Il drone

droneLo scatolone ingombrava il vialetto come un senso di colpa difficile da nascondere.
«Cos’è questa novità?» gli chiese la moglie con tono inquisitorio appena vide comparire l’uomo con aria innocente.
Lui alzò le spalle, quasi per sottolineare: ‘è inutile che te lo spiego, tanto non capiresti’.
«E allora?» insistette lei, indispettita per quel protervo silenzio.
«Un drone» sbottò lui in modo liberatorio.
«Un che?»
«Appunto!»
Nelle ore seguenti si mise sul prato a montarlo. Per fortuna il manuale era chiaro e, a parte un paio di volte in cui una vite o un bullone gli caddero nell’erba, il lavoro fu completato in breve tempo. Fece subito alcune prove nel giardino di casa. Il controller era il suo stesso telefonino che gli consentiva di vedere in soggettiva quello che la videocamera inquadrava. Prese subito confidenza con il sistema e sollevò il drone all’altezza delle fronde delle querce intravedendo, tra i rami, nidi di uccelli e una civetta che, con un occhio solo aperto, seguiva preoccupata le manovre di quello strano oggetto in avvicinamento. Biagio si sentiva felice.
La moglie, invece, che ogni tanto sorvegliava l’uomo dalla finestra della sala, scuoteva la testa: le aveva promesso che avrebbe imbiancato il garage e, invece, eccolo lì, come un ragazzino, a giocare con un modellino telecomandato.
«Avevi detto che andavi a comprare il pollo arrosto…» fece lei a un certo punto sporgendosi dalla finestra, contenta di aver trovato una scusa per distogliere il marito da quella occupazione. «Se non vai ora, non ce lo tengono.»
«Non basterebbe telefonare?» obiettò lui non distogliendo lo sguardo dalla consolle che ora inquadrava le tegole del tetto mostrandogliene una rotta.
«Non prendono le prenotazioni per telefono, caro, bisogna andar lì e lasciare il nome…» ribatté lei non riuscendo a frenare il sorrisino che le era spuntato sulle labbra.
Biagio sbuffò. Controllò l’orologio: in dieci minuti sarebbe andato e tornato e avrebbe avuto ancora almeno un paio d’ore tutte per sé.
Di minuti ce ne mise sette. Ma quando entrò nel suo giardino, alla consolle ci vide il figlio dei vicini. Un ragazzino fin troppo vispo per i suoi gusti che non aveva ben chiari i concetti di proprietà e di privacy. Il ragazzino, appena vide Biagio, anziché scusarsi, esclamò:
«Ehi, fichissimo ‘sto coso…»
Biagio gli strappò di mano lo smartphone cercando di carbonizzarlo con gli occhi. Poi, facendo una rapida verifica, si accorse che il drone era ai limiti della sua capacità di ricezione. Si trovava dalle parti del fiume, più a valle, nel sedime di quello scorbutico del Bacci. La webcam stava riprendendo una baracca abusiva con dentro polli, tacchini e un cane che abbaiava forsennatamente contro quell’intruso che gli volava sopra la testa. Biagio diede il comando per far rientrare il drone, ma, per la troppa distanza, l’apparecchio rispondeva in modo discontinuo. Aveva solo ottenuto che ruotasse a 180°. Giusto in tempo per inquadrare la canna brunita di una doppietta che quasi toccava la telecamera e, dietro la doppietta, un contadino con una faccia tra l’arcigno e il compiaciuto. Poi uno sparo e la ripresa cessò.