La donna era disperata. Le era morto il marito da meno di un mese ed era la terza volta che lo sognava. Più che un sogno era un incubo, sempre più vivido e reale. Le appariva minaccioso, le braccia conserte che poi apriva all’improvviso mulinandole nell’aria come volesse gettarle addosso qualche sortilegio. E così lei si svegliava con il fiato corto, il volto rigato di lacrime, con il solo desiderio di fuggire, come se ci fosse stato davvero un luogo dove potesse metter riparo. Una mattina, dopo l’ennesima apparizione notturna, decise di vestirsi e di andare dal parroco a confessarsi. Il prete la assolse ma le prescrisse di recitare le preghiere di penitenza sulla tomba del marito. Recalcitrante, ubbidì. Con il mazzo di fiori tremolanti nelle mani la donna s’inginocchiò davanti alla lapide: avrebbe fatto di tutto perché quella situazione angosciosa finisse. Il piccolo cimitero attorno alla chiesa era a quell’ora desolato e il silenzio la aiutò a sprofondarsi nei numerosi paternostro ed eternoriposo che doveva salmodiare. Quando ebbe finalmente finito riaprì gli occhi accorgendosi che lo spettro del marito era davanti a lei, in silenzio. Sobbalzò, facendo cadere ogni cosa davanti a sé, dal lumino acceso al vaso dei fiori pieno d’acqua.
«Ti prego non farmi del male, Pietro. Non mi perseguitare così. Lo so, sono stata spregevole, ti ho tradita, e anche con diversi uomini, ma devi capirmi, mi lasciavi sempre sola, mi trascuravi e io…» Il marito aprì bocca ma non si sentì nulla. Il volto pallido di lui era agitato, gli occhi infossati senza espressione. «Non sento caro, non capisco cosa mi stai dicendo…» fece la donna che non osava mettersi in piedi.
«Davvero mi tradivi?» si sentì a un certo punto dire. La voce le sembrò provenisse dal centro della testa.
«Come? Non lo sapevi, Pietro? Ma da morto non si conosce forse tutto il passato, il presente e il futuro?»
«Tutte fesserie. Qui nessuno mi dice mai niente» fece il marito ondeggiando come un lenzuolo. «A dire il vero cosa vuoi che me ne importi? Sono morto, dovresti saperlo, ho ben altri problemi. Piuttosto… fa’ correggere il mio cognome sulla lapide… vedi? È sbagliato.»
«Già, è vero» disse la donna leggendo meglio l’incisione sul marmo. «Non ci avevo fatto caso, c’è una ‘i’ in meno.»
«Appunto. Lassù sono molto fiscali. Mi stanno facendo un mucchio di storie e non vogliono farmi entrare… Almeno questo saprai farlo, spero.»
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La falena
Per approfondire le tematiche riguardanti il significato di una falena o di una farfalla che entra in casa vedi invece –> La falena in casa, su questo stesso Blog.
Marta era vedova già da qualche anno, ma non si era ancora abituata. Le sembrava ugualmente di sentire il tossire di lui nell’altra stanza e, a volte, soprappensiero gli metteva persino il piatto in tavola o preparava le sue ciabatte davanti alla poltrona del caminetto, come aveva fatto sempre. Certo, ora la casa era più in ordine senza il marito. Non c’era più chi entrava dalla campagna con gli scarponi pieni di fango, il bagno era sempre pulito e non c’era più nessuna tazzina di caffè dimenticata sul terrazzo o sul tavolino dello studio.
Quella sera Marta si era attardata più del solito davanti alla televisione. Non che la guardasse, anzi, stava ore e ore davanti allo schermo spento, con il telecomando in mano come se seguisse un programma tutto suo nella testa. Erano le ventitrè quando, spente tutte le luci, andò in camera. Appena sopra il bel crocifisso in legno, una falena si era posata con le ali aperte quasi a volersi far notare sulla parete bianca. Marta odiava gli insetti, soprattutto le facevano ribrezzo quelli che volavano, anche se sapeva essere innocui. Non avrebbe potuto comunque dormire con quella bestiaccia che avrebbe potuto volteggiare al buio sopra di lei. Andò così nello sgabuzzino dove si armò di scopa e, chissà perché, di uno spray antitarme. Una volta in camera da letto la falena però era sparita. Cominciò a cercare per tutta casa senza fortuna. Era notte fonda quando si sedette esausta sulla sedia appena accanto al letto. Se ci fosse stato il ‘suo’ Michele non si sarebbe sentita in quel modo: demoralizzata, confusa, sconfitta. Si guardò allo specchio: una lunga ciocca bianca le pendeva da una lato del viso, si fece pena. Poi rialzò gli occhi e la falena era esattamente nel punto dove l’aveva vista la prima volta. Si levò allora con rinnovata energia e, prima che la farfalla potesse muoversi, prese a colpirla con tanta furia che pezzi d’ala, di zampe e del corpo fragile volarono un po’ dappertutto. Si fermò a contemplare la sua opera, soddisfatta: era rimasta solo un’ombra sfumata sulla parete. Stanca, posò da un lato la scopa che, scivolando, s’incastrò tra l’angolo del muro e il comodino, e si mise sotto le coperte. Sospirò nel silenzio della casa: più nessun colpo di tosse, più nessun ciabattare, almeno per quella notte i suoi fantasmi si sarebbero addormentati con lei.
E, aveva appena preso sonno, quando un grosso ragno dal corpo gonfio e peloso, scivolò da dietro il crocifisso calandosi sul filo partorito dal suo stesso addome. Atterrò sul cuscino a pochi centimetri dal volto di lei. Afferrò con la zampe anteriori un’ala di falena caduta sin lì, l’avvolse nel filo setoso, e risalì rapido nella sua tana.
Per approfondire le tematiche riguardanti il significato di una falena o di una farfalla che entra in casa vedi invece –> La falena in casa, su questo stesso Blog.