Il racconto, invece, gioca sull’ambiguità del bambino che spara con la cerbottana agli aerei che esplodono davvero precipitando in fiamme. Ovviamente non è il bambino che determina tutto questo questo, ma è piuttosto la coincidenza tra i suoi gesti e quanto accade durante l’attentato e che crea la relativa illusione. Mi rendo conto che non è un racconto di facile lettura, proprio per questo ultimo specifico profilo, prestandosi, a una veloce scorsa, a una interpretazione alternativa erronea, in stile: ‘Ai confini della realtà‘.
Va detto inoltre che, nella dinamica del racconto, sono ‘entrati’ anche l’immagine mentale e le suggestioni nate, tanto tempo fa, leggendo il romanzo Sabato di uno dei miei scrittori preferiti, Ian McEwan. È proprio strano a volte, come lavora il cervello. L’immagine rimane lì, in quiescenza, e poi basta un’associazione per poterla recuperare.
Quanto al titolo avevo pensato in un primo momento ad ‘Aerei nel cielo’. Ma mi sono accorto che sarebbe stato banale. ‘Aerei del cielo’, invece, fa pensare al fatto che gli aerei non siano costruiti dall’uomo, ma che appartengano in realtà al cielo ove si muovono, un po’ come per gli uccelli; nella mia intenzione, ciò dovrebbe far aumentare la suggestione circa l’estraneità rispetto alla propria vita del disastro che i due personaggi vivono in diretta e il senso di alienazione che loro provano nel non volerlo accettare all’interno della propria quotidianità.
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Fantastico…anche io da bambina facevo il gesto di sparare a chi mi stava sulle scatole…ahahahah…però la cerbottana non l’avevo e quindi non facevo disastri!
Mi piace molto l’idea di una pagina dedicata al “dietro le quinte”. Conferisce un’anima al racconto, il soffio vitale che lo ha generato. Grazie per la condivisione 🙂