Tre investigatori al prezzo di uno

Il Maresciallo Maggiore V.A.P (sigla che sta per Vigilanza ad Ausilio del Patrimonio, mentre per i detrattori starebbe per Vattela a Pijà…), Comandante dei Carabinieri della Stazione di Lamarmora, Treviri Cassiodoro, azzimato e piacente nella sua nera uniforme profumata di spigo e nei candidi guanti da parata, si trovava saldo sull’attenti, gli occhi vispi e pronti, innanzi al dr. Morozzo de’ Macci in attesa di un qualsivoglia ordine.
Il Magistrato, seduto su di una panca reclinata, stava faticando con un bilanciere da ottanta chili, pompando ettolitri di sangue nei pettorali smisurati.
Trascorsero diversi minuti di solido silenzio, durante i quali il PM non sembrava essersi neanche accorto della presenza pur ragguardevole del Milite. Poi, appoggiato il bilanciere sulle staffe, facendo leva sui poderosi addominali, balzò in piedi con scatto leonino onde poter meglio squadrare con sufficienza il Cassiodoro.
«Maresciallo…?» disse il Magistrato artigliando un altro manubrio.
«Comandi dottore!» rispose l’altro, in apnea, tendendosi ad arco nello strenuo tentativo di apparire ancor più militaresco.
«Respiri pure…» incoraggiò il Morozzo con aria sforzata cominciando a contare fino a dieci.
«Grazie dottore, sempre a sua disposizione, dottore!» ribatté il sottufficiale sgonfiandosi un poco (ma non troppo).
«… e dunque il mio collega Primo Fante sarebbe svanito nel nulla… secondo lei…»
«… già! E la sua talassite domestica (leggasi quivi testuggine vulgaris, per maggiori delucidazioni a tale riguardo si consulti ‘La vita meravigliosa degli animali’ da pag. 154 a pag. 158 inclusa, che ho regalato a mio figlio per Natale) all’ufficio meglio nota con il nome di ‘Ughetta’, per tacere dei cinque conigli, della pecora, di alcune galline e/o di altri animali in corso di identificazione, da informazioni assunte in loco, dicevo, verserebbe in istato di acuta sofferenza per il prematuro e immotivato distacco dal loro padrone… se mi consente…»
«Allude allo squallido zoo del mio collega…»
«Precisamente dottore… alludo… se mi consente…»
«… uhm… ho letto nel rapporto (di centosessantadue pagine!) che lei non avrebbe ragione di pensare ad un allontanamento improvviso, per motivi di famiglia: perché sarebbe arrivato a tale conclusione?» chiese il PM che, avendo fatto saltare il manubrio da una mano all’altra, con un sonoro opplà, stava ora lavorando sull’altro bicipite.
«… perché, da informative raccolte presso le Autorità costituite e a ciò preposte (leggasi, quivi, Ufficio Anagrafe e Decentramento Urbano, per i relativi recapiti telefonici, visionare le pagine gialle alla voce ‘Uffici comunali’), il nominato in oggetto, primo ed ultimo di prole solitaria (da qui il nome di battesimo), orfano di entrambi i genitori, madre e padri compresi, non risulterebbe accasato, ovverosia non avrebbe famiglia… niente della di lui moglie, niente del di lui padre, niente della di lui madre…»
«Ho capito, ho capito… non ha parenti insomma!»
«… è ciò che ho appena detto io, dottore!»
«… e lei ha altresì scritto, al di là della questione che il mio collega fosse o meno di turno, che non emergerebbe neppure il fatto che possa trovarsi da qualche parte in gita, con un amico…» perseverò il Magistrato nel suo ragionamento mal dissimulando un certo qual crescente fastidio per la prolissità di quella esposizione.
«… dall’esito delle analitiche indagini espletate da autorizzato personale dell’Arma (che immodestamente, ho l’onore di comandare) in abiti simulati e in servizi di appiattimento con pattuglia automontata e/o a piedi, si è potuto asseverare, senza ombra di incerta perplessità, confrontando le emergenze acquisite in esperienze consimili verificatesi in anni pregressi e rinvenibili negli annali editi a cura della sovra rubricata Arma (e pubblicati a puntate insieme ai fumetti di ‘Split, l’elefantino infelice’ sulla rivista mensile ‘Il Carabiniere’ di cui mi farebbe cosa grata se accettasse una copia omaggio) che il più volte citato dr. Primo Giacinto Ortensio Fante, in verità, non avrebbe amici dottore…» rapportò il Maresciallo che, abbassando il tono, si era piegato in avanti verso il Sostituto, per non farsi sentire da nessuno; poi un suo accenno di sorriso, indice di una voglia di cordialità a lungo repressa dal proprio grado e dalla deferenza nei confronti dell’Autorità Giudiziaria fu spazzata via dallo sguardo inceneritore del Morozzo. Quindi, riacquistando il consueto aplomb, continuò: «… vale a dire niente dei di lui compagni di scuola… niente dei di lui frequentatori di bar…»
«D’accordo, per carità, Maresciallo, ho afferrato il concetto!» abbaiò Morozzo ancora più contrariato.
«Sì… come crede… sempre a sua disposizione… era solo per essere più esplicito…»
«E di Francesco Speranza, … ci sono notizie? E’ mai concepibile che si sia volatilizzato pure lui?» seguitò il PM avviandosi ad operare sui tricipiti, dopo essersi deterso il sudore con un asciugamano che aveva lanciato su di un braccio rimasto teso del sottufficiale.
«… per quanto più specificatamente concerne il sunnominato Don Ciccillo… pardon il noto boss Francesco Speranza, meglio conosciuto all’Ufficio con lo pseudonimo di ‘Don Ciccillo’, fu Fernando detto ‘O’ Caligola’ nato a Portici (Italia) il 12.07.1919 e fu Carmela Rotolasuossi detta ‘Lisca di Pesce’ , nata a Battipaglia (Italia?!?) in data 05.11.1921, pregiudicato, nessun segno particolare (se non uno strano mutismo), di professione camorrista ebbene… sembrerebbe da approfondite indagini…»
«Venga al dunque, Maresciallo!»
«Si certamente, dottore, come crede opportuno, dottore… sembrerebbe, dicevo, da approfondite indagini… che il prefato, più che impunemente sottrattosi alle forze di custodia, come poteva reputarsi da una prima sommaria quanto superficiale conclusione, si sia piuttosto, se mi consente… involato!»
«Cosa?!?» deflagrò iroso Morozzo lasciando cadere il manubrio sul linoleum che rimbalzò più volte con fragore.
«Proprio così, dottore! La scorta dei Carabinieri è partita con il detenuto dal locale Istituto di Prevenzione e Pena alle 9.21 (circa) e… e… ed è sparita… cioè, mi preciso, spiegandomi meglio… è stato trovato il furgone usato per il trasferimento, regolarmente parcato nanti il Palazzo di Giustizia (negli appositi spazi consentiti come da ordinanza comunale del 5 settembre 1977, n. 554, che potrebbe eventualmente allegarsi, a richiesta di questa stessa spettabile Autorità procedente) regolarmente parcato, dicevo, alle 9.33 (circa), ma di Don Ciccillo e della relativa scorta militare si è perduta ogni qualsivoglia traccia… niente dei di lui militari… niente del di lui Avvocato…» il Treviri profferì l’ultima frase massaggiandosi il mento barbapuntuto, avendone colto, ad un tratto, tutta l’intrinseca inverosimiglianza. Poi, adagiando sulla scrivania (senza farsi notare) l’asciugamano del Morozzo, che puzzicchiava non poco, insistette:
«Siccome si vocifera che il sopra meglio generalizzato Francesco Speranza, nonostante abbia triste nomea di uomo efferato sia, altresì, altrettanto benamato dai suoi accoliti, che lo venerano come un santone… azzarderei, per queste motivate argomentazioni, suscettibili peraltro, di eventuali e successivi riscontri, un’ipotesi… se mi consente…»
«Ebbene? Dica, dica Maresciallo… ma per cortesia… sia più conciso…»
«Certamente… sempre a sua disposizione…»
«E allora?!?»
«Allora… che sia asceso al cielo?»
«Sì con la scorta e le manette!» esplose il Magistrato picchiando un pugno sulla panca di ferro che si spaccò letteralmente in due «ma mi faccia il piacere Maresciallo… perdio, ma sono fesserie da raccontare queste?»
«Stavo unicamente proponendo delle ipotesi di studio che potrebbero venir suffragate nel prosieguo di disponendi accurati accertamenti…» sostenne il Cassiodoro cercando di difendere, in modo ossequioso, la sua opinione, domandandosi in cosa avesse sbagliato per irritare così il PM.
«Va bene… va bene… vada pure le farò sapere…» sentenziò Morozzo abortendo ulteriori inutili discussioni e accompagnando le parole con un movimento secco della mano che, nella mimica gestuale demacciana, stava solo a significare: ‘si levi dai coglioni, imbecille’.
Seguì un batter di tacchi e il fruscio di cinque dita unite e tese che, fendendo l’aria come una saetta, a mo’ di saluto, si fermarono a pochi millimetri dalla visiera:
«Comandi! Sempre a sua disposizione, dottore!»
E si dileguò.
 
«Vi ho qui convocati per delle comunicazioni della massima importanza.»
Gli Avvocati Oronzo Passiflora, Trito Acàntore e l’Avvocatessa Matilde Spazzamare se ne stavano immobili davanti alla scrivania in marmo di Carrara di Julius con sul volto stampata un’espressione mista di curiosità e stupore. Solo il Trito, ogni tanto, si voltata furtivamente per affondare un enorme ramaiolo (telescopico) di plastica in una gigantesca teglia ricolma di tiramisù che teneva nascosta sotto la giacca.
«Ho riflettuto a lungo sulle necessità operative di questo ufficio e ho concluso che… che… AVVOCATO PASSIFLORA!!!»
«Mi dica dottor Mezzapassera» disse volenteroso il professionista.
«… potrebbe per un attimo posare quel tunisino almeno fino a che IO non avrò finito di parlare?»
Da sotto l’ascella del Passiflora, invero, spuntava la testa riccioluta di un extracomunitario, il cui corpo proseguiva dietro le spalle di quello, in maniera invertebrata e moscia, tale e quale un materassino sgonfio.
«Stavo recandomi in studio, quando lei mi ha fatto chiamare e mi sono subito precipitato… sa, mi stavo portando una pratica da sbrigare… comunque non è un tunisino, è un marocchino.»
«Va bene, quello che è, Avvocato! Lo metta giù da qualche parte.»
Con una smorfia di disappunto, il Passiflora mollò il cliente sul pavimento.
«Splendido!» se ne uscì il PM a bocca storta.
«Splendido!» tintinnò con ironia la Spazzamare, che si stava tenendo a debita distanza dal maghrebino acciambellatosi sulle sue scarpe (di coccodrillo nano) per poter dormire.
«Spl@µ#†nd©» grugnì il Trito masticando.
«E anche lei Avv. Acàntore la smetta di mangiare per un momento per piacere!»
«E’ vero, è disgustoso!» ninnolò la donna spruzzando mezzo flacone di profumo sopra alla testa dell’extracomunitario.
«Inconcepibile! Deontologicamente inconcepibile!» diede manforte il Passiflora «se la vedesse il Serpi-Colonna non la passerebbe liscia!»
«…rroba da ‘mmatti… nun ce se crede…» sbottò il marocchino rimanendosene sdraiato su di un fianco; poi, sentendosi al centro dell’attenzione, allargò un radioso sorriso che sembrò illuminare tutta la scena compreso Calogero Mannò che se ne stava rannicchiato, per non disturbare, nell’angolino più buio della stanza. I capelli rosso fosforescenti dell’Uditore catturarono a lungo il chiarore diffuso da quella dentiera candida.
«Avvocato devo riferire questioni riservate, se potesse quindi, per favore, far allontanare il suo cliente…»
«Non se preoccupi dottò» rintuzzò l’extracomunitario contento che si stesse discutendo di lui «capisco e parlo unicamente l’arabbo.»
«Ach… se è così rimanga pure… dunque, dunque stavo dicendo? Ah sì! Ho riflettuto a lungo sulle necessità operative di questo ufficio e ho concluso…»
«Questo l’aveva già detto…» sbadigliò la Spazzamare rimirando i colleghi da sopra due tette imperiali alla ricerca di un consenso condiviso.
«Gi@¥p¬€@µ» ribadì il Trito.
«‘Turna! An vedi questo, stà a ricommincià d’accapo!» brontolò il marocchino tra sé e sé «qui famo notte!»
«… CHE HO NECESSITA’… » riprese il Cipollone alzando la voce per richiamare l’attenzione su di sé «di rivolgermi, per certe mie indagini estremamente delicate, a persone di fiducia, scrupolose ed efficienti.»
«Tutto ciò é molto interessante!» dissero i difensori (ed il maghrebino) in coro «ma noi che c’entriamo?»
«C’entrate, c’entrate… nel senso che le persone di fiducia siete VOI!»
Un’esplosione di risa, repentina quanto sgangherata, riempì l’ufficio.
L’Acàntore in un singulto irrefrenabile sputò una badilata di tiramisù ed alcuni bocconi di pollo alla diavola residui ancora tiepidi della colazione del mattino, sull’Uditore, il quale, tuttavia, benché colpito in pieno viso, vista l’ilarità generale, scoppiò a ridere anche lui per non essere da meno; la Spazzamare, invece, nel tentativo maldestro di tenersi la pancia, finì per lanciare dalla finestra un braccialetto d’oro zecchino da tre chili e mezzo . Solo Julius, squadrando i presenti con piglio ammonitorio, rimase gelido e impettito.
«Perfetto!» fece il Passiflora raccattando da terra il cliente e rimettendoselo sotto l’ascella «è stato proprio divertente… l’ho spesso sostenuto io che, dietro a quell’aria da cipresso appassito, lei nasconde la verve di un bel mattacchione…»
«Sì, sì, di un bel mattacchione…» fece eco, in una sinfonia di pendagli e medagliette, la Spazzamare.
Poi mentre i tre stavano infilando la porta…
«Non sto affatto scherzando!» esclamò il PM levandosi in piedi «così come non penso che ci troverà nulla da ridere la Guardia di Finanza, allorché eseguirà un’accurata ispezione presso il suo studio, Avv. Oronzo Passiflora, alla ricerca di tutto quel danaro in valuta pregiata che tiene occultato nel doppio fondo del suo water…»
Il Passiflora si arrestò sull’uscio impallidendo; quindi, mollando nuovamente sul pavimento il cliente, si rigirò:
«Co… come dice prego… co… come fa a saperlo?»
«Tu fai cose di questo genere…???» proruppe la Spazzamare fingendosi scandalizzata.
«Già!» incalzò severo il Magistrato «ma forse è sempre più dignitoso che farsi scopacchiare da tutti i GIP del Palazzaccio per ottenere delle nomine di ufficio o di gratuito patrocinio…»
La Spazzamare, rinfoderando le tette capezzolute nella camicetta trasparente, senza il minimo trillo, sbiancò di colpo anche nelle mutandine di pizzo nero .
«E che pensare, caro il mio Acàntore, del tentativo reiterato di violenza sessuale operato nei confronti della mia collega Pamela Melapà…???»
«(Blob) E’ solo… (umff… umff…) un equivoco, un terribile equivoco posso spiegare ogni cosa…» deglutì affannosamente il professionista.
«… c’è una ricca documentazione sulla vicenda» ribatté il PM sbandierandogli trionfante il voluminoso dossier sotto il naso.
«Ma bravo!» commentò il Passiflora «hai capito dove ficca il cetriolone questo qui! Zitto, zitto, fa finta di pensare al formaggio e poi, invece, praaaccc, quando meno te l’aspetti, ti tira fuori la pantegana!»
«Che essere schifoso e vomitevole!!!» scampanellò la donna passandosi sulle labbra tumide una lingua rasposa e mobile come un pitone.
«Se pò sapè almeno se è bbona ‘sta zoccola?» domandò in sottofondo il marocchino.
«Signori, non vi permettete… è tutto un malinteso… vi giuro… posso chiarire… » riprese con fervore il Trito spandendo generosamente forfora appiccicosa.
«Questi dossier che vedete sul mio tavolo documentano pedissequamente i vostri intrallazzi… le vostre grandi e piccole nefandezze… ci sono referti, scritti, piantine, rapporti, foto e filmini…»
«E’ documentata anche la mia ultima visita a sua Veneranza dr. Bamonti ???» farfugliò timidamente l’Avvocatessa.
«Anche quella, soprattutto QUELLA!»
«Oh cielo!»
«Come? Hai avuto un congresso carnale con Sua Premorienza?» ridacchiò il Passiflora saltando subito alle conclusioni.
«No, non è stato al Congresso, ma sotto la sua scrivania…» confessò la donna mordicchiandosi confusa due labbra da tinca in fregola.
«Strano, allora, che non l’abbiate fatto piuttosto sotto ad una tenda ad ossigeno!» si risgangherò per la sua battuta l’Oronzo mimando più volte il ‘congresso’.
«Ce n’è pure abbastanza su quel giro di scommesse clandestine che lei, Passiflora, ha organizzato nell’ambiente forense sugli esiti dei processi…»
«Co-Cosa dovremmo fare…?!?» tagliarono corto la Spazzamare e il Passiflora divenuti istantaneamente accondiscendenti.
«Semplicemente investigare per mio conto, in privato, su di un furto.»
«Ammè me sembra che ‘sto qui ce stà a pijà’ per culo…» borbottò il marocchino.
«Investigare su cosa esattamente?» chiese ancora il Passiflora abbottonandosi/sbottonandosi nervoso il panciotto.
«Al Presidente dottor Anaspasio Trillozzo, è stata sottratta inopinatamente la pettorina cui è molto, molto affezionato: per questa ragione dovrete raccogliere tutti gli indizi che possono risultare utili per risolvere il caso, riferendomi sollecitamente quanto sentito in giro… senza tralasciare alcunché. In altre parole, si tratta di svolgere delle indagini… in modo discreto e riservato. Non mi posso fidare di nessuno, non ho altra scelta che rivolgermi a voi.»
«E se non accettassimo???» s’informò oziosamente la donna cercando di tenere su un ricciolo ciuffoloso che si era nel frattempo afflosciato in mezzo al viso.
«Ci sarebbe un mio immediato colloquio, per nulla riservato, con il Presidente dell’Ordine degli Avvocati dott. Reginaldo Maria Serpi-Colonna e, conseguentemente, tre Avvocati in più espulsi dall’Albo.»
«Qualcuno mi ha chiamato???» fece la voce inconfondibile del Serpi-Colonna, il cui sorriso in dentavision filtrò da sotto la porta chiusa.
«NOOOO!!!» risposero i professionisti all’unisono terrorizzati.
«Questo è un ricatto bell’e buono!» s’indignò il Passiflora cercando di ricordarsi, per imitarla, che faccia avesse una persona indignata.
«Lo chiamerei piuttosto un accordo tra gentiluomini» chiarì Julius, che oramai sentiva di tenerli in pugno.
«Ammè me sembra un accordo tra sstronzi!» stigmatizzò sottovoce il marocchino.
«E in cambio dei vostri servigi, avete la mia parola che i dossier che vi riguardano saranno distrutti.»
«Uhm… però tutto sommato si può fare…» disse il Passiflora conciliante risistemando l’extracomunitario nell’incavo dell’ascella «… sì, si può fare.»
La Spazzamare agitò un pendente per assenso ravvivandosi il ciuffetto resuscitato.
«E io sono sicuro invece che sia ancora possibile spiegare ogni cosa…» ritornò alla carica l’Acàntore.
«Vieni via Trito, lascia perdere, ci tiene per le palle, andiamocene!» quindi, guardandolo fisso negli occhi, «… e così, vecchia baldracca… ci hai provato con quella mummia di giudicessa… e io che pensavo che facesse pipì in piedi… caspita che stomaco che c’hai…» poi prendendolo sotto braccio «adesso però devi spiegarmi bene come hai fatto!»
«Schifoso» ribadì la Spazzamare aprendosi un varco tra i due con i gomiti rafforzati da placche di platino «e… e…»
«… vomitevole» concluse il marocchino.
L’Acàntore, ormai rassegnato, si accodò docilmente al Passiflora ma, passando vicino al Mannò, con un insospettabile scatto cinghialesco, gli diede una slinguata sulla faccia impiastricciata di tiramisù e di pollo alla diavola, inghiottendo subito, il tutto, avidamente.
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