[RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE: Jebedia Kimmel, coltivatore di Bittercreek nel Wyoming, vuole partecipare e vincere la gara annuale del Grande Pomodoro e conquistare così la stima e la considerazione nella comunità, che come straniero, non aveva mai avuto. Per produrre allora un pomodoro degno di poter gareggiare e vincere, usa un fertilizzante che suo nonno aveva inventato per salvare e rinvigorire la quercia gravemente malata che ancora svetta in giardino. Iniettata la sostanza nel fusto della pianta, quando già pensava di non farcela più, comincia a vedere i primi effetti: il pomodoro nasce e cresce rigogliosamente... --> LEGGI TUTTO]
Ma il Nostro nonostante i lusinghieri risultati non voleva fermarsi. Voleva stravincere; desiderava diventare celebre in tutta la contea e anche oltre. Voleva finire in TV; magari avrebbero girato sulla vicenda una serie televisiva o un film. Si sarebbe risaputo ad ogni angolo della terra che Jebedia aveva coltivato un pomodoro da Guinness dei primati e avrebbero dato il suo nome a quella varietà: il Grande Pomodoro Kimmel. Questo pensiero esaltante non lo faceva più dormire la notte. Finalmente sarebbe stato preso in considerazione da tutta la comunità, proprio lui che, ritenuto uno straniero, era sempre stato guardato con sospetto e diffidenza.
Rinforzate le canne che avrebbero dovuto sopportare il peso del fusto e del pomodoro sempre più grosso, Jebedia continuò con le sue iniezioni. Il pomodoro oramai era diventato delle dimensioni di un pallone da football.
Ben presto il contadino si accorse però che il pomodoro cresceva a dismisura anche se lui non praticava più alcuna iniezione. Era come cioè se si fosse messo in moto un inarrestabile meccanismo autonomo di accrescimento.
‘Meglio‘, pensò Jebedia, ‘così non corro più il rischio di essere scoperto‘.
Purtroppo, la pianta di pomodoro era stata fatta crescere vicino alla casa proprio per sfruttare il riparo che l’abitazione poteva offrire dal vento della pianura. Pian piano, le radici cominciarono a spingere contro le pareti della casa tanto che una finestra, quella a diretto contatto con la pianta, dopo un po’, non si aprì più per essere rimasta incastrata negli infissi.
Trascorsero i giorni e il pomodoro continuava a svilupparsi. Tutti i coltivatori erano ormai senza parole. Arrivarono persino dai paesi vicini per poterlo ammirare. Jebedia non stava più nella pelle poco importandogli che la parete della cucina si stesse inclinando pericolosamente. Ma prima di quella crollò parte del piccolo capanno degli attrezzi, mentre si alzarono gran parte delle assi della veranda. Jebedia sembrava non curarsene e continuava a sorridere. Anzi, quella , secondo lui, era la manifestazione più evidente del suo indiscutibile successo. Finalmente aveva ottenuto quello che voleva. Rispetto, ammirazione, invidia. Sarebbe diventato una leggenda e sarebbe stato sulla bocca di tutti.
Appena due giorni dopo, com’era prevedibile, si abbatté di schianto la parete sud della casa e gran parte del tetto. Il balconcino del secondo piano rovinò la sera dopo con un colpo di vento un poco più forte. Oramai Jebedia era confinato nella sua camera da letto, l’unica stanza che fosse abbastanza lontana dal pomodoro ormai delle dimensioni del tronco della quercia di suo nonno.
Poi, un giorno, nel cuore della notte, avvenne un’esplosione.
Si svegliò spaventato con il cuore in gola. Accese la luce e vide con orrore che nella camera c’erano pezzi di pomodoro dappertutto. Li aveva sulla coperta del letto, sul soffitto, sui mobili, addosso. Sembrava sangue ma non lo era anche se avrebbe preferito, a quel punto, che lo fosse stato. Era successo davvero! Il suo pomodoro aveva continuato a crescere fino a scoppiare.
Da quel momento, superata la meraviglia e lo stupore per quanto accaduto, tutti in paese cominciarono a farsi beffe di lui. Iniziarono a dirgli che era un ‘gonfiato’, come il suo pomodoro; che era un buono a nulla come la sua gente, tanto da farsi distruggere la casa per non aver ottenuto in cambio un bel niente. Per prendere in giro qualcuno in paese ora dicevano: ‘non fare il Kimmel’. Altro che pomodoro speciale con il suo nome!
Jebedia era disperato. Capì che non sarebbe stato più possibile per lui vivere in quella zona.
Così, un giorno, alle prime luci dell’alba, fece su le poche cose che gli erano rimaste e se ne andò via con il suo mulo per tornare alla sua terra d’origine. E di lui non si seppe più nulla.
L’estate successiva, quella stessa pianta di pomodoro, che sopravvisse nonostante lo scoppio, diede spontaneamente quattro bei pomodori di quattro chili l’uno che erano così belli e grossi che nessuno se la sentì di partecipare alla fiera del Grande Pomodoro; già l’anno dopo, a Bittercreek, la rinomata Fiera chiuse i battenti per mancanza di partecipanti.
Trascorse da allora altro tempo e da quella prima pianta ne nacquero altre, spontaneamente, ciascuna dando sempre pomodori extra misura oltre che succosi e prelibati al palato.
Chi finì per comprare il terreno che fu di Jebedia trovò il modo di isolare i semi e ripiantarli con successo dopo svariati tentativi infruttuosi. E in capo a pochi lustri anche i coltivatori vicini e altri ancora nella regione piantarono quei semi prodigiosi tanto che la zona divenne rinomata nello Stato per il suo pomodoro di un rosso brillante, grande e misterioso.
Eh sì, perché nessuno più si ricordava di Jebedia.
Ma siccome il terreno, da cui tutto ebbe inizio, risultava ancora accatastato a un certo Kimmel un giorno l’Assemblea comunale di Bittercreek, per i grandi profitti economici e la risonanza mediatica che la varietà del Grande Pomodoro aveva portato e ancora portava alla regione, volle ribattezzare la città in Kimmelcreek, divenuta famosa nell’intera Nazione come il paese del Grande Pomodoro.
Ma Jebedia era morto ormai molto da tempo, troppo tardi per poterne gioire.
(fine)