo circa una settimana, il gruppo era finalmente giunto a un’ampia sala scavata interamente nella pietra viva; da una specie di pozzo che si apriva sul pavimento furono intraviste delle luci che, se investite a loro volta dai fasci luminosi delle potenti torce degli scienziati, sparivano. Gli scienziati si accontentarono allora di rimanere al buio limitandosi a rivolgere la voce verso quelle fonti luminose accorgendosi però, solo dopo un po’, che si trattavano in realtà di sguardi umani. Qualcuno nel buio di quei luoghi li scrutava in preda a viva inquietudine. Nonostante i numerosi tentativi non fu possibile però per gli scienziati instaurare alcun tipo di comunicazione, udendosi infatti dal profondo della terra solo mormorii, fruscii e suoni indistinti.
Nel viaggio di ritorno, dei cinque scienziati, tre si ammalarono gravemente di una affezione misteriosa, uno addirittura impazzì. Il quinto, il prof. Arthur J. Sørensen, della Regia Accademia danese, l’unico apparentemente in piena salute, iniziò un ciclo di conferenze per divulgare quanto avevo visto e i risultati che aveva raccolto. Secondo lui, il varco denominato “B-U403K”, costituiva una scoperta di eccezionale valore scientifico e andava approfondita. Era necessario quindi finanziare una seconda spedizione oltre che interdire l’accesso al varco a tutte le persone improvvisate che, alla ricerca di sensazioni forti, continuavano a entrarvi a rischio della vita.
Nonostante l’opposizione del Vaticano, le prese di posizione degli immancabili negazionisti e le critiche irridenti di chi sosteneva che si trattava solo di una astuta manovra pubblicitaria per la imminente edificazione, nei pressi del Lago, di un lussuoso resort che sarebbe stato denominato “El Diablo”, il prof. Sørensen ottenne gli sponsor sufficienti.
Quando oramai tutto era pronto, una scossa di terremoto ancora più forte della precedente fece crollare la galleria di accesso per chilometri.
Per qualche tempo si provò a scavare ma poi l’impresa fu abbandonata per gli eccessivi costi.
Trascorsero ancora alcuni anni fino a quando nessuno ne parlò più.