Lo spunto da cui è tratto il racconto Incubi risale a circa cinque anni fa. Lo avevo annotato su un file che ho ripescato dal mio hard disk cercando dell’altro, come spesso accade. Non mi ricordo pertanto con precisione come mi venne in mente.
Lo spunto in verità prevedeva che il soggetto narrante stesse raccontando a Luca, l’amico che, come si apprendere dalla lettura del racconto, gli presta la moto coinvolta poi nel sinistro, di aver avuto un incubo, sempre lo stesso da alcuni giorni, vale a dire di aver subito un incidente stradale in cui ha perso una gamba.
Luca spiega allora all’amico che lui non si è affatto appena svegliato dall’incubo che gli ha narrato ma, al contrario, che sono tre giorni che non riesce a dormire proprio perché ancora sconvolto per quello che gli è accaduto.
Poi ho pensato che una trama di questo genere sarebbe stata probabilmente troppo complessa da rendere per iscritto in poche righe e forse sarebbe stata anche di non facile lettura (in quanto occorreva rendere l’illusione di Sandro di aver appena avuto un incubo mentre in realtà stava vivendo la sua non accettata realtà).
Ho preferito così far raccontare al protagonista prima i suoi incubi ricorrenti, alcuni dei quali avuti fin da ragazzino, in modo da far credere al lettore (ma è anche quello che poi crede fino a un certo punto lo stesso Sandro) che quello dell’incidente stradale, in fondo, altro non è se non un brutto sogno come gli altri, mentre, come si scoprirà nella lettura, è “solo” l’amara realtà.
Ho infine ‘sostituito’ Luca con la madre di Sandro per ritardare il più possibile la presa di consapevolezza di quest’ultimo di trovarsi in ospedale (la presenza di Luca non si sarebbe infatti spiegata nella camera da letto nella casa di Sandro che avrebbe quindi capito subito dove si trovava, mentre la presenza della madre, accorsa per un brutto sogno del figlio, sì). La buona riuscita dell’effetto sorpresa del racconto poteva essere garantita infatti solo con l’avvicendamento repentino del sogno con la realtà nel preciso momento in cui Sandro cerca di scendere dal letto.
L’argomento trattato è uno di quelli a me cari (e ricorrenti) per essere relativo all’impalpabile diaframma tra realtà e sogno, così sottile che spesso si sposta sotto i nostri occhi vuoi per coprire parte della realtà fino a farla diventare sogno vuoi per coprire parte del sogno per farlo diventare realtà. Sono due dimensioni vive e osmotiche che, nel punto di contatto, beneficiano di una zona grigia di confine tutt’altra che certa e definita.
Ho scritto qualche altro racconto sulla stessa tematica. Uno anche di recente (–> Sabbia).
L’immagine è una composizione astratta e proviene da una raccolta su internet di wallpaper.
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