È in realtà una scelta di campo non solo di natura estetica e formale, ma anche sostanziale in quanto ci si deve conseguentemente far carico anche di tutti i limiti che l’opzione si porta dietro.
La scelta va preordinata alla scrittura, dunque, perché la condizionerà con forza visto che non è consigliabile cambiare ‘in corsa’ la direzionalità narrativa (ma in letteratura si può fare tutto a patto di non lamentarsi poi del risultato finale). Se ho deciso di impostare la prima persona non potrò (o meglio non dovrei) a un certo punto del racconto, continuare con la terza persona (o fare l’inverso) perché, a prescindere dalle connotazioni stilistiche di un simile mutamento, il lettore potrebbe non capire chi sta mandando avanti la storia.
La narrazione in altre parole o è soggettiva o è oggettiva (per quanto esiste un tertium genus molto interessante di cui si dirà).
O sono io (personaggio o autore fuori campo) che racconto o è il personaggio che lo fa per me. Ci sono autori che hanno scelto per il proprio lavoro la seconda persona (il primo che mi viene in mente è Jay McInerney in “Le mille luci di New York”) praticando così una strada tutta in salita (per i ristretti ambiti di manovra che tale preferenza comporta); la stragrande maggioranza dei lavori tuttavia oscilla tra le due opzioni dette.
Nel blogtale poi, dal momento che è l’economicità della parola, del tratto, della sfumatura a diventare rilevanti per il racconto dove ogni singolo termine (e segno di punteggiatura) ha un proprio peso specifico, una propria salienza funzionale, la scelta della prospettiva di narrazione incide ancor più sulla maggiore o minor efficacia del racconto stesso, per cui la scelta va operata considerando quale in concreto si prospetti come la più adatta.
L’aspetto negativo di questa opzione è il fatto che l’autore è segregato nella stessa posizione dell’io narrante sicché, sebbene sappia come evolve la storia, avrà nel racconto la stessa scienza del personaggio e non potrà che avvalersi di quella per la progressione della trama.
Gli eventi, gli altri personaggi, sono presentati, in altre parole, non oggettivamente come lo scrittore già li conosce per averli creati, ma filtrati dalla soggettività dell’io personaggio: non potranno essere quindi fatte anticipazioni della storia se non per il tramite delle congetture e delle illazioni del personaggio stesso.
Non si sa quindi cosa accadrà, né si conosce il pensiero degli altri personaggi e tutto avviene mentre l’io racconta. Se dunque la poltrona su cui si siede l’autore potrebbe risultare nella stesura di un racconto lungo o di un romanzo scomoda e di più complicata gestione, in un blogtale questa scelta potrebbe risultare per contro relativamente più semplice.
La terza persona narrante abbatte invece la visuale angusta di cui si è appena detto. L’autore si oggettiva nel personaggio acquisendo non più la sola scienza dei fatti di quest’ultimo, bensì l’onniscienza che gli è propria.
Quel che si perde in termini di legame stretto con il lettore e il personaggio che in prima persona fa l’azione (in relazione al quale interviene una sorta di distacco e di equidistanza) lo si acquista in termini di duttilità, di miglior manipolazione della storia e dell’interrelazione tra i personaggi.
Questi, dal canto loro, acquisiscono infatti una loro individualità, rimanendo ben distinti l’uno dall’altro, venendo ad esistere ontologicamente per quello che sono e non per quello che l’io narrante pensa che siano.
In un blogtale dove i personaggi sono ridotti al minimo e l’intreccio si esaurisce in una manciata di parole, la scelta della terza persona si può rivelare meno utile che altrove, ma contribuisce tuttavia a garantire l’effetto narrativo proprio di chi racconta la storia.
La terza possibile scelta è infine quella della oggettività partecipata, della terza persona soggettiva ovvero del discorso libero indiretto. È una fusione tra l’una e l’altra opzione di cui si è accennato in precedenza e che si risolve in una mitigazione della terza persona che assume la soggettività dell’io narrante.
È libero perché non vi nessun “segnale” grammaticale dato dai verbi dichiarativi (dire, pensare, ritenere…) che ancori la narrazione al discorso diretto o indiretto ed è indiretto in quanto non è riportata la voce del personaggio. Sembra l’Autore che parla ma invece è il Personaggio la struttura non è soggettiva, bensì oggettiva.
L’Autore entra nel Personaggio ‘umanizzandolo’, permeandolo della sua stessa emotività, introducendo una visuale soggettiva pur continuando a dargli del ‘lei’.
Il discorso libero indiretto raccoglie quindi i vantaggi dell’una e dell’altra scelta sebbene richieda massima attenzione reclamando un maggior impegno di ‘scavo’ del personaggio da parte dello scrittore e una sua maggior interdipendenza. Cede parte della sua oggettività per una soggettività a maggior presa sul Lettore
Non bisogna dimenticarsi infatti che la matrice è pur sempre quella della terza persona e non dell’io narrante. È solo la coloritura del personaggio che è personale sicché, se nel racconto l’autore conserva il quadro completo della trama, il personaggio non va gestito come fosse chiuso totalmente in se stesso.
Occorre in altre parole ricordarsi che è l’autore che muove i pezzi sulla scacchiera e non sono i pezzi che, pur nel mondo della fantasia, si muovono da soli.
Ecco, per chiarirci meglio, tre esempi:
IO NARRANTE
Entrai nella stanza sentendo solo un mormorio di voci e odori confusi. I miei occhi erano ancora pieni di luce e non vedevo nulla. Poi pian piano nella penombra vidi gli occhi di lei.
TERZA PERSONA
Entrò nella stanza ma I suoi occhi erano ancora pieni di luce e non vedeva nulla. ‘Sento delle voci” pensò “è c’è uno strano odore”. Poi pian pian dalla penombra emersero gli occhi di lei.
DISCORSO LIBERO INDIRETTO
Entrò nella stanza sentendo solo un mormorio di voci e odori confusi. I suoi occhi erano ancora pieni di luce e non vedeva nulla. Poi pian pian dalla penombra vide emergere gli occhi di lei.
Infine, un infogramma esplicativo.
IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:
della scelta libera ma vincolante della voce narrante del racconto, del punto di vista dell’Autore con cui occorre confrontarsi lungo tutto il testo. La scelta, da operare con ponderatezza, creerò vincoli dettando una precisa linea narrativa.
Le scelte possibili sono tre:
- l’io narrante;
- la terza persona;
- discorso libero indiretto.
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