Dopo le prime settimane di acuta disperazione, la prese come una inaspettata opportunità. Come in quel film americano dove il protagonista, che per lavoro faceva il ‘tagliatore di teste’, andava in giro per gli States a licenziare i dipendenti in esubero delle società in crisi finanziaria. Sì, dopo tutto, c’era quel suo vecchio sogno da realizzare che aveva dovuto accantonare quando aveva deciso di sposarsi e ora, che gli si era azzerata ogni prospettiva, poteva pensarci seriamente.
Così quel mattino si vestì con giacca e cravatta, anche se era non affatto necessario per una prova scritta (ma non si sa mai nella vita gli aveva sempre ripetuto la madre) e partì per la grande città. Il concorso era stato bandito da tempo, ma era riuscito a presentare all’ultimo momento le carte necessarie per potervi partecipare.
La notte dormì poco e il viaggio in treno lo incupì ancora di più perché le prime luci del giorno sembravano non voler più sorgere dal mare.
Arrivò al Palazzo dei Corazzieri, in pieno centro città, molto presto, ma c’era già una lunga fila di candidati che si snodava dal portone settecentesco riempiendo l’ampia Scalinata Monumentale e parte del Giardino dei Popoli. Erano tutti giovani o giovanissimi e, un po’ per l’età un po’ per il vestito, lo scambiarono per uno dei componenti la Commissione. Poi, all’improvviso, aprirono il portone massiccio e subito sciamarono dentro in migliaia, vociando e scherzando, come se fosse un giorno di festa. Il suo numero di candidato corrispondeva a un’aula enorme, forse la più grande tra le tante, dove il suo banco appariva ancora più minuscolo di quello che era. Non c’era neppure il suo nome e cognome sul pianale ma solo una serie impressionante di cifre. Si immaginò per un attimo dall’alto: pareva un’aringa in un mare di aringhe, in un oceano immenso.
Iniziarono a dettare un’ora dopo. In quello stanzone l’acustica era pessima e così sentì solo una parola su tre. Gli venne il panico. Se non avesse capito il tema come avrebbe potuto svolgerlo? Si guardò attorno, ma era l’unico che non aveva capito. Gli altri partecipanti erano tutti chini sul proprio foglio e stavano riportando diligentemente quello che avevano sentito.
Di lì a poco iniziò la prova e tutti si misero a scrivere come se non avessero aspettato altro. Chiese allora al vicino se gli dava la traccia ma gli rispose male. L’altro candidato non gli rispose affatto mentre il terzo minacciò di chiamare il sorvegliante.
Cominciarono a passare i minuti e con i minuti la prima mezz’ora. Non c’era nessun membro della Commissione cui rivolgersi per completare la traccia. Si stava agitando sempre più.
Intravide allora, mentre si recava in bagno, la figlia di una sua vecchia amica. Poteva farsi dare da lei il titolo completo. La intercettò mentre usciva dalla toilette.
No, non l’aveva capito neppure lei, gli disse, anche se lui aveva ben compreso invece che non era affatto vero; anche perché la ragazza gli rinfacciò che ricordava benissimo che lui aveva lasciato la madre vent’anni prima e lei bambina senza una spiegazione plausibile. ‘Ma diosanto‘, le obbiettò, ‘eri tanto piccola come puoi ricordarlo? E poi è una storia molto più lunga e complessa di quello che pensi e non è tutta colpa mia’. Ma lei, dura, gli suggerì di rivolgersi al pian terreno, alla stanza 88, lì gli avrebbero dato la traccia completa. C’era un ‘ufficio apposta’. Lui guardò l’orologio con angoscia: aveva perso un’altra mezz’ora.
Così scese alla stanza 88. Ma poi gli spiegarono, in realtà, che l’’ufficio apposta’ si trovava al piano superiore, alla stanza 108, che però non c’era. C’era invece la 107 dove un impiegato scorbutico, senza neppure alzare lo sguardo dal computer, gli fece notare che a quel piano non ci potevano stare i candidati e che l’ufficio che cercava era stato da tempo soppresso; sarebbe bastato del resto chiedere a un componente della Commissione. L’impiegato lo invitò quindi, in malo modo, a uscire dalla porta che indicava imperiosamente, porta che lui varcò senza convinzione. E infatti si ritrovò in un lungo corridoio spoglio e bianco che dava su porte tutte uguali e bianche. Non si capiva più a che piano fosse né in quale parte del palazzo dei Corazzieri si trovasse. Il mare che avrebbe dovuto essere a sud aveva lasciato il posto a vicoli stretti e bui dove il cielo sembrava non esistere. Infilò di fretta, non appena la scorse, la porta di fondo che recava un cartello con su scritto a mano ‘SALA CONCORSI’. La aprì ma si ritrovò in strada. Se ne accorse in ritardo non appena il portone si chiuse dietro di lui con lo scatto tipico di un trappola senza scampo. ‘Se faccio una corsa attorno al palazzo ritrovo la porta di ingresso e rientro da lì’ pensò. Controllò l’orologio. Si era fermato. Si mise a correre. Ma dopo aver svoltato a destra e poi ancora a destra per la seconda volta, invece di imbattersi nella Scalinata Monumentale trovò un mercato. Non era possibile! La scalinata doveva essere proprio lì, davanti a lui.
«Mi scusi» chiese con l’ansia che gli stava attanagliando la gola «il Palazzo dei Corazzieri… come ci arrivo da qui?»
Il vigile urbano, cui si era rivolto, lo guardò come se non avesse capito.
«Palazzo dei Corazzieri?» scandì poi lentamente alzando di poco il casco come per parlare meglio: «Guardi… non esiste un palazzo con un nome simile in città.»
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Concordo con Univers: Briciola-Kafka!
Decisamente finale kafkiano. Un saluto. Univers
Anche io come il personaggio ho dovuto rimettermi in.gioco . Sarà per questo forse che mi sono davvero coinvolto tanto in questo racconto
.
E’ strano, in certi periodi della mia vita, faccio dei sogni ricorrenti nei quali esco da un luogo che riconosco per poi trovarmi in luoghi sconosciuti da cui non so più tornare indietro. Ho notato che questi sogni li faccio quando sono in apprensione per qualche cosa o per qualcuno.
lettura piacevole. Gasp! scappo dalla seduta di autoanalisi. Evviva Kafka! citi Borges, quale romanzo suggerisci che riproduca questa atmosfera tra distopia e psicoanalisi? Ciaoooo
Avevo pensato alla Biblioteca di Babele 🙂 probabilmente però è solo una mia impressione
farò un salto in biblioteca…
Ad essere sincera trovo superfluo il “dietro al racconto”: la storia mi piace tantissimo e mi sembra completa e perfetta così com’è, senza bisogno di specificare nulla. Ma forse sono di parte, per via delle innumerevoli volte in cui ho fatto sogni del tutto simili a questo…
Un’illusione dettata dalla disperazione….mi da questa impresione.
A un certo punto ho pensato che quell’uomo volesse diventare un Corazziere, e che magari alla fine ci avresti rivelato che era alto solo un metro e venti.
^_-_^
Vabbè, forse dovrei consigliarti di mangiare più leggero di sera, ma non voglio farlo, perché allora non potresti più raccontarci i tuoi incubi: quindi, all’opposto, ti consiglio di divorare grandi quantità di crostini al formaggio subito prima di andare a letto.
Crostini al formaggio? ‘bbboni…
mi sa che il candidato abbia sbagliato palazzo. Finale davvero da cineteca.
Si…il pollo quando è ruspante ha la coscia che non si strappa facilmente al morso!slurp
E pure il petto…
Parli spesso di pollo… ti deve proprio piacere
Si…è un mio leitmotiv😍
molto coinvolgente il racconto, ma anche il panico !
Che ansia, davvero! Uno di quei sogni che non ti lasciano scampo! Laura
E che peggiorano man mano che li sogni.
Io cerco di svegliarmi, come via di uscita.
Quando, mentre dormo, mi scappa la pipì, non riesco a svegliarmi subito e allora faccio dei veri e propri incubi dove mi succedono cose assurde e in nessun modo riesco a fare pipì. Quando poi finalmente mi sveglio corro in bagno e la pipì ci mette una vita a svuotare la mia vescica mentre io cerco di continuare a dormire …una TORTURA! LAURA
Spero almeno che il bagno sia vicino 🙂
Ho letto che dietro al racconto c’è un sogno ma a me è sembrato un incubo! Mi sono ricordata della prova scritta dell’unico concorso che ho fatto ed ho vinto. Enorme salone (gli iscritti furono 22.000p, gente gasata, io stavo malissimo per qualcosa che ho curato per quasi due anni
Mi è partito già il commento. Lo completo dicendo che ad un certo punto conclusi il tema pensando che tanto non avevo speranze di farcela. Uscii nel sole d’estate di Roma, caldissimo, e, mentre aspettavo un autobus che non arrivava mai, un esibizionista poco distante faceva bella mostra di sé. Tutto vero, ma sembrava un incubo.
Incredibile
Eh, sì. 😐
Sì, infatti. E’ un incubo (il mio) che nasce proprio da una esperienza simile a quella che ricordi tu.
Per chi l’ha provato è una prova di resistenza soprattutto psicologica, oltre che fisica se si pensa che si può sviluppare (come è accaduto a me) anche su tre giorni di seguito.
Chi partecipa ai concorsi pubblici, per la spersonalizzazione che questi rappresentano, merita già una medaglia al valore.
Vero. Solo che non si mangia con le medaglie al valore
Purtroppo! Se pensi poi che, dopo tanta fatica, prenderai inizialmente circa 900 euro da diplomato e 1300 da laureato non ti ritroverai a fare grandi abbuffate.
Vero. Però ti ritrovi tra quelli (che non sono affatto tanti) che ce l’han fatta.
Proprio così.
Si…si mangiano i medaglioni di pollo …si fanno alla piastra….o fritti!
Certo, se sono polli ruspanti e allevati a terra, sono anche medaglioni di valore!
Kafkiano 😱
Hai ragione.
Forse più Borges, però. 🙂
Troppo forte: sei meraviglioso nel descrivere l’ansia del candidato alle prese con tutti gli errori possibili: a partire dal non capire la traccia al proseguire con i tuffi nel passato…bel pezzo davvero
Come sempre bravissimo nel trasmettere l’ansia, quel senso di urgenza, di non appartenenza, di smarrimento e precarietà. Sogni come il tuo capitano ancora anche a me.