«Entriamo qui dentro…» gli disse d’un tratto tirandolo per il giubbotto. L’uomo quasi si spaventò per il modo repentino con cui glielo aveva detto.
«Dobbiamo entrare in una biblioteca? Adesso? A fare?»
«Chetati e vieni con me!»
La donna entrò decisa come se avesse sempre saputo dove andare. I passi liberarono un’eco irriverente tra le volte severe della biblioteca e un andirivieni assorto di giovani indaffarati la sfiorarono distrattamente. Dopo una decina di metri svoltò a sinistra per poi piazzarsi davanti a un ampio televisore acceso mentre su un pannello tutt’attorno grandi fotografie in bianco e nero documentavano la tragedia; scene crude dell’alluvione di cinquant’anni prima, scene violente di una realtà opaca, cupa, disperata. L’uomo finalmente la raggiunse anche se guardava più lei che il resto.
Sul televisore cominciarono così a passare spezzoni di brevi filmati amatoriali ma anche di telegiornali dell’epoca restituendo ciò che di ineluttabile quel giorno accadde. Si vedevano vetture sbattute qua e là dalla forza irosa dell’acqua come barchette di carta a demolire segnali stradali instabili come birilli; onde d’acqua sporca mista a gasolio rovesciarsi dalle spallette del fiume nelle vie della città a cercare una nuova strada che potesse contenerle; uomini e donne, dall’aria apparentemente composta, a spalar fango, a spostare libri, togliere detriti e quel che restava di un incubo che non voleva sciogliersi alle luci della sera.
«Ecco» fece lei con uno scatto verso il televisore e premendo il pulsante del fermo immagine. Il fotogramma mostrava il corpo di una persona che roteava a faccia in giù nella corrente melmosa come un manichino rotto. Lei prese il telefonino e lo fotografò. L’uomo, spalla a spalla, la guardò stupito per quel gesto inaspettato; ma la donna era immobile su quel fotogramma sospeso nel tempo.
«Lo conosci?» ebbe poi il coraggio di chiedere.
«Era mio nonno. Quel giorno dovevamo andare a trovarlo per trascorrere la giornata insieme; allora era festa nazionale, il 4 novembre; era sceso in cantina a prendere le bottiglie di vino per il pranzo quando l’acqua del fiume è entrata a tradimento dalla bocca di lupo e lui non è più riuscito a guadagnare le scale; quando l’acqua in pochi secondi ha saturato la cantina ha anche sfondato il muro come fosse d’ostia e lui ne è uscito trascinato via dalla forza del fiume. Lo hanno cercato per giorni. La furia del fiume se l’era portato giù a valle per chilometri senza trovare ostacoli, fino al mare.»
L’uomo si era fatto pallido ad ascoltarla: «Non… non lo sapevo, non me l’avevi mai raccontato… è terribile.»
«Pensa che viveva del lavoro nei campi, non usciva mai dal suo podere, anche se aveva sempre desiderato di vederlo, il mare. E il mare lo aveva accolto quella mattina come se aspettasse un figliol prodigo… solo che lui, il mare, non poteva più vederlo.»
Si fece un silenzio opprimente, soffocante, acido.
Poi lei si voltò verso di lui: «Ma dai… ci hai creduto!» fece lei aprendo il volto a un sorriso contagioso. «Non ho mai conosciuto mio nonno, non so nemmeno che faccia abbia! Va là che sei proprio un boccalone tu… ti bevi proprio tutto…» fece lei prendendo l’uscita.
«Figurati… l’avevo capito subito che stavi recitando…» rispose lui risentito mettendosi sulla sua scia «sei una brava attrice tu, te l’ho sempre detto.»
«Sì sì, come no?» fece lei facendo le scale di corsa. «E ora portami a mangiare che ho fame.»
Il rumore festoso della città li abbracciò entrambi come se fossero stati via per anni.
«Ah, mi sono dimenticata dentro il cellulare… aspettami qui, torno subito» fece lei tornando indietro.
Rifece di corsa tutto il percorso fino al televisore che mostrava ancora quel corpo immobile nell’acqua. Lei aprì la mano e la adagiò su quell’immagine.
«Ti penso sempre, nonnino caro. Vai, vai verso il tuo mare» sussurrò. E sbloccò il fermo immagine.
[space]
Molto realistico, si. Un saluto. Univers
Bellissimo racconto, commovente.
Questa estate ho visto parecchi filmati sull’alluvione di Firenze, soprattutto quello che aveva Richard Burton come dicitore e sono tornata indietro ai miei diciotto anni.
Buon inizio settimana e sempre grazie per i tuoi racconti.
Mitico pollo!
Mi lascia nel limbo…l’età della donna.. l’uomo con lei chi è? Come faceva a spaer che nel video ci sarebbe stata questa tremenda immagine?…
Bello, e inoltre capisco benissimo la reazione di quella donna, perché probabilmente al suo posto avrei fatto lo stesso.
A parte questo vorrei segnalarti qualcosa, ma visto che sarò noioso cancella pure questa parte. Qui noto un piccolo refuso … “Si vedevano vetture sbattute qua e è là”.
Poi all’inizio hai scritto “la vita di allora sembrava esservi rimasta intrappolata intatta: le botteghe degli ultimi artigiani, la vita che s’indovinava” … ecco, questa seconda vita è motivata o è nata per caso e sarebbe bene sostituirla con un sinonimo? Infine un apprezzamento, la frase “…togliere detriti e quel che restava di un incubo che non voleva sciogliersi nelle luci meditabonde della sera” forse è un poco pesante, ma è anche veramente bella. Bravo.
Sono osservazioni corrette.
Guardo cosa posso fare.
Complimenti ! Sempre bravissimo a scrivere racconti reali…così sembrano
Antico e moderno , sentimentale a strafottente , molto “vero”….
una tragedia di cinquant’anni fa e una donna che la celebra a modo suo. Il nonno? Forse era quello del fermo immagine ma dubito che fosse lui.
Ed infatti sembra che la donna non voglia creare nessun rapporto veritiero…forse ha solo voglia di un pasto …ahahah
Volevo attaccare il commento al punto in cui dici che l’uomo non è il suo…si è capito no?ovvio che importante è solo il pasto…o mi sbaglio?
Ciao
Anche 🙂
Il pollo era nel menù credo!
Come al solito 😋
quasi una scroccona…
Non ho compreso però la ragione per cui la donna sceglie di metire al proprio uomo su argomento così delicato e personale. Fosse stato un estraneo l’avrei compresa e appoggiata, ma in questo caso non ci arrivo
In realtà non c’è scritto che è il suo uomo.
Hai ragione, sarà stata una mia percezione
Forse dire le cose che non piacciono è talmente faticoso che molti preferiscono dire bugie o mezze verità…forse non dicendo la verità si racconta a se stessi quello che si vorrebbe che fosse…ma che non è …
Bellissimo pezzo…ciao!
Grazie da una fiorentina che ha avuto la fortuna di non perdere niente.
Un abbraccio.
Cavolo che emozione… Bel post☺
Mi incastri sempre!
Cavolo!
Come una vera principiante. Ma è proprio questo che fa dei tuoi racconti, una trappola travestita da sirena.
Sei un degno adescatore 😉
ma sei toscana?
Bello e toccante… complimenti ☺️