Petali di rose

Lei era molto bella. Ma era anche una donna algida, taciturna, malinconica. Poteva passare ore a guardare dalla finestra mentre il giardino cambiava sotto l’incedere delle stagioni. Avrebbe potuto dire quante gemme il melo allungava in un giorno e quanti petali le rose aprissero al sole. Sembrava conoscere tutte le nuvole e i colpi di vento e i rigogoli che arrivavano fino sotto la sua finestra. Lui l’osservava e soffriva non riuscendo neppure a scalfire quel mondo impenetrabile fatto di sospiri, di sguardi sperduti, di assenze svagate. L’amava e non poteva averla. Poi un giorno la musica di una radio di alcuni vacanzieri di passaggio penetrò nella baita. La moglie si alzò dal suo angolo mettendosi improvvisamente a ballare e disegnando nell’aria immagini di sogno. E ballò e ballò ancora. Mentre volteggiava si mise a sorridere con quel suo viso dolce, il corpo seminudo di pelle di pesca. La musica si interruppe, i vacanzieri tolsero il campo per salire a una maggior quota e lei smise di muoversi guardandosi attorno smarrita. Il marito, appena gli era possibile, prese allora a portarla alle feste del paese, nelle balere, ovunque vi fosse musica e si potesse ballare. Ogni volta lei riviveva, usciva da quel guscio d’acciaio invisibile e rinasceva come un’alba inaspettata pronta ad assecondare l’armonia del creato. Lui la guardava rapito: Dio mio come l’amava. Sembrava nata per la danza, per la musica, il movimento. Tornavano sfiniti alla baita, a notte fonda, e lei ancora accaldata dal turbine dei balli, con ancora addosso il sudore maturo di un frutto stillante di sole, gli si concedeva sino al mattino. Poi un giorno ballando, la donna urtò un’altra coppia storcendosi una caviglia. Guarì, ma la paura di farsi ancora male non l’abbandonò più. L’apatia si era impossessata nuovamente del suo corpo fragile, il sangue sembrava essersi raggelato nelle sue vene azzurrine e una coltre pesante le aveva appannato gli occhi. Passarono gli anni e una sera il marito la prese per mano e la condusse sul prato antistante la casa. Miliardi di stelle galleggiavano sopra le loro teste e la luna illuminava la valle che brillava d’argento e di perla.
‘Chiudi gli occhi’ le disse e lei lo fece. ‘Non senti dentro di te una musica celestiale?’ Lei corrugò la fronte. Stava per dirgli di no. Poi sentì qualcosa nel profondo del cuore e si mise a sorridere. ‘Ecco, quello è il mio amore per te’ gli sussurrò. E si misero a ballare per tutta la notte.

16 pensieri su “Petali di rose

  1. bello! quanta vita si perde per non saper esprimere i sentimenti e per non sentirli esprimere… almeno alla fine le parole hanno trovato la strada; che macigno devono essere quelli inespressi, quando il tempo finisce prima di poterlo fare.

  2. Ciò che mi è arrivato non è tanto l’amore, piuttosto, il racconto di una donna prigioniera e del suo aguzzino. L’amore non rende apatici, si nutre di niente ma esplode in ogni cellula, non ha bisogno di pretesti per concedersi e il cuore innamorato non conosce paura. Il racconto è ben scritto ma non mi è per nulla piaciuto, ma questo è solo il mio pensiero. Ciao

  3. Ciao!
    Complimenti.
    Molto bello questo tuo spazio.
    Credo che ognuno dentro se stesso abbia un suo ritmo interiore sul quale ballare. Solo che ogni tanto ce ne scordiamo. ma è meraviglioso ritrovarlo.

  4. bella dolce storia di balli e amori lontani…ma lo sai che ho scritto una cosa sul rigogolo, è il simbolo del parco del delta e ogni anno torna in golena e accompagna le mie giornate…ciao fregola nel latte…:-)

Lasciami un tuo pensieroAnnulla risposta