«Questo spiegherebbe un bel po’ di cose» fece l’uomo che gli era davanti, aggrottando, serio, la fronte.
«E poi l’altra cosa preoccupante che mi sento…»
«Dica, dica.»
«È che… è che non sopporto più le persone…»
L’uomo che lo ascoltava con attenzione si era messo ora, pensieroso, a scrivere su un blocco che teneva in mano con grande solennità.
«Vede, dicevo, io sono di carattere chiuso, già di mio, e molto timido, ma l’educazione severa di mio padre, anziché liberarmi da questa condizione, l’ha peggiorata. La sua personalità, forte e oppressiva, mi ha reso insicuro, privo di autostima, sicché vivo nel costante timore di scorgere negli altri un segnale di disinteresse per quel che faccio o dico, ma anche di disamore o di biasimo, anche se ciò, paradossalmente, mi è stato di costante stimolo per affermarmi sia in società che nel lavoro. Dovevo dimostrare a mio padre che si sbagliava di grosso sul mio conto e che non valevo poi affatto così poco come lui pensava. Però, anche oggi che sono un uomo rispettato e affermato, quello che ho conquistato con impegno e fatica mi sembra precario e provvisorio, quasi che gli altri dovessero presto o tardi capire che in realtà sono solo un bluff…»
«Sì, capisco». L’uomo ogni tanto smetteva di scrivere per guardare il suo interlocutore e annuire. Quindi riprendeva a scarabocchiare con gran lena per poi fermarsi un attimo e chiedere: «Così però si finisce, come al solito, per dare la colpa di ciò che non va ai genitori, non trova?»
«Ma certo, non discuto che in teoria questo atteggiamento mentale possa essere sbagliato, ma sono sicuro che, se avessi avuto fin da piccolo un po’ più di incoraggiamenti e rassicurazioni invece che giudizi sprezzanti e improperi per ogni piccolo insuccesso, non sarei ora alla ricerca di continue conferme, né cercherei di isolarmi e soprattutto non mi sentirei a disagio quando mi trovo insieme agli altri.»
L’uomo davanti a lui controllò l’orologio da polso.
«È tardi? Abbiamo già finito?» domandò inquieto accorgendosi del gesto.
«Be’, sì» fece l’altro tentando un sorriso. «Dunque, senta, l’alcoltest è negativo» concluse l’agente verificando ancora una volta l’etilometro. «Strano! Avrei pensato davvero il contrario. Però la velocità era indubbiamente eccessiva. Le ho fatto comunque qualcosa di meno per via… sì, insomma, per via di quello che mi ha appena detto.» L’agente staccò il verbale dal blocco e lo mise sul cofano della macchina. «Firmi qui e qui, per cortesia… ecco, perfetto.» Prese la copia e la consegnò insieme alla patente e al documento di circolazione. «Guidi con prudenza, però, mi raccomando.»
Prima di tutto esiste la comunicazione, il bisogno da parte dell’Homo Sapiens di comunicare con i suoi simili, spesso semplicemente per avere delle conferme narcisisticamente indispensabili sulla propria esistenza in vita come aggregato culturale e non solo bio-fisiologico. Su questa comunicazione un osservatore esterno possibilmente invisibile e non interagente (e quindi ininfluente) potrebbe sovrapporre tutte le possibili etichette e connotazioni, punteggiare il flusso degli eventi in modo più o meno meccanicistico e/o moralistico, attribuendo parti e ruoli.
Ma, sfrondata di tutto questo equivoco processo di attribuzione di significato (che spesso e volentieri lascia il tempo che trova) la comunicazione tra gli Umani è un disperato, e di solito abortito, tentativo di uscire dall’angoscia della solitudine.
L’agente poteva reagire a questa decontestualizzazione della conversazione invitando gentilmente l’automobilista in crisi d’identità a seguirlo in centrale per ulteriori accertamenti. Ma probabilmente anche lui conosce il male di vivere.
Buona estate,
Sì è esatto è proprio il senso del post. La solitudine è trasversale, a prescindere dai ruoli, per cui, a volte, affratella.
Grazie per il tuo prezioso commento.
La solitudine affratella? Ma io mi sento sempre in compagnia della persona che mi piace…anche se tante volte ho il dubbio che sia un cretino…o forse sono cretina io…la verità è che forse siamo intelligenti con gli altri e cretini insieme!!!
Secondo me la multa (con lo sconto) gli è costata meno della parcella per una seduta analitica. Due piccioni con una fava.
Bè uno sconto l’ha ottenuto…magari può far comodo a certi avvocati 🙂
Che forte! Come al solito un finale inaspettato. Potrebbe essere una tattica tra l’altro! Bisognerà provare! Un saluto, buon mercoledì.
ahahahahaha FANTASTICA!
Hehe bellissima lol
Mi riconosco un sacco io, nn so se preoccuparmi XD
Fino a quando non si finisce con una camicia bianca che ti tolgono con circospezione slacciando fibbie e cinture a partire dalla schiena, direi di no che non è il caso di preoccuparsi 🙂
Seduta psicoanalitica un po’ sui generis, per non scrivere surreale… ma nel povero protagonista un po’ mi ci riconosco anche io. Salutoni.
🙂
Eheheh, simpatico il finale a sorpresa …
Nella frase “È che… è che non sopporto più le persone…”
mi ci rispecchio al 100%.
Mi viene in mente la famosa battuta di Charlie Brown: ‘Amo l’umanità, ma è la gente che non sopporto’.
Colpo di scena finale alla Briciola 😛
Briciola’s end 😉
Divertente e imprevedibile!
Divertente ed imprevedibile!
🙂
Mi piace anche perché mi rivedo nel fatto che non essendo fioccati complimenti ed adulazioni nell’infanzia, adesso che sono adulta mi imbarazzano i complimenti, specie se forzati!
Notte!!!
Nella realtà il vigile avrebbe ritirato la patente e richiesto una visita psichiatrica 😉
Concordo con Antonio!
Esagerati 🙂
Che razza di vigili ci sono dalle vostre parti?
colto nel segno! proprio oggi mi sono trovata immersa in uno sgradevole senso di “spaesamento”. Mi piacerebbe fosse solo una multa per eccesso di velocità!
nite nite
Se poi dovessimo parlare di spaesamenti…
e bravo l’agentepsicologo!
(e pure tu!)
(grazie!)
(prego!)
( 🙂 !)
Il guidatore pizzicato dall’autovelox fa una bella seduata di psicoanalisi. Peccato che invece dell’analista abbia trovato un vigile, che annuenndo e compliando gli affibbia un bel verbale. Quello che non lo convince è l’alcoltest. Eppure era convinto, il vigile, di fare giornata.
Indubbiamente bravo nel portare il tuo lettore là dove avevi in menti di condurlo.
Sì, l’intenzione era quella 🙂
Bello, coglie una mia angoscia ossia ansia del tempo sprecato.
Mi piace.