Una scala d’argento

Banco ebbe un sonno molto agitato. Fece dei sogni angoscianti anche se, quando si svegliò sudato e con il fiato corto, non se li ricordava neppure più Anche Nora dormiva, rannicchiata sotto un cespuglio di rose selvatiche. Sembrava l’ombra della donna orgogliosa e piena di sé che aveva conosciuto alla Sede della Compagnia. Franz invece era seduto su di un masso. Con un rametto stava dando fastidio ad un termitaio divertendosi a far cambiar strada a termiti grigie che non ne volevano sapere di dover fare un percorso diverso. «Penso che andrò in esplorazione» comunicò secco Banco, levandosi in piedi. Franz, senza distogliere lo sguardo dalla sua occupazione che sembrava aver preso a cuore, assunse l’espressione di chi già si aspettava da tempo quella decisione. «Ti dispiace se ti attendiamo qui?» fece l’uomo con voce atona. «No, certo» lo rassicurò il giovane tirando su lo zainetto. «Vado a vedere cos’altro c’è in giro, giusto per rendermi meglio conto di quello che dobbiamo aspettarci…» «Non devi giudicarci male…Banco…» se ne uscì l’uomo inaspettatamente senza guardarlo «io e lei abbiamo passato dei gran brutti momenti, cose che neppure puoi immaginare». Il viso dell’uomo si era fatto cupo come non lo aveva mai visto: la sua fronte era solcata da rughe profonde. Il ragazzo avrebbe voluto saperne di più, ma non gli sembrava il caso di chiedere. Se avesse voluto gliene avrebbe parlato lui spontaneamente. ‘Certo è che non so pressoché nulla di loro’ si disse aggiustandosi gli spallacci del sacco. Il respiro della donna si era fatto pesante, mentre la tenue brezza che ogni tanto tirava in modo piacevole dalla valle si divertiva a scompigliarle i capelli. «Noi aspetteremo fiduciosi qui, che tu torni con delle buone notizie…» seguitò Franz, questa volta accennando ad un sorriso. «Fate molte attenzione…» esortò Banco equilibrando il suo zaino sulle spalle robuste. «E quando Nora si sveglia, cercate un posto più appartato. Qui potreste essere troppo esposti». «Non ti preoccupare per noi, ce la caveremo. Stai attento a te, piuttosto». Banco non aggiunse altro e partì. Non lo aveva detto a Franz, ma il suo proposito era quello di seguire le orme dei Demoni dagli Occhi Blu che aveva visto scappare una volta uscito dalla botola. Da come si erano allontanati, in modo ordinato e preciso, gli era parso che stessero andando in un luogo determinato, la cui ubicazione era fermamente intenzionato a scoprire. Ritornò, non senza titubanza, alla dispensa. Il grosso orso era ancora lì riverso per terra, davanti alla fossa rimasta aperta. Un rapace dal lungo becco, un incrocio tra un avvoltoio e un condor, ma con piume lunghe e rosse, si stava cibando della carcassa del plantigrado: alla vista del ragazzo si spostò solo di lato, senza volare via. Di Gola Squarciata non era rimasto che un mucchietto di cenere pastosa mista a fango verdastro. Un filo di fumo, là dove ancora vi erano i resti di Morticia, usciva lento dalla botola. Banco non perse altro tempo mettendosi subito a cercare le orme dei Demoni fuggitivi, che rintracciò facilmente. Sul terreno era rimasto impresso infatti il segno dell’artiglio della mano destra che quelle creature utilizzavano per bilanciarsi durante il loro strano procedere: ogni volta che era stato posato per terra aveva sollevato un po’ di erba e di terriccio. Sempre guardingo e attento ad eventuali imboscate, Banco seguì le tracce. Passò così davanti a dove era sparita la ‘sua’ casatrottola e alle fortificazioni dove si erano asserragliate le fazioni dei Soci scontratesi l’un l’altra sanguinosamente. Il ragazzo si guardò attorno sorpreso: la maggior parte dei corpi dei Soci era sparita. Era sicuro che ci fossero ancora l’ultima volta che era stato lì per procurarsi la fune servitagli per trascinare Franz e Nora fuori dalla loro stanza di prigionia: se lo ricordava benissimo. La cosa gli parve strana e lo insospettì molto. Sul terreno c’erano ora molte tracce confuse, ma per nulla tranquillizzanti per numero e dimensioni. Poi, ad un certo punto, avvertì quel brivido lungo la schiena che, come aveva imparato a capire, corrispondeva alla presenza ravvicinata di un Demone. Chiuse allora gli occhi, cosa che gli permise di vedere arrivare alla sua destra, in fila indiana, cinque Demoni dagli Occhi Blu, con il loro caratteristico passo a intermittenza. Uscì dalla fortificazione e si appiattì dietro ad un parapetto di legno. I Demoni con pochi balzi furono nel fortino a pochi passi da lui. Uno di loro, forse attirato dall’odore di un umano, si rizzò in piedi a scrutare attorno a sé a 360°. Banco lo osservò bene da un’intercapedine nella paratia: aveva la particolarità di avere un braccio solo e uno sguardo allucinato da folle. Il cuore del giovane batteva all’impazzata. Non sarebbe stato certamente in grado di poter far fronte all’aggressione di un numero così elevato di creature infernali. Poi Braccio Monco si rimise sulle tre zampe. Fece dei gesti e dei grugniti agli altri cosicché ciascuno di loro si caricò sulle spalle un corpo. Quindi ripresero la strada da dove erano venuti ballonzolando in quel modo anormale. ‘Forse si ciberanno anche di quei corpi’, pensò Banco con disgusto. ‘Li porteranno in un altro posto, per sicurezza, visto che nella dispensa dove siamo stati prigionieri, o vicino ad essa, sono morti due Demoni’. Aspettò che si fossero allontanati per poterli pedinare. Nonostante avessero un peso non da poco sulle spalle, le creature avevano un passo molto veloce e il ragazzo faceva fatica a star loro dietro tanto che, ad un certo punto, perse il contatto visivo. Camminava da diverso tempo, quando Banco si accorse che le orme finivano tutte in un punto. Guardò meglio: vicino c’era solo una grande quercia e intorno un vasto prato. Banco controllò anche sulla pianta d’alto fusto, ma non c’era nessuno, tanto meno Demoni. Il giovane decise allora di usare i propri Poteri per controllare meglio la zona: chiuse gli occhi e ispezionò ogni anfratto o buca o grotta nel raggio di decine e decine di metri. Niente. Era completamente solo. ‘Potrebbe darsi, rifletté, ‘che anche loro, come i Demoni Carena, siano capaci di sparire a comando rendendosi del tutto invisibili. Ma perché farlo ora dopo una estenuante camminata?’ Provò ad allontanarsi da quel punto, controllando accuratamente il terreno. ‘Chissà, potrebbero anche aver spiccato un grande balzo, giusto per confondere eventuali inseguitori’. Il giovane si era appena allontanato in direzione della quercia quando avvertì un forte spostamento d’aria alle sue spalle. Banco si volse e notò che, proprio là dove le tracce delle creature si erano interrotte, si era formata una scalinata argentea di una decina di gradini. Il ragazzo si nascose dietro al tronco del grande albero frondoso anche perché aveva avvertito la presenza di un Demone. E subito, infatti, dalla cima degli scalini scese una creatura dagli Occhi blu. Si calava in modo goffo, dando le spalle al vuoto, aiutandosi sempre con il suo unico, ma micidiale artiglio che sbatteva di gradino in gradino. Toccata terra, la creatura si diresse per fortuna nella direzione opposta a quella in cui si era nascosto il ragazzo e in pochi balzi fu lontano. La scalinata però rimase ferma, come se rappresentasse una sfida o un interrogativo a una domanda cui Banco avrebbe dovuto rispondere. Il ragazzo non sapeva che fare. Si aspettava peraltro che da un momento all’altro la scala sparisse sotto i suoi occhi così come era apparsa. Rimase bloccato nella sua indecisione fino a quando avvertì di nuovo il solito brivido alla schiena. Il Demone dagli Occhi Blu stava tornando: aveva sulle spalle il corpo di un Socio che trasportava senza apparente fatica. Il Demone, arrivato alla base della scala, si trascinò su con il suo artiglio, sbuffando e digrignando i denti. Poi, all’ultimo scalino, fece un passo in avanti come se in cima ci fosse una porta anche se non si vedeva; infatti subito dopo, sia lui che il corpo che aveva in spalla, sparirono. La scalinata d’argento era invece sempre davanti a Banco. Sospesa per aria, senza toccare terra. Trascorsero alcuni minuti e il Demone ridiscese esattamente come aveva fatto la volta precedente, procedendo nella stessa direzione di prima. Banco comprese allora che, se quello era il ritmo di avvicendamento, avrebbe avuto solo pochi minuti per salire, sempre che lo avesse voluto fare, prima che quella creatura infernale tornasse indietro. Qualcosa però gli diceva di non farlo. La curiosità tuttavia, come al solito, era troppo forte: sapeva che non avrebbe resistito a lungo. E poi, dopo tutto, si disse per darsi una giustificazione, doveva pur trovare un modo per tornarsene a casa. Abbandonò con molta riluttanza il suo rassicurante nascondiglio e si avvicinò alla scala. Mise un piede sul primo gradino, guardò in su: non c’era nulla in cima, almeno così gli sembrava, e la cosa lo preoccupava. Tolse il piede e lo rimise sul terreno. Quindi ci riprovò. Salì. Fece il secondo gradino ed il terzo. Poi, inaspettatamente, la scala si mosse portando rapidamente Banco all’insù come se si trattasse di una scala mobile. Il giovane si girò per buttarsi a terra, ma già si trovava a diversi metri di altezza e vi rinunciò. Traballò su quella scala fino a quando la medesima non sparì all’interno dell’apertura invisibile portandolo con sé. Banco si ritrovò in un piccolo atrio. Era senza finestre, la luce era accesa anche se non riusciva a distinguere bene quali fossero le sorgenti di illuminazione. L’aria era satura di un odore strano: si sarebbe detto odore di alcool, misto a incenso e resina bruciata. Sentì delle voci concitate che provenivano dal fondo di un corridoio che si apriva sulla sua sinistra. Lo percorse molto lentamente, con prudenza, scivolando sulla parete bianca sotto luci che si erano fatte soffuse e che gli ricordavano la corsia di una clinica privata di lusso. Arrivò in fondo e si trovò davanti alla porta della stanza da dove provenivano i rumori. Non si sentiva tranquillo anche perché i brividi sul collo si erano fatti intensi: dovevano esserci molti Demoni in quel posto. Si rannicchiò in uno spazio angusto, tra un armadio e la parete, chiudendo gli occhi. Poté così vedere che, al di là della porta, sul fondo della stanza c’era il cumulo dei corpi dei Soci ammonticchiati uno sopra all’altro, quasi fossero sacchi di farina da stivare in un magazzino. Se Banco non avesse saputo che si trovavano in uno stato di profonda catalessi, avrebbe giurato che fossero tutti morti. Tra loro poté notare anche alcuni di quelli che erano entrati nella casatrottola. Ed era dunque in questo posto che sarebbero giunti lui, Franz e Nora se lui non fosse riuscito a fermare i Demoni Carena soffiatori. Ogni tanto, alcuni Demoni dagli occhi Blu andavano a prelevare uno di quei corpi ammassati trascinandolo per le braccia in mezzo alla stanza: quindi lo posavano su di un lettino. Dall’alto, sulla perpendicolare del lettino, scendeva poi un grosso coperchio che copriva completamente il corpo del Socio disteso al di sotto. Seguivano acuti ronzii, fischi, fuoriuscite di gas e vapori. Infine il coperchio si alzava dondolando nel vuoto. E dal lettino si buttava giù, vispo e digrignante, un Demone dagli Occhi blu. Subito gli altri alzavano grida di saluto cui il nuovo Demone si univa in una confusione indescrivibile. Banco aveva la bocca spalancata. Avrebbe voluto gridare e lo avrebbe fatto, contro la sua stessa volontà, se la voce non gli si fosse strozzata nella gola. Le notizie che gli avevano dato Franz e Nora erano allora completamente sbagliate. Gli umani non venivano affatto ridotti all’impotenza o eliminati da Baalzeniah, ma erano trasformati in Demoni per ripopolare l’intera Terra di creature infernali. Questo dunque era il fine ultimo che il Malvagio si era prefissato. Banco decise di allontanarsi subito, aveva visto a sufficienza. Ripercorse il corridoio per poi tornare nell’atrio in cui era arrivato per poi scendere dalla Scala d’Argento. Si voltò attorno più volte per potersi orientare, ma, per quanto cercasse, non riusciva a individuare dove fosse ubicata la porta di uscita. La porta era diventata invisibile. Stava tastando, agitato, tutta la parete di quella camera quando sentì alle sue spalle: «Ben arrivato, Banco!»

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