Voci nel tempo

Il cellulare squillò una volta sola, tanto che quando dissi ‘pronto’ pensai non ci fosse nessuno all’altro capo del filo.
«Ciao» sentii invece mormorare all’apparecchio. E quel suono mi parve subito irreale tanto proveniva da un passato lontano.
«Ciao» risposi io trattenendo il fiato.
«Mi hai riconosciuto?»
«Come potrei dimenticare la tua voce? Come stai, Marta? Che piacere sentirti, dopo tanto tempo…»
«Sono ventidue anni fa… ventidue anni, oggi…»
«Non l’avrei proprio detto. E che cosa mi dici di te?»
«Dopo che ci siamo lasciati, anzi dopo che tu mi hai lasciato, intendi dire? Ho incontrato un uomo, qualche anno dopo, e ci siamo sposati: ho avuto anche una figlia… ma poi nulla è andato per il verso giusto.»
«Mi dispiace Marta, mi spiace davvero, anche per come sono andate le cose tra noi…, non abbiamo mai avuto un vero chiarimento per quello che è successo e ogni tanto ci penso ancora: avevi diritto a una spiegazione, mentre io…»
«No, no, lo so benissimo che non ti dispiace affatto, ma ora non ha più alcuna importanza, credimi; appartenevo a un ceto di bassa estrazione, se questo poteva voler significare qualcosa, e tu invece provenivi da una famiglia agiata e avevi la tua bellissima carriera da fare; no, non potevi rimanere al paesello con una come me. Avrei stonato nei salotti bene, l’ho capito persino io senza fartene mai una vera colpa; perdonami piuttosto se ti ho chiamato; non volevo affatto recriminare, ma solo ricordare per un attimo i vecchi tempi e riprovare quella belle sensazioni che mi dava l’ascoltarti.»
«E te le do ancora?» chiesi pentendomi subito di aver fatto una simile domanda.
«Oh sì, eccome…»
Poi si udirono dei rumori di sottofondo. Marta, coprendo probabilmente il ricevitore con una mano, stava parlando con qualcuno.
«Mi stanno chiamando » disse riprendendo la conversazione. «Devo proprio andare. È stato bellissimo risentirti. Allora ciao.»
«Ciao, Marta.»
Un’ondata di ricordi mi saturò la memoria. Mi ritornarono alla mente il suo viso dolce, le lunghe passeggiate, l’amore acerbo ma intenso, le promesse non mantenute. Una malinconia sottile mi s’infilò sotto pelle come una malattia rapida e devastante. Ripresi il telefonino in mano e chiamai Berto. Lui era rimasto al paese, proprio come Marta. Chiamarlo non sarebbe servito a nulla, lo sapevo, ma mi avrebbe fatto sentire forse un po’ meglio. Ma più discorrevo con lui e più mi accorgevo di non aver il coraggio di parlare di lei. Feci un bel respiro e, troncando a metà il suo discorso, gli chiesi:
«Sai, mi è successa una cosa davvero strana. Mi ha appena telefonato Marta Ciolli, te la ricordi? Quella ragazza con cui mi dovevo sposare quando abitavo lì: una biondina di Collefili. Come sta veramente? L’ho sentita molto giù…»
«…»
«Berto!?! Ci sei ancora?»
«Stai scherzando vero?»
«No, perché?»
«Perché Marta è morta in un incidente stradale dieci anni fa.»

Sotto il maglione

D’improvviso nascondi il tuo viso sotto il mio maglione. Il tuo profumo mi entra dalle narici e si scioglie in un languore che mi dà l’abbandono. Ti sento sorridere lì sotto, di quel tuo sorriso senza il quale la mia anima sarebbe una culla vuota. Sento la punta fredda del tuo naso sul petto e i tuoi capelli leggeri, mentre la mia mente a poco a poco si ferma.
Solo note d’acqua nell’aria e le tue mani a modellare, ancora una volta, i miei sogni.