«È oggi, cara, che deve venire la nuova badante?» chiese alla moglie rituffandosi subito nella lettura della pagina dello sport.
«Sì» disse Marta e si avvicinò alla madre indirizzandola alla sedia più vicina. «Ce l’ha raccomandata Teresa, la figlia della farmacista, dice che è quello che ci vuole per mammà… speriamo bene…». Poi rivolgendosi alla madre, a voce alta: «Vuoi un po’ di latte caldo, mamma?» La signora guardò la figlia come se non la riconoscesse e, dopo un tempo interminabile, assentì leggermente. La figlia le diede una carezza e le aggiustò attorno all’orecchio una ciocca bianca che le si era arresa sulla tempia.
In quel mentre suonò il campanello di casa.
Appena Livio aprì la porta vide una donna molto piccola, le gambe storte e un viso asiatico biscottato dal sole che lo osservava dal buio del pianerottolo; poi, senza neppure aspettare di essere invitata, entrò in casa.
«कहाँ छ?» disse emettendo suoni metallici e acuti, e infilandosi in cucina.
«Se non altro non perde tempo e ha il senso dell’orientamento!» commentò ad alta voce il marito richiudendo la porta.
«र ‘यो पुरानो छ?» insistette ancora la badante prendendo senza indugi per un braccio l’anziana signora e facendola alzare.
«Aspetti, dove va?» chiese Marta «aspetti… ma lei, scusi, non parla l’italiano?»
«हामी हिंड्न» ribatté seria la badante prendendo un piglio autoritario.
«Che lingua è?» fece il marito divertito mentre vedeva l’asiatica spingere la suocera verso la porta.
«Aspetti, le dico, prima parliamo… non si può portare via così mia madre come fosse un cagnolino e poi è in camicia da notte…»
Vedendo però che la badante non le dava retta, Marta andò a prendere il bastone da passeggio della madre e una giacchetta che le mise sulle spalle. Poi rivolse uno sguardo di supplica al marito.
«Ho capito, per un po’, senza farmi vedere, le seguirò.»
Dopo una mezz’oretta, Livio rientrò.
«Passeggiano ai giardini qui vicino» rassicurò la moglie appena la vide nel corridoio. «Sono entrambe tranquille e la badante è premurosa. Tua madre… però…»
«Mia madre?» chiese lei accigliata. «Cos’è successo a mia madre?»
«No, niente. È che sembra, non solo serena, ma pure ciarliera…»
«Mia madre parla? Ti sarai sbagliato! Dopo l’ictus emette solo suoni gutturali, lo sai.»
Dopo qualche minuto sia la badante che la madre fecero ritorno.
«ठीक छ, म जागिर» disse la badante strizzando gli occhi come se li avesse avuti contro sole.
«Non… non capisco…» ribadì Marta sconcertata, dando nel contempo un’occhiata alla madre nel cui sguardo scorse una luce nuova. «Questo della lingua sarà un bel problema!»
Poi la badante, rivolgendosi alla signora anziana, le disse: «पछि भेटौँला, Maria» e lei rispose: «पछि भेटौँला Nawang, र कुराकानी लागि धन्यवाद.»
Sei un bravo scrittore, sono venuta a trovarti. Questo racconto mi piace, perché dimostra come sia facile comunicare tra persone se c’è la volontà. Ti lascio, ho scritto troppo? Giusy
No, affatto, non hai scritto troppo, anzi…
Grazie per le tue parole.
Allora continuerò a venirti a trovare…Sai avverto troppo distacco tra blogger, a me piace istaurare amicizia con le persone. Con alcuni devo dire ci sono riuscita, ma con molti lo schermo rimane una barriera. Ciao e buona giornata, Giusy
Meriterebbe studi in merito. Bravissimo!
Sublime !!! Mi emoziona tantissimo….
Mi fa molto piacere, grazie
Prego, un dovere, scrivi da dio. Uno scrittore vero, difficile trovarne. Una gioia per pupille e cervice :)))
Proprio un racconto carino…..म जागिर… CIAO
😉
धन्यवाद, तपाईं धेरै दयालु हुनुहुन्छ
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Grazie per il reblog
bellissimo. chi vive in quei territori della vita davvero parla una lingua propria
Hai scritta una santa verità
il confine tra quella che noi chiamiamo vita, tra quella a cui noi pensiamo quando parliamo di vita, quel confine è a volte secco come il crinale di un monte, giorno, notte, ombra, luce, ed altre fatto di lunghi tratti di terreno pianeggiante cui arridono rari arbusti. in ogni caso chi lo varca, chi lo sta per varcare parla, per poco o per tanto, una lingua sconosciuta
Sì, è proprio così Sandro.
Grazie
Molto bella, come una favola.
Un bellissimo complimento, grazie
A volte la chiave è trovare una nuova lingua! Ma dimmi: scusa l’ingenuità. E’ davvero nepalese?!
Sì, è nepalese; perché, hai trovato un errore? 🙂
🙂 Ahahahah 🙂
Sono capitato sul tuo perchè tu hai messo mi piace ad un mio post. Ho fatto un giro e mi piace molto la tua idea e questo è il primo racconto che leggo. Beh, che dire: peccato che sia troppo corto ma è comunque un gran bel racconto 🙂
Grazie Matteo per le tue parole.
Scusa se i racconti sono corti ma siamo in spending review. 🙂
Sai quante volte parlando a mia nonna ho avuto per risposta discorsi di tema completamente diverso dal mio, non è un problema basta che l’anziana vede una figura premurosa che gli si rivolge, non importa in quale lingua una badante parli perché, anche se si esprimesse in italiano perfetto, forse l’anziana signora non capirebbe ugualmente, non riuscirebbe a prestare sufficiente attenzione al discorso anche se l’udito funzionasse ancora bene.
che fosse una maga?
Perché no?
Lo sapevo che non erano frasi scritte a caso…sarebbe stata la mia domanda se non avessi già trovato la risposta.
Molto bello 🙂
Mi piace curarmi di questi particolari.
Grazie
Post nel tuo pieno stile e con un finale impareggiabile. Complimenti e un saluto. Univers
Sei sempre molto gentile
Molto bello e contro il razzismo!
C’è sempre da imparare…
Mi sono divertito un sacco! L’ictus è un portento! La vecchietta parla indiano alla perfezione e si intende a meraviglia con la badante.
La figlia del farmacistaha colto nel segno. Madre di Marta con aqscendenti indiani, badante perfetta.
Sempre soprpendenti i tuoi post.
Hai anche capito che lingua fosse… sei un fenomeno
Dai simboli si dovrebbe trattare sanscrito. Nessun fenomeno.
Per esattezza è nepalese. Le frasi pronunciate dalla badante hanno un senso compiuto nella sua lingua. Questa è la traduzione delle frasi usate:
«Dove si trova?» disse emettendo suoni metallici e acuti, e infilandosi in cucina.
«E’ questa la vecchia?» insistette ancora la badante prendendo senza indugi per un braccio l’anziana signora e facendola alzare.
«Facciamo un giro» ribatté seria la badante prendendo un piglio autoritario.
«Accetto il lavoro» disse la badante strizzando gli occhi come se li avesse avuti contro sole.
Poi la badante, rivolgendosi alla signora anziana, le disse: «Arrivederci Maria» e lei rispose: «Ci vediamo Nawang, e grazie per la chiacchierata.»
L’avevo scambiato per sanscrito indiano, almeno a prima vista dalla grafia. Senza la tua traduzione non si sarei arrivato.
Il nepalese, però, è una lingua pahari ed è parlata, da quel che mi risulta, in Nepal, India e Bhutan. Dunque c’eri vicinissimo, per questo mi ero congratulato.
Magie degli ictus! 🙂
🙂
MI PIACE …fa capire che chi vuole comunicare un modo lo trova sempre…e forse chi non lo fa ha un buon motivo per non comunicare…molto profondo il senso e raccontato con una soavità che non appesantisce. Bravo!
Grazie Rosa
Quanto è corroborante questo tuo post! Con i miei vecchi ho avuto ben altre esperienze! 🙁
Lo so, sarebbe fin troppo bello risolvere i problemi con un po’ di immaginazione…
Magari … usare l’immaginazione e regalare un sorriso, il mondo sarebbe bellissimo … utopia lo so 🙁
Grazia alla tua visita mi hai permesso di conoscere il tuo blog, e ti ringrazio.Mi piace veramente … e questo racconto e delizioso! ♡ buona vita a tutti! Lisa
Questi asiatici… ne sanno una più del diavolo!! 😉
Grazie per la tua visita…il ti leggo molto spesso (anche se non sempre commento), il tuo è uno dei miei blog preferiti perchè adoro questo tipo di racconti.
Mi fa molto piacere, grazie
meglio di così non potrebbe andare