Aveva organizzato il vernissage un sabato pomeriggio, preceduto da un buona pubblicità e c’era stato anche un ottimo afflusso di gente ripetutosi per i primi giorni della settimana successiva e poi più nulla. Il bar era sempre vuoto. Forse il fatto che fosse stato per anni un posto mal frequentato si era radicato nell’immaginario collettivo imprimendogli un marchio indelebile. O semplicemente, per ubicazione, non era il posto giusto dove tenere aperto un bar anche perché lo ‘struscio’ consueto era tutto sulla strada parallela e nessun negozio nei paraggi vendeva griffes di rilievo.
Trascorsero altri giorni ed Estelle non faceva che pulire un locale già pulito; alla sera si disfaceva puntualmente dei panini e delle brioche diventate gommose gettando via anche i quotidiani che nessuno spiegazzava e leggeva.
Poi, un giorno, una persona anziana entrò nel suo locale. Ordinò una brioche alla marmellata di albicocche e un cappuccino. Aveva un cerotto all’avambraccio destro che fermava un batuffolo di cotone.
«Analisi?» chiese con un tono simpatico Estelle cercando di fare conversazione.
«Come?» fece l’uomo pensieroso girando il cucchiaino nella tazza «… ah sì sì, le analisi… le ho appena fatte al laboratorio qui vicino: dovevo essere a digiuno e ora ne approfitto per mangiare un po’» fece sorridendo, felice come un ragazzino.
Di lì a poco entrò una signora che chiese una cioccolata per suo figlio e un macchiato latte per sé; entrò anche un uomo che prese un caffè e poi una coppia di giovani che si sedette al tavolo d’angolo; nonostante che si tenessero in continuazione per mano come per non perdersi, fecero diverse consumazioni. Il vecchio si attardò ancora una decina di minuti e una volta uscito, non più tardi di un paio d’ore dopo, il bar era di nuovo vuoto.
Trascorsero tre mesi. Estelle era disperata per come andavano gli affari. Stava meditando di chiudere l’esercizio quando vide di nuovo varcare la soglia del bar il vecchietto dell’analisi. Era lì, davanti a lei, con il suo sorriso contagioso, che voleva la solita brioche con la marmellata di albicocche e il cappuccino. Di lì a poco il bar si riempì. Estelle non ci mise molto a capire che, se anche poteva sembrare solo una coincidenza, l’uomo, che di nome faceva Osvaldo, portava clienti in quel locale.
Estelle pensò allora, dapprima di offrigli la colazione, e poi di invogliarlo a venire più spesso dandogli l’incarico di comprare i giornali del mattino, di mettere le salviette di carta nei contenitori, di ricevere i clienti sfoderando quel suo sorriso gioioso, di sostituirla al banco quelle rare volte che doveva allontanarsi. E ogni volta Osvaldo, inevitabilmente, riempiva il locale.
Andò avanti così per diversi mesi tanto che gli affari cominciarono ad andare meglio; un giorno però Estelle perse di vista l’uomo. Si accorse d’un tratto che, dopotutto, sapeva ben poco di lui: conosceva a mala pena il suo nome e non il suo numero di telefono o dove abitasse. E ora era sparito. E ovviamente il bar era vuoto.
Tempo dopo entrò nel bar un uomo sui trent’anni.
«Desidera?» gli chiese Estelle.
«So che lei era molto affezionata a mio padre…» disse senza indugi guardandola dritta negli occhi. La donna non capiva. «Ma sì, Osvaldo Petrioli…» precisò facendole vedere una foto. «L’abbiamo seppellito ieri. L’ha investito un tram. Stava venendo qui da lei, quando ha attraversato la strada con il semaforo rosso. È sempre stato molto distratto, ma con l’età lo era diventato anche di più. È rimasto ricoverato in ospedale per più di un mese senza riprendere più conoscenza e poi purtroppo non ce l’ha fatta.»
Estelle si tappò la bocca per l’emozione e due grossi lucciconi comparvero all’angolo degli occhi.
«Gliela posso lasciare se vuole…» fece l’uomo alzandosi dallo sgabello e allungando verso di lei la foto. «A lui avrebbe fatto piacere. Le era molto affezionato, sa? Mi parlava spesso di lei.»
Estelle non riuscì a dire nulla; si limitò ad annuire e a stringere la mano all’uomo. La foto aveva catturato il sorriso simpatico e da ragazzino di Osvaldo; gli occhi azzurri, curiosi e sereni. Sembrava di averlo lì con lei.
E di lì a poco, nel locale entrò un uomo che ordinò un mocaccino, una donna voleva che le si incartasse una torta per il compleanno della sua bambina, un ragazzo chiese due panini da portar via e poi ancora due coppie di giovani che festeggiavano non so cosa, ma anche un’altra persona anziana che prese un caffè e una pasta e un bambino che…
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Non so se sia ispirata a una storia vera ma potrebbe benissimo esserla. Quelle cose che all’inizio sembrano casuali e insignificanti, poi ti accorgi all’improvviso di quanto fossero importanti. Forse perchè è tutto importante.. è venuta una lacrima anche a me
Racconto lieve e tenero. Credo esistano veramente persone che trasmettono sensazioni positive. A volte succede che entrando in un locale vuoto, ci si ritrovi poi con molta gente, forse ognuno di noi, a volte, può diventare un “Osvaldo” per qualcuno.
Non ci avevo pensato: hai proprio ragione. Ognuno è magico di per sé e può fare la differenza (se lo vuole).
Che dire…complimenti!
Molto bella, commovente, coinvolgente e toccante.
Grandi sentimenti.
I miei più sinceri complimenti.
MI piace leggerti, scrivi molto bene e tocchi il cuore, a volte, come in questo caso (altre mi spavento come un bambino).
Grazie
La cosa curiosa è che quando scrivo mi immedesimo così tanto in quello che faccio che quando poi mi rileggo mi spavento anch’io.
Grazie per essere passato.
🙂
Ma quanto sei grande, Maurizio?!
Ne sono convinta. Da sempre.
C’è sempre speranza nella vita…e poi nel sorriso.
La potenza di un sorriso a volte è inimmaginabile
A me piacciono le storie che finiscono bene che mostrano il mio lato migliore (e quello del mondo).
sheraconunabbraccio
Usi una lingua scarna, immediata e secca perché sai benissimo che la sostanza della storia ha una pregnanza assoluta di suo.
Guareschi scriveva così.
Non vi avevo pensato.
che dolce Osvaldo! Grazie per tutta la dolcezza che ci regali con questo tuo racconto
È davvero rilassante leggere storie come queste. Scritta davvero bene, dettagliata al punto giusto, lunghezza moderata e accattivante.
Che dire…’ottimo’!!!
Una piccola gemma di storia che lascia emozione. Un saluto. Univers
Bella la storia! Osvaldo mi ricorda il mio caro papà…
quando si legge qualcosa tutto d’un fiato…va bene a prescindere:-)
E’ bello rifugiarsi nei tuoi racconti 🙂
A volte ci vogliono piccole magie come questa!
Comunque, parlando di me, ho delle foto a cui sono affezionata che guardo sempre …inoltre ci sono persone che riescono a mandare energia positiva attraverso la foto…cioè portano fortuna al/i soggetto/i in foto…
CIAO
Ciao racconto dolce, struggente ed emozionante fino alla fine.
Osvaldo è un angelo che porta cose buone!
Sono ripetitiva…..complimenti è un crescendo di piacere leggerti
Elena
Grazie Elena
Bellissima storia… buona giornata, con sorriso!
Un sorriso anche a te
Molto bello… complimenti.
Buona giornata
Marco
Una storia molto tenera …forse vera…un abbaccio ad Osvaldo e a tutti quelli che vi contagiano con il loro sorriso.
Felice settimana!
Dicono che se ci si alza con il sorriso la giornata ti sorriderà. Ci devo provare.
Che bella questa tua novella!
Grazie
Osvaldo era il portafortuna di Estelle. La foto ha funzionato come la presenza dell’uomo. E’ stato il suo lascito ereditario.
Molto diverso dai soliti racconti ma ugualmente gradevole da leggere. Delicato, lieve con un pizzico di sale per insaporire la storia.
Mi piace l’idea del pizzico di sale.
il pizzico di sale sta proprio nell’idea di Osvaldo, che vivo o morto, porta clientela a Estelle
😉
Comunque i defunti sono in grado di aiutare i loro cari e le persone a cui hanno voluto bene…ne sono convinta…
Molto delicato…mi fa pensare a quanto più bello sarebbe il mondo se ci fossero più Osvaldi….
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Si…ci sono persone che quando abbandonano un posto portano via la buona sorte…ci credo a questa cosa. Ne ho avuto prova! Ottimo pezzo…ciao!
Proprio commovente!
bellissima storia per iniziare la domenica! Ti segnalo due errori di battitura, come si diceva un tempo. 1. Andò avanti per diversi mesi tanto che gli “affare” … 2. So che lei era molto affezionato a mio padre ( ma Estelle è una donna)
Buona giornata Briciola e scusa le puntualizzazioni , sono il correttore semiautomatico!
No no, anzi, grazie. Correggo subito
Un racconto delizioso!
se basta la foto, a pensarci prima Osvaldo avrebbe potuto spedirla con beneficio di entrambi
ciao
commovente,una bellissima storia che lascia tracce…