Un interessante strumento di creatività che si è portati facilmente a trascurare è il pensiero di default o in modalità predefinita.
Si tratta di un pensiero latente, una sorta di elaborazione mentale laterale che il nostro cervello mette a punto quando è occupato a svolgere una qualche attività fisica di routine non impegnativa (invece per il pensiero laterale vero e proprio, che è un altro tipo di attività cerebrale, si rimanda all’ottimo libro di Edward De Bono –> Edward De Bono, ‘Il pensiero laterale‘).
Da recenti studi scientifici sull’argomento si è potuto accertare che l’attività cerebrale rimane molto intensa anche quando il cervello si trova in stato di apparente non attivazione.
C’è una rete di neuroni, denominata default mode network (per un approfondimento, in inglese –> Connettività funzionale nel cervello a riposo: un’analisi di rete dell’ipotesi della modalità predefinita) che esercita la sua massima operatività quando il cervello è a riposo e riduce la sua azione quando il cervello è chiamato invece a svolgere una attività specifica o complicata.
L’attivazione di questa area, in modalità appunto di default, innesca inoltre la capacità di operare collegamenti eterodossi e ‘obliqui’ trattandosi di una regione deputata al coordinamento di diverse altre zone del cervello interessate di per sé alla ideazione.
Sono svariate le condotte che nel quotidiano poniamo in essere senza che la nostra attenzione sia particolarmente vigile non richiedendo un apporto decisionale. Diverse azioni vengono da noi eseguite automaticamente, senza doverle ‘pensare’ o deliberarne di continuo la progressione, proprio perché semplici e sperimentate infinite altre volte.
Si entra così in una sorta di sospensione da routine (in cui ci si accorge che in realtà stiamo pensando ad altro) dove si riserva una minima attenzione a ciò che si sta facendo e pressoché la massima cura a pensare ad altro anche se a nulla in particolare. In altre parole appariamo sovra pensiero.
Situazioni simili si verificano quando si fa una passeggiata senza meta o (purtroppo, vista la sua pericolosità) quando si guida la macchina in autostrada o ci si lava i capelli o ci si prepara al mattino la colazione: il cervello stacca dalla modalità vigile per riattaccare in modalità di default, di puro automatismo.
Il grande vantaggio del pensiero di default è che non opera razionalmente, non segue cioè un percorso di indagine lineare, prefissato, ma lavora per associazioni non convenzionali, estemporanee, rompendo la catena della struttura logica della ricerca guidata e svincolandosi da schemi prefissati.
Sono queste le caratteristiche che accomunano il pensiero di default al pensiero laterale. Se ne differenzia però per il fatto che quest’ultimo scandaglia l’eventuale problem solving con un approccio sì inusuale, alternativo, inconsueto, ma attivo, pensando il pensato cioè volontariamente; il pensiero di default è per contro passivo, è un non-pensiero, non è indirizzato a qualcosa di determinato, va alla deriva, senza una guida apparente e galleggia sulla superficie dello stato di coscienza senza mai affondare.
E questo accade perché il cervello, durante il pensiero di default, non imprime una direzione unitaria alla speculazione pensante, non obbedisce a una sua disciplina valutativa, ma si limita a pensare da solo, pur avendone consapevolezza. La massa cerebrale galleggia sui suoi pensieri andando alla deriva.
La mente, del resto, non si spegne mai, neppure quando l’individuo dorme o è in apparente stato di assenza, sicché, se non è sollecitata dalla volontà pensante, entra in uno stato di inerzia apparentemente amorfa.
E come il pensiero laterale il pensiero di default procede per associazioni, ma le medesime non sono volute, come poc’anzi precisato, nascendo spontanee dal pensiero in abbandono.
È come lasciare libero un cane da caccia che, anziché seguire la pista che gli suggeriamo, agisce di propria iniziativa facendosi condurre non da un’idea dominante come il pensiero razionale o da un’idea secondaria come per il pensiero laterale, ma da un fascio complesso di intuizioni, tracce invisibili e istinto.
Così, se ci si è sforzati di trovare una progressione soddisfacente per una storia che abbiamo in mente che invece si è inceppata sul più bello, non volendone più sapere di proseguire, con il metodo qui suggerito, potrà essere agevole superare il blocco creativo. Affinché però il sistema abbia migliori possibilità di successo occorre tuttavia porre il pensiero di default nella condizione di poter lavorare correttamente.
Prima di porsi nella condizione ripetitiva o di routine (da qui il vantaggio di questo approccio che è facilmente ricreabile e inducibile) occorre richiamare il problema in modo da focalizzarlo, portarlo a emersione, di modo che il pensiero di default lo recuperi e lo metabolizzi come materia grezza su cui lavorare.
In questo caso non si dovrà però ‘pensare al problema’ in questione, come se lo si volesse risolvere (in caso contrario si ricadrebbe nel pensiero logico), ma ci si deve solo predisporre a ciò allestendo una base di partenza su cui il flusso di pensiero non guidato potrà lavorare.
La rete neuronale, votata com’è a dare un senso strutturato a tutto ciò che pensa (–> Come far scoccare la scintilla della creatività), continuerà a rielaborare il problema proponendo continue e diverse soluzioni razionali o logiche o di senso, procedendo per pensieri divergenti creativamente utili per la nostra attività ideativa.
Va detto per la verità, da ultimo, che non sempre il pensiero latente si indirizza docilmente sul problema che si vorrebbe veder risolvere, proprio perché, trattandosi di un pensiero che ‘naviga’ sotto il livello di attenzione, può dirigersi altrove, senza meta, del tutto insensibile ai nostri suggerimenti subliminali.
Con un po’ di allenamento, però è possibile ricreare facilmente (e in modo artificiale) le condizioni mentali corrette forzando anche la focalizzazione dell’attività pensante riuscendo così a trarne le conseguenti soddisfazioni che ci eravamo prefissati.
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IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:
il pensiero di default è un pensiero di deriva, non pilotato dalla nostra mente che, nelle attività di routine, “stacca” in modalità non razionale. La creatività può sfruttare questa tendenza naturale del nostro cervello per trovare spunti associativi che aiutino nella fase di ideazione.
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Io l’ho sempre chiamata scrittura per libera associazione (non le avevo mai dato un nome, poi ho sentito questo termine nel film il sesto senso. “Ti è mai capitato di scrivere senza pensare lasciando la penna scorrere?” Ecco) ho scritto molte cose così e sempre di mio gradimento. Poeticamente dico “puro succo di anima”. Per un racconto lungo ancora non ho provato. Potrei farlo, già ci stavo riflettendo.
Interessante disquisizione su processi che spesso mi capita di attivare in maniera inconscia e nei momenti più impensati.
Complimenti
Un caro saluto
Gian Paolo
a me la routine – come camminare, per esempio – costa molta attenzione
tanto che l’attività di default resta a riposo
ciao