Perl

cane e gattoOggi sono proprio di cattivo umore. Questa notte non ho chiuso occhio. Il chip della Realtà Aumentata si deve essere guastato. Per carità, da quando c’è si fa fatica a credere come si sia potuto un tempo stare senza. Avere informazioni approfondite della realtà che ti circonda, degli alert sulla sicurezza personale e degli sconti praticati in zona, per citare solo alcune delle migliaia di risorse contestuali a disposizione, è impagabile. Anche l’alloggiamento nella tasca cutanea del deltoide, dove ora lo mettono subito dopo la nascita, è veramente comodo e non si sente neppure. Ma la questione è un’altra: da quando, una ventina d’anni fa, hanno vietato che potessero essere spenti o staccati in modo autonomo dall’utente, è diventato, diciamolo pure, un vero problema se qualcosa non va. E infatti, mentre dovrebbe mettersi in pausa automaticamente, alle prime emissioni di onde theta dal cervello in fase di addormentamento (per poi riaccendersi in modo autonomo appena ci si sveglia) invece non si spegne affatto. Così, rimanendo sempre attivo e accorgendosi per di più che sono giocoforza sveglio, continua, oltre a tutto il resto, a inviarmi pubblicità, le ultime news, la posta quotidiana e tutti i messaggi video e testuali cui sono abbonato. Un vero incubo. Questa mattina, alle due e mezza di notte, l’UltraMarket sotto casa mi comunicava con squilli di elettrokornamuse a tutto volume che le pantofole telecomandate Plink, originali, erano in offerta a 3×2. Roba da matti. Che mi è venuta pure voglia di scendere a comprarle.
Il nostro tecnico di condominio, cui normalmente ci si rivolge per guasti come questi, è ovviamente in ferie su Amazon5 e, per ragioni di budget, non c’è nessuno che lo sostituisca fino a martedì prossimo.
Ho provato anche a vedere su MegaNet se potevo autoripararmi con uno dei tanti tutorial disponibili, ma temo di aver peggiorato la situazione perché adesso mi compare ogni mezz’ora un bambino bruttino con tre capelli in testa e due denti in bocca che mi canta tutte le ninne nanne dell’Universo con una cantilena demenziale e insopportabile.
Come se poi di problemi con i bambini non ne avessi già abbastanza.
Mia nipote, da una settimana, si è trasferita infatti da me (provvisoriamente dice lei) con il suo bimbo piccolo che piange in continuazione. Che poi più che un pianto sembra un allarme tanto che il mio malandato chip della Realtà Aumentata, registrando quel suono stridulo e ondeggiante, si mette a passarmi tutte le misure da adottare in caso di incendio: dall’ordine di evacuazione all’indicazione della più vicina area di raccolta.
Ho provato anche a mettermi in contatto via chip con il Centro di assistenza per la Realtà Aumentata. Ma per il malfunzionamento anomalo dello stesso dispositivo sembra che a loro risulti essere solo un problema di upgrade sicché mi imbottiscono di programmi di aggiornamento: a voglia a spiegar loro che il problema è un altro. Il computer comunica loro che il sistema operativo è obsoleto e tanto basta: il computer non mente, sostengono, io evidentemente sì. È che non ne posso più di essere aggiornato sui mille e un modo per allevare i bachi da plastica o di come si può cucinare l’armadillo in umido. Ho solo bisogno di dormire. Sono convinto che pensino che io li voglia imbrogliare per poter richiedere formalmente il Sedativo di Stato. Ma io non lo voglio, non ho bisogno di quella robaccia: sono già rimbecillito di mio.
Così, dopo un po’, il Reparto Upgrade & Reset del Centro di assistenza, non riuscendo a trovare la soluzione, mi passa il Reparto Guasti Improvvisi e Non Tabellati che subito mi dice che è invece un problema di Upgrade & Reset sicché mi ripassa il Reparto precedente e si ritorna daccapo. Ieri è successo quattro volte. Fino a quando una signorina gentile di Upgrade & Reset mi ha chiesto se doveva mandare al mio indirizzo una SPIO (Squadra di Pronto Intervento Operativo), visto che si sentiva suonare a casa mia l’allarme.
È quello che mi è successo del resto anni fa quando avevo Perl.
Perl era il mio fantastico cangatto. Un ibrido magnifico che mi ha fatto tanta compagnia fino a quando non si è ammalato. Mi sono rivolto al Servizio Vet on-line Gatti e Gattili ma lì mi hanno chiarito subito che il mio non era un gatto ma un ‘cangatto’ sicché non potevano fare nulla per lui. Così mi hanno passato cortesemente il Servizio Vet on-line Cani e Canili, che, con altrettanta sollecitudine, mi hanno spiegato di nuovo che il mio pet (quando si dice il caso….) non era un cane ma un ‘cangatto’ sicché non potevano fare nulla. Dico io: fanno gli ibridi e poi non sanno come curarli. In fondo l’importante è venderli, come al solito.
Il rimpallare folle da un veterinario all’altro è durato un bel po’ fino a quando un brutto giorno Perl è scappato di casa. Sulle prime ero disperato. Poi mi hanno spiegato che fanno così, i cangatti. Nel senso che quando stanno male e nessuno li cura se ne vanno via per trovare da soli una soluzione. Non si sa a chi si rivolgano e purtroppo, una volta guariti, di solito non tornano più perché, a causa dell’ibridazione, acquistano in intelligenza e umorismo ma perdono in memoria a lungo periodo; e il rilevatore GPS, inspiegabilmente, va fuori uso. O forse sono loro piuttosto che lo mettono fuori uso per non farsi più rintracciare. La verità è che si sa ancora davvero molto poco di loro. Povero Perl. Spero che stia bene, ovunque si trovi.
Scusate, mi stanno chiamando dall’Assistenza. Spero abbiano buone notizie per me.
Allora ciao, ci si prende.

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Spiro Tanz

Sono davvero un maleducato. L’altra volta che ci siamo visti al molo mentre aspettavo la mia balena delle 17 non mi sono presentato. A mia parziale discolpa devo dire che andavo di fretta. Ma ora sono qui a casa, nel mio studio, e ho tutto il tempo. Sono con il mio mosconvespa da compagnia e tuttofare. Sapete, ora li fanno tutti colorati e di ogni foggia: il mio è giallolimone, del colore dei limoni di una volta, intendo dire, con le ali fosforescenti, e diffonde del piacevolissimo jazz; jazz perfusion ovviamente, con le contaminazioni acquatiche di Atlas9000 che adesso vanno per la maggiore, tipo Abissi & Ecoscandagli.
Il mio mosconvespa è multiaccessoriato. Mi sveglia alla mattina, mi ricorda gli appuntamenti, ha i codici domotici di casa, sicché aziona per tempo la macchina del caffè, accende lo stereometeo o la TV microcellulare a seconda del giorno; ho appena scaricato l’upgrade dal sito e ora sa rispondere alle mail e mi dice cosa manca nel frigoforno e se ho dei prodotti in scadenza. Utilissimo, insomma. Se non fosse che è geloso della mia fidanzata, Amelia. Le fa i dispetti di continuo, come quando le prepara il caffellatte e finge di essersi sbagliato e mette il sale al posto dello zucchero di cozza. O come quando Amelia deve andare in bagno e lui le sigilla elettronicamente il coperchio del water. Amelia per fortuna non se la prende e si mette a ridere. Mi dice che se dovessi rompere con lei io e Cammillo (sì, è scritto proprio con due emme, così almeno mi hanno detto che si chiama all’Allevamento, esagerando anzi con le emme) faremmo una gran bella coppia e non avrebbe rimorsi in questo senso; ma non credo di aver capito bene cosa volesse dirmi con questa frase.
Prima avevo due farfanzare (ibridi di farfalle e zanzare), ma non andavano d’accordo fra loro; forse perché una era cinese e l’altra non ho mai saputo di che nazionalità fosse. Anche se erano certificate, non s’intendevano tra loro e facevano solo disastri. Si scontravano in volo oppure non si coordinavano nei compiti da sbrigare sicché, mentre una rifaceva una parte del letto, l’altra la disfaceva e se una prenotava il tavolo al pizzodromo l’altra lo disdiceva. Perché poi una farfanzara per lavorare bene debba essere sempre in coppia, non si sa e nessuno lo spiega. C’è poca chiarezza sul punto.
Sta di fatto che ho dovuto darle via e ora con Cammillo mi trovo bene. Mi costa solo un po’ di più in sterco sintetico di pollo (il Supersterco, com’è comunemente chiamato) che è caro, come si sa (perché quello vero è diventato introvabile dopo la Grande Epidemia); inoltre, diversamente da altri suoi colleghi, vuole solo il lunedì libero e quindici giorni di ferie l’anno. Dice che va al Raduno ‘AdUnoAdUno‘ giù a Mendelev City dove non fanno altro che parlare dei bei tempi passati in cui i Mosconvespa erano liberi e non dovevano lavorare per vivere. Roba da matti. Anche se poi, prima di partire, Cammillo mi fa sempre trovare un regalo sul cuscino. Con tutta probabilità perché si sente in colpa e vuole farsi perdonare.
L’ultima volta mi ha regalato un Rospo Scacciaguai. È in ceramica vetrovinosa, un materiale sottomodulare che non si trova neppure più nei Mercati Sotterranei. L’altro giorno, mentre estrofletteva la sua lingua a ventosa che usa per purificare l’ambiente (il Rospo è infatti un simpatico Extrafiltro faidatè che distrugge gli Acari volanti) è caduto dal comodino e si è rotto un orecchio e una zampa. Per fortuna il Rospo è trattato con il nuovo syntoGSK26.21, sicché gli sono ricresciute le parti rotte in soli dieci minuti, anziché in un giorno. Fa un gran bel lavoro, quindi, e sono soddisfatto. Oltretutto, ogni trenta secondi, proietta dagli occhi contro il muro di fronte, sia l’Ora Reale che quella Ipotetica e addirittura quella Scalare. Niente male, vero? È per questo che ho apprezzato molto il regalo. E al suo ritorno, al ritorno di Cammillo voglio dire, gli ho fatto trovare una doppia razione di Supersterco.
Va bene, si è fatto tardi: mi ha fatto piacere parlare con voi.
Oh… ma che sbadato! Ci stavo cascando di nuovo. Non vi ho detto come mi chiamo!
Mi chiamo Spiridione, come mio nonno; che sono sicuro avrebbe tanto apprezzato se non fosse che, da una trentina d’anni, è immerso in un brodo di liquido amniotico ionizzato. Un giorno vi spiegherò meglio cosa gli è successo.
Di cognome invece faccio Tanzetti. Non Tånzhetti o Tann Zettyy come scrivono in tanti, ma T-a-n-z-e-t-t-i, semplicemente; proprio come lo scovolino per sturare i condotti di scarico dei missili a lunga gittata. Ecco, quello! Ma gli amici mi chiamano solo Spiro, Spiro Tanz. E così potrete fare anche voi. Bello, vero?
OK, ora mi guardo un po’ Felix, la mia pianta carnivora da guardia che mi sta crescendo sul tetto: ci si prende, allora.

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Non-sense

Sto aspettando da un quarto d’ora che passi la balena delle 17. È in ritardo, come al solito. Proprio oggi che devo raggiungere il nuovo Park Romero, su a Duumlandia, e contare le foglie nate sul Nuovo Eucalipto Superibrido; questa follia del censimento imposto dall’Ecomania di Stato sta facendo impazzire un po’ tutti e i Contatori di Foglie come me hanno un calendario fittissimo; per fortuna è un lavoro strapagato, anche se bisogna stare attenti perché le foglie del Nuovo Eucalipto Superibrido, com’è noto, mordono.
Jeena, la balena che già doveva essere qui, ha sostituito da poco Zelda andata in pensione per raggiunta anzianità di servizio; e sebbene non sia puntuale come l’altra è molto più performante; al Capo dei Tre Fari, dà un colpo di coda e prende il vento che vien giù dalla Valle e in un attimo raggiunge la quota di crociera superando tutto il traffico delle 18. Non si fa in tempo a mangiar lucciole candite che si vedono già le luci del balenaporto di Duumlandia. Sì, non c’è proprio confronto con quella di prima, che era simpatica e giocherellona per carità, ma antiquata; anche se la puntualità non è cosa per Jeena. Dicono tutti che si fermi nelle Insenature a causa di un capodoglio per cui ha perso la testa; se fosse vero ci sarebbe davvero da scrivere una letteraccia alla Società. Con quello che fanno pagare per il biglietto!
Certo, potrei anche buttarmi in acqua e usare queste pinne che mi sono cresciute al posto delle mani; forse farei prima ad arrivare ma non ho voglia di bagnarmi e l’acqua di questa stagione è gelida; perché mi sono fatto crescere le pinne? Per fare uno scherzo agli amici. Avevo trovato le pillole su quel sito lì, che ora è tanto di moda, come si chiama?… ah sì: Additivi & Diversivi, e non ho saputo resistere. Non c’è niente da dire: per essere delle belle pinne sono proprio belle; avrei voluto anche le pasticche che fanno crescere le branchie ma erano finite. Certo, non ho capito come si faccia a rendere il processo reversibile e tornare ad avere le mie mani di prima, ma la pubblicità diceva che era una procedura facile facile e bastava solo fare un non so che non ho ben capito. Quando mi è arrivato con la scatola il foglietto delle istruzioni era tutto scritto in Jakkar corsivo; perché solo i Jakkars sanno fare queste cose; da quando li hanno fatti venire da Plato 3 hanno inondato il mondo di pillole, pasticche e compresse dagli effetti più buffi e divertenti. Ma se si mettono a parlare o scrivere non li capisce mai nessuno anche se a loro non importa niente perché tanto vendono lo stesso (e pure tanto), guadagnando un sacco di chiodi di garofano di cui sono ghiotti.
Va be’, nell’ipotesi che le pinne fossero irreversibili vuol dire che mi taglierò entrambe le mani e starò una settimana a casa il tempo sufficiente che mi ricrescano. Certo, se avessi saputo per tempo che mi avrebbero proposto il lavoro di Contatore di foglie, laggiù a Park Romero, non avrei preso quelle pillole; contare le foglie con le pinne infatti è oltremodo complicato e mi prendono tutti in giro perché non faccio altro che perdere il conto e iniziare da capo.
Ah, ecco che sta arrivando la mia balena… corro a prenderla.
Ci vediamo allora domani o fra un anno… Mi han detto infatti che l’Eucalipto Superibrido è alto 86 metri e di foglie deve averne un fantastiliardo. Che se ne faranno di un Eucalipto così alto non si sa. Anche se il gusto di patatine fritte delle foglie è particolarmente notevole.
OK, ora vado: ci si prende, allora.

(Nessuna balena è stata maltrattata durante la redazione di questo racconto)

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