Io sono Neil

«Ti dobbiamo spostare di lì, preparati!» annunciò la guardia appoggiando il viso alle sbarre. Mark aveva fatto appena in tempo a girarsi nella sua direzione che l’uomo era già sparito. Sapeva di aver poco tempo. Era già successo, un mese prima. Non aveva capito bene e pensava che ci sarebbe stato modo di far su le sue cose con calma. E invece dopo pochi minuti erano entrati due sacramenti di secondini che lo avevano letteralmente impacchettato in un altro braccio, quello in cui si trovava ora. Credeva che gli avrebbero permesso di tornare a prendere i suoi “effetti” più tardi, glielo avevano persino promesso, ma aveva ben presto capito che non avrebbe più riavuto nulla, né le sue lettere, né le foto, né il suo libro. Niente di che, è vero, tranne le foto. Ci teneva alle sue foto. E poi in carcere il poco, si sa, è tantissimo.
E così accadde anche quella volta. Entrarono le due guardie di fretta, come se dovessero spegnere un incendio. Una la conosceva bene, perché la chiamavano ‘Spaccadenti’, e non credo si debba spiegare perché; sapeva solo che gli altri detenuti lo evitavano come una brutta dissenteria in piena estate.
Lo spintonarono fuori dalla cella portandolo ben presto fuori dal braccio.
«Dove stiamo andando?» chiese lui preoccupato.
Le due guardie rimasero in silenzio, sembrava non avessero neppure sentito.
Il secondino che aveva il grugno meno massiccio dopo qualche secondo gli spiegò, con due parole non di più, che aspettavano di lì a poco un sacco di nuovi “uccellini” rimasti intrappolati in una retata giù ad Halifax.
«E allora dove mi state portando?»
Loro continuarono a non rispondere, ma quando Mark vide che stavano entrando nel braccio dei definitivi cercò di puntare i piedi. Le due guardie lo alzarono letteralmente da terra.
«Non potete portarmi qui… non potete, io sono in attesa di giudizio, non un definitivo… qui ci sono scannauomini e stupratori…»
«Vuol dire che farai un po’ di esperienza…» disse ‘Spaccadenti’ senza neppure muovere le mascelle.
In pochi minuti arrivarono a quello che sarebbe stato il suo nuovo gabbio. Aprirono la porta massiccia con non so quanti giri di chiave e lo spinsero dentro come una palla da bowling. La cella era al buio. Non si vedeva niente. Chissà dov’era l’interruttore. Era tutto diverso lì.
«E tu chi sei?» si sentì dopo un po’ dire nell’aria.
Una volta accesa la luce, un uomo anziano, un po’ curvo, scivolò lentamente dalla branda in basso. La cella era spaziosa, ordinata, pulita.
«Sono Mark, Mark Norton di Crumbsville, Maryland» disse il nuovo arrivato tendendo la mano.
«E che ci fai qui Mark Norton di Crumbsville, Maryland?» fece l’altro senza stringergliela.
«Sono in attesa di giudizio… mi hanno sbattuto qui perché sembra che nel mio braccio hanno bisogno di celle…»
L’uomo anziano lo guardò fisso, come se non avesse capito. L’azzurro dei suoi occhi era annacquato, senza nerbo, spento.
«Io sono Neil… Neil Bachman» disse rimettendosi in branda «vengo da un’altra vita e sono qui da così tanto tempo che non mi ricordo più neppure perché.»
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Nei giorni successivi Mark ebbe modo di conoscere meglio il suo compagno di cella. Gli avevano dato l’ergastolo anche se non volle rivelarne la ragione. Parlò a lungo del lavoro che faceva quando era fuori, della villa in collina, della sua bella famiglia, in particolare del figlio grande, di cui era orgoglioso, e che faceva lo stock broker a Wall Street e, a sua volta, era sposato con due figli, belli come divi del cinema. Gli mancava tanto la sua famiglia, diceva, ma non disperava di rivederla presto anche se non si capiva bene in che senso. Era un bravo diavolo, Neil. Mark era stato fortunato, dopotutto.
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Poi un giorno Neil, che stava guardando fuori dalla cella attraverso lo sportellino che a volte le guardie lasciano far aprire, all’improvviso si mise a darsi i pugni in testa e a graffiarsi il volto. Lo fece con tanta violenza che Mark si spaventò. Cercò di fermarlo senza riuscirci perché il vecchio, nonostante l’età, aveva una forza indomabile.
«Cos’hai? Cos’hai? Chiamo qualcuno? Stai male?»
Neil senza dir nulla si buttò nel suo lettino lamentandosi e piangendo come un neonato. Mark non sapeva che fare.
«Lascialo perdere…» gli disse la guardia che dalla porta della cella osservava la scena.
«Ma cos’ha? Che gli è successo…. non capisco… è successo tutto d’un tratto…»
Per un po’ la guardia tacque. Continuava a fissare l’anziano detenuto che si contorceva come preso da dolori lancinanti.
«Si è solo ricordato del perché è qui…» disse dopo qualche attimo.
Mark si girò verso la guardia per invitarlo a proseguire.
«Ha massacrato tutta la sua famiglia in un trip di roba tosta che a quel tempo si faceva… Ma non preoccuparti, fra un quarto d’ora, non di più, se lo sarà di nuovo dimenticato. È da tempo che si è fritto il cervello.»

25 pensieri su “Io sono Neil

  1. Fausto Luciano Pellino - Viaggiatore non per caso – Roma – Soffro di dipendenza da viaggio. Amo visitare Paesi lontani, ma anche luoghi del Vecchio Continente e dell’Italico Stivale. Sono appassionato di motociclismo, auto d’epoca, subacquea e affascinato dal mondo custom.
    Falupe il scrive:

    Nel momento del contorcimento mi sembrava di assistere alla scena di un film, complimenti

  2. Massimo Orsi – Grande appassionato di musica ( Blues, Rock, Americana, Rockabilly, Country, e qualsiasi genere non di tendenza...), di cinema e di libri, in particolare Noir e Thriller, a volte meglio se mescolato col Pulp, dipende dal momento. Mi sono innamorato dei luoghi della Louisiana, che ha rubato un pezzo del mio cuore e sono un grande fan dell' indimenticato Willy De Ville, da qui la necessità di utilizzare come foto del mio profilo un suo ritratto, mentre il nome del blog riprende il titolo di una sua famosa canzone. Desidero informare che questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna scadenza fissa. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n.62 del 7-3-2001. Molti dei testi, immagini e video qui presenti sono tratti da internet e messi in visione per puro interesse personale e senza fini di lucro; tuttavia, se ritenete che qualsiasi cosa possa violare i diritti d'autore, comunicatelo all' indirizzo email: bearsfamily@virgilio.it e sarà immediatamente rimossa. Si avvisano inoltre i gentili visitatori che questo sito, nel rispetto del provvedimento emanato in data 8 maggio 2014 dal garante per la protezione dei dati personali (Garante per la Privacy), potrebbe utilizzare cookie di terze parti e l’autore del blog "Bamboo Road" non è da ritenersi responsabile. La piattaforma di WordPress usa i cookie per fornire servizi ed effettuare analisi statistiche completamente anonime. Continuando con la navigazione in questo sito, si acconsente quindi all’uso di tali cookies. Questo blog é ospitato gratuitamente sulla piattaforma di WordPress.com con sede e giurisdizione legale negli USA . In alternativa è possibile rifiutare tutti i cookie cambiando le impostazioni del proprio browser. Per gestire o disabilitare i cookie, prendere visione del seguente sito: http://aboutcookies.org/ La pubblicità che vedete nel presente blog é inserita automaticamente dal gestore WordPress.com. L'autore del blog non ha alcun rapporto o interesse con i prodotti e i servizi pubblicizzati e non riceve alcun compenso da Wordpress.org. Questo blog é soggetto alla Privacy Policy . " I cookies --------> sono stringhe di testo di piccole dimensioni che i siti visitati dall’utente inviano al suo terminale (solitamente al browser), dove vengono memorizzati per essere poi ritrasmessi agli stessi siti alla successiva visita del medesimo utente. Nel corso della navigazione su un sito, l’utente può ricevere sul suo terminale anche cookie che vengono inviati da siti o da web server diversi (c.d. “terze parti”), sui quali possono risiedere alcuni elementi (quali, ad esempio, immagini, mappe, suoni, specifici link a pagine di altri domini) presenti sul sito che lo stesso sta visitando." Grazie in anticipo per aver visitato il mio blog. Massimo
    Massimo Orsi il scrive:

    Racconto ben scritto e coinvolgente, complimenti!!

  3. Birbo Bicirossa – Ciao, voglio avvisarti che proseguendo troverai due blog di pessima satira e dubbio umorismo. Un consiglio, non seguirmi credendo che contraccambierò, perché di solito non lo faccio. 😁🤪😉
    Birbo Bicirossa il scrive:

    Ottimo come al solito, però questa volta nel racconto c’è qualcosa di diverso, tanto che in un paio di punti non ti riconoscevo più. Per caso stai tentando nuove tecniche narrative? Se è così devo dire che l’inizio è promettente.

    • Birbo Bicirossa – Ciao, voglio avvisarti che proseguendo troverai due blog di pessima satira e dubbio umorismo. Un consiglio, non seguirmi credendo che contraccambierò, perché di solito non lo faccio. 😁🤪😉
      Birbo Bicirossa il scrive:

      Aspetta, anche se in ritardo forse ho risolto l’enigma, la chiave è nel nome Neil Bachman, che non è affatto casuale, giusto?

    • Ti confermi essere un lettore molto attento, anche sulle sfumature linguistiche e in genere su tutto quello che c’è dietro e sotto la scrittura.
      L’ho notato diverse altre volte e te ne devo dare atto.
      In effetti sono alla ricerca di nuove forme espressive, che mi facciano sentire più libero e versatile nel fermare sulla carta idee, sensazioni ed emozioni varie.
      Forse è arrivato il momento di spogliarmi della muta che mi va un po’ stretta; alla ricerca insomma di una nuova pelle da serpente.
      Grazie.

      • Birbo Bicirossa – Ciao, voglio avvisarti che proseguendo troverai due blog di pessima satira e dubbio umorismo. Un consiglio, non seguirmi credendo che contraccambierò, perché di solito non lo faccio. 😁🤪😉
        Birbo Bicirossa il scrive:

        Certamente saprai che quando Stephen King voleva sentirsi più libero scriveva firmandosi Richard Bachman, e quei romanzi sembrano effettivamente scritti da una persona diversa. Perciò quando ho visto alcune frasi un po’ estranee allo stile a cui ci avevi abituati, ho pensato che il tuo Bachman fosse una sottile allusione a un esperimento che stavi tentando, che, per quel che vale, avrebbe tutto il mio appoggio. Uhm … non è che il tuo subconscio sta cercando di dirti qualcosa?

        Anzi, se così fosse potrei suggerirti la trama per un bel splatter: dunque, c’è questo scrittore, che stanco delle stupide critiche dei fan decide di sbarazzarsene… con una motosega.

        😅

  4. inchiostronoir – Questo blog è nato per parlare dei miei romanzi "Il Maestro dei morti" e "Si chiamava Mathilde", ma anche di libri, di fumetti, di giochi, di concorsi letterari e di tante altre cose. Buona lettura!
    inchiostronoir il scrive:

    Ciao Briciola! Bel racconto, davvero! Ma forse intendevi la città di “Tampa” (quella dei Tampa Bay Bucaneers, anche lì dove hanno girato “The Punisher” con Thomas Jane) invece di “Tampax”?

    • In realtà volevo scrivere qualcosa di provocatorio.
      Ma tutto sommato vedo che non ha avuto l’effetto voluto.
      Cambierò nome.

      • inchiostronoir – Questo blog è nato per parlare dei miei romanzi "Il Maestro dei morti" e "Si chiamava Mathilde", ma anche di libri, di fumetti, di giochi, di concorsi letterari e di tante altre cose. Buona lettura!
        inchiostronoir il scrive:

        Capita, anche ai migliori!

  5. fulvialuna1 – Cammino sempre a due metri da terra, la mia testa vive tra nuvole e venti, tra leggende e figure mitologiche, tra storia e arte....Come dice mio fratello, dovrei vivere in una torre, sulla montagna più alta del mondo; dovrei vivere tra libri, pennelli, tele, colori, stoffe.... Amo le alte vette, ma non disdegno il resto della natura, amo gli animali e il cuore me lo ha rubato un lupo. Amo tantissimo gli uomini che per me sono un mondo incredibile, ma le donne sono la mia forza,; non posso vivere senza bambini e senza le storie che raccontano gli anziani. Amo cucinare, cucire, dipingere, leggere, scrivere diari, scrivere su foglietti che viaggiano nella mia casa come avessero le gambe; mi piace il cinema, il calcio, le moto. Mi piace occuparmi della mia casa e del mio giardino...ma non sono Biancaneve e nemmeno Cenerentola, sono Paola, che per una serie di incredibili storie posso essere anche Penelope e anche Fulvialuna. Il mio sogno più grande è la pace nel mondo, questo mondo in cui cammino sempre a due metri da terra, ma quando ci appoggio i piedi resto ben salda ed è difficile spostarmi, tanto che il mio motto è "...il posto che mi piace si chiama mondo..."
    fulvialuna1 il scrive:

    Triste, tanto…

  6. il barman del club – Sono appassionato di musica (blues, rock, jazz), di poesia, fotografia, letteratura e film (soprattutto fantascienza) arti grafiche e performance teatro-visuali
    il barman del club il scrive:

    e si, la vita muove anche di queste storie…

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