Ciò che mi affascina di questo microcosmo operativo, tuttavia, è qualcosa di più della semplice e infantile meraviglia per una costruzione: innanzitutto c’è il riempimento di un vuoto con qualcosa che, salvo cataclismi e disastri naturali, rimarrà in quello stesso spazio per anni e anni. Prima non c’è nulla, forse un piano campagna, forse un terreno incolto e, poi, lentamente, nasce una struttura che, senza teoricamente avere una scadenza, organizza quello stesso spazio in modo funzionale in ottemperanza a precise esigenze costruttive, abitative ed estetiche.
Inoltre c’è il fatto che si tratta di un opus che richiede una progettazione preventiva particolareggiata che necessita, per la sua buona riuscita, della coordinazione successiva di più persone tra loro che lavoreranno anche contemporaneamente, ognuno con un proprio specifico compito e ruolo, procedendo per fasi ben determinate; operatori che terranno conto del fatto che ogni parte della casa prevede l’altra, che ogni singola parte, pur conservando la propria autonomia, appartiene al tutto, mentre l’insieme, a sua volta, postula l’esistenza delle singole parti che lo compongono.
Ciò che appare ancor più particolare del sistema-casa è però la trasformazione che l’oggetto stesso subisce quando è finito. Una volta che l’edificio è terminato, divenendo al tempo stesso perimetro che protegge ma anche struttura dialogante verso l’esterno attraverso porta e finestre, non è più infatti solo un insieme di cemento, tegole, tondini di ferro, mattoni, plastica e vetro: diventa piuttosto ‘un luogo’ con caratteristiche ben determinate, un luogo rilevante dal punto di vista esistenziale, perché punto di riferimento anche legale dell’individuo sul territorio, verificandosi all’interno di esso oggetto, sovente, i momenti più importanti della vita di una persona.
Chiudendo lo spazio con muri e un tetto si crea, in altre parole, qualcosa di ben più importante di un’operazione meramente materiale. Si realizza un centro di vita, di interessi, di affetti, ma anche un domicilio, una residenza. Chi abiterà quello spazio proverà sofferenza e serenità, tristezza e gioia, dolore e sollievo; in alcuni casi nascerà, crescerà, maturerà, prenderà decisioni importanti per la sua vita e per quella di altri, ma anche spererà, sognerà, intratterrà relazioni sociali, comunicherà con il mondo, lavorerà, studierà, persino pregherà, ma si potrà pure ammalare e forse vi morirà.
E questa, forse, è davvero una magia tutta umana.
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Ciao Briciolanellatte. Di recente ho scoperto le Cob Houses http://www.pinterest.com/waterweb/cob-houses-inside-out/ Probabilmente ne avrai già sentito parlare. In questo senso pinterest è un pozzo senza fondo di meraviglie. Qui la casa diventa veramente espressione di chi la crea. Gli angoli si arrotndano i materiali utilizzati la colorano, la rendono viva amalgamandola con il paesaggio e fondendola in un tutt’uno con gli elementi della natura che la compongono. Sono rimasta affascinata da queste costruzioni e dalle potenzialità che hanno per permetterti di esprimere quello che senti, nella costruzione fatta con le tue mani, di ciò che andrai ad abitare. Buona serata.
Un pensiero interessante, per certi aspetti pervaso dalla stessa magia di ciò di cui parla.
Un solo appunto, non credo che esistano i luoghi qualunque. Esistono luoghi vicini o lontani alla sensibilità dell’osservatore, luoghi che possono avere maggior o minore importanza, ma si tratta sempre di una questione soggettiva.
Quella che per me è una strada per altri può essere il luogo dove hanno conosciuto il miglior amico, dove hanno ricevuto il primo bacio o dove vivono e, viceversa, la mia casa per la maggior parte del mondo non è altro che uno spazio sconosciuto racchiuso da pareti sbiadite.
Grazie per la tua opinione
Figurati, è sempre un piacere.
Grazie a te per lo spunto di riflessione. ^_^