Caracalla – Dietro al racconto

Il racconto Caracalla nasce da un’immagine mentale che da qualche giorno mi rimbalzava nella testa (per un approfondimento —> La cellula creativa).

Pensavo (non chiedermi perché) a un prete, vestito con la tonaca nera tradizionale che, in ginocchio sulla sabbia, stava dando l’estrema unzione a un moribondo; prima di impartire il sacramento si metteva però a recitare uno slogan pubblicitario scandalizzando tutti i presenti.

La pubblicità (che nel caso del sacerdote riguardava le ostie consacrate) permetteva al prete e alla sua parrocchia di confidare in qualche entrata extra sempre utili nella gestione di una chiesa di paese. Un’immagine molto strana, mi rendo conto, ma sufficiente a mettere in moto una storia. E così ho voluto svilupparla.

Procedendo a ritroso nel processo creativo (per trovare cioè un inizio e il corpo del racconto) ho costruito la trama intorno all’argomento della eccessiva pervasività della pubblicità — che sebbene ormai parte integrante della nostra vita, trovo dilagante e sempre più molesta — come emerge del resto dal dialogo dei due amici che prendono il sole al mare.

Uno dei due personaggi (Ferrante) alla fine della storia avrà un malore (ma per non guastare il lieto fine, informo subito che si salverà proprio grazie al pronto intervento dei paramedici) al fine di agganciarmi all’immagine cui prima ho fatto riferimento.

Ma poi, nel terminare il racconto, giusto per non apparire blasfemo o irriverente, ma soprattutto per far funzionare meglio la trama, ho preferito sostituire il sacerdote con gli occupanti di un’ambulanza che, prima di portar via l’infartuato, lanciano agli astanti il loro personale messaggio pubblicitario (sulle ambulanze private).

maschera snorkelingIl gozzo che fa la spola per ore, poco distante dalla costa, a urlare pubblicità ai bagnanti attraverso un megafono è un episodio che ho vissuto di prima persona quando ancora, da ragazzo, andavo al mare (prima di abbandonarlo del tutto per la montagna). La cosa più incredibile è che ero (e sono, perché immagino capiti tuttora) il solo a meravigliarmi della esistenza di un simile servizio fastidioso.

I diffusori acustici inseriti nei pali degli ombrelloni e il possibile utilizzo di celle fotovoltaiche sulla Luna, sempre ai fini pubblicitari, sono invece inventati.

E ora qualche delucidazione.

Il gozzo, per chi non lo sapesse, è una tipica barca da pesca nostrana. È caratteristica della Liguria e della Campania (con non poche differenze; nella foto in fondo un gozzo ligure), ma si trova anche in Sicilia, Puglia e sulla costa toscana (—> gozzo).

La joint venture è invece un accordo (un contratto) tra due o più aziende, spesso di diversa nazionalità, che mettono insieme le proprie risorse (economiche, know how, territorio, personale specializzato) per realizzare un progetto comune al fine di condividerne rischi e profitti (—> joint venture);

Il claim (—> claim) è la parte più importante del messaggio pubblicitario, quello cioè che, per semplicità di memorizzazione e per piacevolezza (o insistenza o brevità) più rimane impresso al pubblico in associazione (vantaggiosa) del prodotto; è solitamente l’ultima frase che viene pronunciata prima della chiusura del lancio (“Conad, persone oltre le cose“; “Poltrone e Sofà, artigiani della qualità” per citarne solo un paio.)

Lo snorkeling (—> snorkeling) è infine un’attività che si pratica in mare nuotando in superficie con maschera (vedi foto a metà pagina), boccaglio e pinne per osservare le meraviglie del fondo marino e non solo.

La rostinciana (o rosticciana) è la costola di maiale arrostita alla griglia su un fuoco di carbone o braci di legna; è un piatto tipicamente toscano e dell’Alto Lazio (anche qui non poteva mancare la ricetta –> rosticciana alla griglia).

Da ultimo: il Molo delle Garrupe.

La garrupa (che non ha niente a che fare con la carruba napoletana) è una specie di pesce californiano, del genere Sebastes, simile allo scorfano (per una irresistibile ricetta di spaghetti allo scorfano in un video di Cannavacciuolo —> spaghetti allo scorfano).

Il gozzo ligureSi narra infatti che il Molo sia stato progettato tanti anni prima (subito dopo la seconda guerra mondiale) da un architetto americano, tale Joshua Lee Baker, che si era anche costruito la villa sulle colline (Villa Baker); richiesto dal Sindaco del paese (di cui era diventato amico) di pensarci lui (ovviamente gratis) al fine di mettere la costa al riparo dalle mareggiate, ne seguì i lavori.

Lee Baker era anche un grande appassionato pescatore (non molto fortunato, per la verità). Passava le ore in cima al Molo dove, tra gli scogli, catturava ogni tanto gli scorfani che lui chiamava, appunto, garrupas. Fino a quando tuttavia una sera…

Ma questa è un’altra storia.
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