Questione di minuti

Il campanello suonò più volte. Chiunque fosse alla porta aveva fretta.
Solo dopo un po’, quando le scampanellate si ripeterono più volte con ottusa insistenza qualcuno aprì.
«Finalmente!» esclamò l’uomo accigliato. Il ragazzo che era sulla soglia aveva gli occhi rossastri e gonfi. Quando vide l’uomo davanti a sé scoppiò a piangere e, coprendosi il viso con entrambe le mani, tra singhiozzi che gli scuotevano il petto, fuggì via lasciando aperta la porta.
L’uomo entrò con minor baldanza e, sulla soglia, si voltò in direzione dei due uomini vestiti di blu che erano rimasti indietro; fece loro cenno di entrare. Non c’era tempo da perdere, lo sapevano bene: ogni minuto che passava poteva essere fatale. Entrarono nella casa lasciandosi guidare dalle voci che sentivano di lontano oltre che da una luce che filtrava indiscreta dal fondo di un corridoio. L’uomo che era entrato per primo si tolse il cappello come fosse entrato in un tempio dedicato a qualche divinità in cui credeva; si inoltrò di qualche metro mentre gli altri due, dietro di lui, lo pressavano da vicino giusto per fargli capire che non era il caso di essere né incerti né dubbiosi: bisognava agire e subito.
Quando entrarono nella stanza dove erano i Jennings qualcuno aveva posato un foulard sulla lampada a creare una luce soffusa. C’era un odore indecifrabile, di guasto, di fine ineluttabile. Accanto al lettino ove quello era disteso immobile, la famiglia Jennings si era raccolta al completo, lo sguardo sperduto, la faccia affilata.
«Papà ti scongiuro… non possiamo aspettare?» implorò il ragazzo.
Il padre stava per dire qualcosa alle persone che erano appena entrate quando l’uomo con il cappello fece un passo avanti:
«Signor Jenning, abbiamo un contratto… se lo ricordi» fece recuperando quel piglio risoluto per cui era stimato nell’ambiente «…lei non può ora…. del resto, abbiamo pagato bene… venendo incontro a ogni sua richiesta». E non appena papà Jenning, rassegnato, abbassò di nuovo lo sguardo i due uomini vestiti in blu uscirono da dietro l’altro come gatti affamati e si misero ciascuno a un lato diverso del lettino tirando fuori l’occorrente. Il ragazzo cominciò a lamentarsi a voce alta e ad agitarsi; la madre lo abbracciò forte trascinandolo fuori dalla stanza.
«Per l’espianto ci metteremo pochissimo tempo…» cercò di rassicurare l’uomo con il cappello.
«Ma Lui… Lui se ne accorgerà?» chiese papà Jenning con la voce incrinata.
«Assolutamente no, non si preoccupi… ci atterremo alle linee guida…»
«Vederlo così, dopo tanti anni è roba da non crederci…» fece papà Jenning scuotendo la testa «sembrava essere eterno… un tuttofare fedelissimo.»
«Il robot modello T-583 ha una motherboard che non dura più di vent’anni e, in questo caso, ne sono passati venticinque…» chiarì l’uomo con competenza «…mentre le placche di iperianto sono invece introvabili sul mercato e possono essere facilmente riconvertite in chips di nuova generazione o in altra strumentazione digitale di eccellenza. È la cosa più giusta da fare, mi creda, sarebbe oltretutto uno spreco ingiustificabile.»
«Sì, capisco…»
«Bene, ora però si sposti, per cortesia… se il liquido refrigerante si scalda sarà stato davvero tutto inutile… Le assicuro è questione di minuti.»
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20 pensieri su “Questione di minuti

  1. bertri13340 – Rognac en Provence – Retraité très actif. Les sujets portés sont : la fibre optique, la production solaire, la pompe à chaleur (PAC), les économies substantielles, la Justice, actualité, les arts...
    Lorrain 13 il scrive:

    Mi piace questo blog per tutti gli sforzi fatti per ottenere questo risultato di limpidezza, chiarezza al fine di facilitare la navigazione del visitatore. Complimenti a te!

  2. Birbo Bicirossa – Ciao, voglio avvisarti che proseguendo troverai due blog di pessima satira e dubbio umorismo. Un consiglio, non seguirmi credendo che contraccambierò, perché di solito non lo faccio. 😁🤪😉
    Birbo Bicirossa il scrive:

    Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione… e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti non andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia, perché verrò riciclato, e una parte di me vivrà nel vostro nuovo iperapriscatole superaccessoriato!

  3. Meno male che era un robot…pensavo stessi narrando una vicenda con mostri meritevoli di pluriergastoli…avevo immaginato serial killers da schifo!!! Pure l’inferno sarebbe stato poco…figuriamoci l’ergastolo!

  4. annamariaarvia – Sono da sempre appassionata di libri e ne ho da poco pubblicato uno sulla mia esperienza di insegnante precaria nella scuola. Ho aperto il blog per scrivere su argomenti che mi interessano: da considerazioni personali a recensioni di libri a pensieri sulla scrittura, sperando di poterli condividere il più possibile e confrontarmi con altre persone che abbiano i miei stessi interessi.
    annamariaarvia il scrive:

    Verrà un tempo in cui i robot saranno considerati dei membri della famiglia con l’investimento affettivo che ne consegue, come oggi succede per gli animali domestici

  5. cindy knoke – https://cindyknoke.com/ I have stopped counting, which is a very good thing, but thank you sincerely for being here. Last count there were 1,110,870 internet views and visits. 125,268 wordpress comments and growing. Thank you & join us! I retired early after 27 years as a psychotherapist/mental health director (Cindy Barton LCSW) and moved to the outer limits of no-wheres-ville to a home I call "The Holler." My closest neighbors are coyotes (packs and packs of them and they are HUNGRY), rattlers (lots and lots of them and they are MEAN), and free range cows/bulls (the bulls aren't too friendly either!) Forget cell phones. They don't work out here. Forget GPS, it misdirects. It's best not to wander too much out here, the people (and their dogs) are kinda twitchy. To reach The Holler you turn right at the reeking chicken farm, down a bunch of pot-holed semi-streets/dirt roads, past the abandoned refrigerators and occupied old RV’s and then things get kinda dicey. My friends usual reaction to the trip to The Holler is, “You’ve got to be kidding!” Or, “Next time let’s meet half way.” This is our little bit of heavenly Appalachia right here in rural California. I blog about traveling, photography, Holler happenings, and anything else that strikes my fancy. Stop by the blog and take a peek. It’s safe. I promise. Cheers, Cindy~ This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-ShareAlike 4.0 International License.
    cindy knoke il scrive:

    Amazing photo!

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