Un diavolo d’inventore

Banco si voltò sorpreso e spaventato trovandosi però davanti a un bambino. Poteva avere nove/dieci anni, non di più. La sua espressione sbarazzina era calata dentro ad una camicia di felpa comoda, a scacchi verdi e blu, che usciva da un paio di jeans ordinari. Il primo istinto di Banco sarebbe stato quello di avvertire il bambino di scappare, perché quello non era certo un posto adatto a lui. Ma la sua aria tranquilla, come di chi si trovasse a casa propria, lo fece desistere. Quindi si limitò a un: «Ci conosciamo?» «In un certo senso sì» fece il bambino con un sorriso aperto. «Ma vieni, non stiamo qui in piedi, seguimi. Andiamo di là, parleremo con più calma». Banco avrebbe voluto far presente che, nell’altra stanza, da innocenti cristiani venivano creati immondi Demoni e che la decisione più saggia sarebbe stata quella di uscire il più presto possibile di lì e di andare a parlare in un posto più sicuro, magari cercando insieme la scala di uscita; qualcosa però lo tratteneva, facendolo desistere tanto che, senza chiedere troppe spiegazioni, finì per seguire il suo interlocutore come fosse stata la soluzione più giusta e naturale. I due entrarono in quello che si rivelò uno studiolo senza molte pretese: era tuttavia una stanza raccolta, piena di libri, riviste e soprattutto computer. «Che sciocco, non mi sono presentato…» si scusò il bambino, che parlava con la stessa proprietà di linguaggio di un adulto: «sono Fritzmaster». Nell’udire quel cognome, Banco rimase esterrefatto. «Fritzmaster?!?» ripeté incredulo. «Sì, perché? Hai già sentito parlare di me?» «Ma lei è un bambino!!!» fece Banco, consapevole di dire una banale ovvietà. «Già! Faccio questo effetto a tutti. Però, per cortesia, diamoci del tu…» e così dicendo, Fritzmaster indicò al ragazzo una poltrona davanti a una scrivania dietro la quale si accomodò. «E lei, cioè tu, saresti l’inventore del Gator e delle Immagini tridimensionali solide?» domandò con sincero stupore Banco, sedendosi. «Sì». Sul viso del bambino si disegnò un largo sorriso di compiacimento. «Però quelle che hai appena citato sono solo alcune delle mie invenzioni… e neppure tanto recenti: diciamo che da un po’ di tempo a questa parte mi sono evoluto… ora mi dedico a innovazioni molto più complesse e sofisticate». Banco non ci poteva credere. Il bambino che aveva di fronte era un genio assoluto. «Posso offrirti qualcosa da bere, che so? Una cocacola?» fece l’inventore, cordiale. Banco non rispose, era confuso. Fritzmaster sorrise pacatamente, sembrava bearsi di quella meraviglia che leggeva negli occhi del suo ospite. E subito apparve accanto a lui qualcuno che fece sobbalzare Banco sulla poltrona: era un Demone Carena. «Non allarmarti, Banco, non c’è niente di cui aver paura: questo è Ai’bargor, molto servizievole e soprattutto innocuo. Per me» e rise come se avesse appena pronunciato una battuta irresistibile. Banco, invece, non era affatto tranquillo. Vedersi a pochi centimetri di distanza un mostro di quel genere, di oltre due metri di altezza, con un grugno che sembrava scolpito nel granito e gli occhi che iniettavano malvagità, era terrorizzante. «Una cocacola per il mio amico e il solito Darjeeling tea per me…» ordinò il bambino come si trovasse al bar sotto casa. Ai’bargor sparì letteralmente, ma non prima di aver espulso aria calda e fetida dai due buchi sulla faccia che avrebbero dovuto essere le sue narici: ebbe anche il tempo di fissare intensamente il ragazzo come se volesse strappargli con un morso la carotide. «Una delle mie ultime invenzioni è, per esempio, il Rigeneratore di Demoni» continuò in modo serafico Fritzmaster, come se fosse perfettamente normale avere un Demone come maggiordomo. «Nell’altra stanza hai potuto osservare il prototipo in azione. Funziona molto bene, non trovi? E mi aspetto grandi cose… Certo, a dir la verità, non è tutto merito mio: io ci metto la tecnologia e l’ingegno e Lui, il mio Signore, invece, l’Energia Assoluta necessaria (e ce ne vuole davvero tanta, di Energia, te lo assicuro)». «Il vasto progetto di conversione di carne battezzata in creature infernali non ti ha però impedito di far uccidere spietatamente Pellediluna!» buttò lì grintoso e a tradimento il ragazzo. Seguì una pausa di imbarazzo. Poi Fritzmaster chiarì: «Quello è stato uno spiacevole incidente, credimi. Io odio le armi. Mi fanno addirittura paura. Si è trattato di un eccesso di zelo di quello sciocco del Bigio. Si era invaghito, non corrisposto, della vostra operatrice CIA che, non sapendo che lui fosse un Demone, in un primo tempo lo aveva incoraggiato. Così, quando al Bigio è stato dato l’ordine di catturarla per portarla qui, lui ha fatto il doppio gioco. Ha rivelato alla donna di essere un Demone e che il mio Signore la voleva imprigionare per carpirle i segreti della Compagnia. L’Emissario le ha anche proposto di scappare via con lui, ma Pellediluna, inorridita dalla rivelazione che lui era un Demone, l’ha rifiutato prendendolo a male parole. Il Bigio a quel punto ha perso la testa, ha esagerato e l’ha eliminata. I Demoni, purtroppo non sanno governare le loro emozioni, sono sempre esagerati nelle loro reazioni, non hanno mezze misure. È un difetto che non sono stato ancora in grado di correggere nonostante gli incroci eugenetici. La morte della ragazza è stato uno spiacevole contrattempo, insomma. Ti assicuro che uno volta che non ci fosse stata più utile, ci avrebbe fatto molto più comodo rigenerarla, non c’è dubbio. Ora che hai visto il Rigeneratore puoi capirlo tu stesso. Il grande vantaggio di quella macchina è che il soggetto viene trasformato conservando tutto il suo quoziente di intelligenza. Per quanto accaduto, il Bigio è stato esonerato da incarichi delicati… si è dimostrato inaffidabile e poco adatto ad agire sotto tensione emotiva. Ora si occupa solo di mere attività esecutive». Banco rimase in silenzio. Non sapeva se ritenersi o meno soddisfatto di quella spiegazione. «Ma l’ultima frontiera che ho raggiunto solo recentemente, mio caro Banco,» cambiò all’improvviso discorso l’inventore «è, come ti accennavo, la genetica. Mi sto specializzando in miniaturizzazione…» Banco guardava Fritzmaster non capendo. Seppe solo ripetere: «Miniaturizzazione?» «Sì» fece il bambino gongolante «sto producendo una nuova razza di Demoni». E così dicendo tirò a sé un cassetto della scrivania e da un barattolo tappato con un turacciolo per damigiane fece scivolare sul pianale un esserino non più alto di venti centimetri. «È un Demone Gana» svelò come se stesse presentando il nuovo prodotto ibrido di un susino. «Più esattamente si tratta di un Demone dagli Occhi Blu incrociato con una pantegana nana, cioè un ratto di fogna di piccole dimensioni; più qualche gene di altri animali che non starò ad indicare per non annoiarti…» Banco guardava sbigottito questo mini Demone che saltellava su se stesso, nervoso. «Purtroppo devono ancora essere messi a punto» spiegò Fritzmaster quasi dispiaciuto. «Non sono infatti abbastanza feroci come dovrebbero e non sanno ancora nutrirsi da soli; tuttavia hanno raggiunto un soddisfacente grado di resistenza fisica e sono parecchio furbi». Il piccolo Demone, dalle grosse orecchie e con una gobba che lo deformava vistosamente (evidentemente non era certo l’estetica il problema che più affliggeva il suo inventore) si era messo davanti al ragazzo: aveva avvertito che Banco era umano e lo guardava malissimo. E, giusto per non stare inoperoso, il Demone Gana diede un violento calcio ad un tagliacarte proiettandolo proprio nella direzione di Banco, che fece appena in tempo a spostarsi di lato per schivarlo. «È molto volenteroso e pieno di buone iniziative, come vedi, ma devo lavorarci ancora su…» concluse Fritzmaster rimettendo il Demone Gana dentro al barattolo e il barattolo dentro al cassetto della scrivania. «Questi esperimenti prendono sempre un mucchio di tempo e non sempre se ne ha a sufficienza». Per un po’ il piccolo Demone protestò per quella privazione repentina di libertà: picchiò ripetutamente sul fondo del cassetto, ma poi finì per acquietarsi. Banco, che non sapeva cosa dire in una circostanza simile, se ne uscì con un: «Carino…» Poi in lui scattò la domanda che probabilmente Fritzmaster si aspettava fin dall’inizio di quella conversazione: «Che vantaggi può avere una persona intelligente come te, a lavorare per Baalzeniah?» Il bambino si tolse gli occhiali e guardò le lenti in trasparenza controluce come per accertarsi che fossero puliti. Sembrava prender tempo. Poi, inforcandoseli di nuovo e mettendosi le mani sulla pancia come un commendatore nel bel mezzo del consiglio di amministrazione di una grande società, rispose: «Il mio Signore, in cambio delle mie umili invenzioni che Lui, bontà sua, trova utili per la sua causa, mi garantisce…» e qui fece un’altra pausa misurata e voluta «…mi garantisce la vita eterna…» «La vita eterna? Ma è una noia mortale non morire mai!» se ne uscì Banco sincero. «Ah… sei anche filosofo…» ribatté Fritzmaster che non si aspettava quella battuta. «Bene, bene, mi piace, sei sempre più divertente. Ma devi sapere che inventare cose nuove è l’unica cosa che chiedo alla mia vita. Avere un’idea, per quanto folle sia, e saperla concretizzare, è semplicemente stupendo! Tu dovresti saperlo, del resto, so che ti diletti anche tu a inventare sempre cose nuove. E la possibilità di continuare a farlo per l’eternità mi procura una gioia indescrivibile». «Anche se questo dovesse significare l’annientamento dell’intero genero umano?» sottilizzò Banco, usando il tono di chi non si aspetta una risposta positiva. «Vedi» sbuffò il bambino mentre sollevava la tazza del suo tè dal vassoio tenuto da Ai’bargor, che nel frattempo era improvvisamente riapparso «il genere umano è già destinato, di suo, all’estinzione certa. Prima o poi si autoeliminerà con le sue stesse mani. Guerre, volontà irrefrenabile di sopraffazione, cupidigia, nuove malattie create in laboratorio, inquinamento incontrollato… ce n’è quanto basta per sterminarsi… io, in fondo, lo aiuto solamente a sparire dalla faccia della terra un po’ prima del previsto». Nel frattempo Ai’bargor si era avvicinato con il vassoio anche a Banco che, abbassando gli occhi, poté notare come gli artigli spropositati che uscivano dalle sue zampe, non potendo far presa sul pavimento come sul terreno, producevano un picchiettio curioso. Ai’bargor rimase immobile davanti al ragazzo in attesa che lui si decidesse a bere la cocacola. Aveva un’aria davvero truce e Banco non sapeva se scappare o sorbire la sua bevanda. Decise di allungare la mano per servirsi, anche se il ghigno del Demone e una bava verdastra che gli colava dalle fauci gli aveva fatto completamente passare la voglia di dissetarsi. «In cambio dei miei servigi, quindi, io mi guadagno il passaporto per l’eternità e mi divertirò per sempre. Che c’è in fondo di male in questo?» stava continuando a farneticare il bambino, tutto preso dal suo discorso. «E cosa succederebbe…» sferrò duro Banco, che teneva il bicchiere in mano senza avere tuttavia il coraggio di portarselo alla bocca «…se un giorno la tua vena creativa si dovesse esaurire e non inventassi più nulla? Magari il tuo Signore scoprirebbe che non sei poi così indispensabile e potrebbe eliminare anche te». La domanda colse di sorpresa Fritzmaster, che si fece cupo in volto. ‘Forse’, pensò Banco, ‘non ha mai soppesato questa remota eventualità’. «Ccredo che…» balbettò un poco il bambino tradendo una certa emotività «credo che, se ciò dovesse accadere, dovrei consegnare l’anima al mio Signore, come pattuito, del resto». Fritzmaster, nel pronunciare quella frase, guardò di lato. Banco aveva già notato quell’atteggiamento un po’ schivo del bambino. Forse non voleva offrire il suo sguardo diretto al proprio interlocutore per nascondere le sue debolezze. Fu quello anche il momento in cui Banco si accorse che Ai’bargor era di nuovo andato via. «Ma questa possibilità è del tutto da escludere» continuò il bambino riacquistando sicurezza in se stesso. «Io sono un vulcano di idee. Più passa il tempo e più ho idee geniali e rivoluzionarie e più, ovviamente, il potere di Baalzeniah ne trae beneficio. E Lui questo lo sa». Banco capì che la ‘fede’ del bambino nelle proprie possibilità e nelle garanzie che gli aveva dato il Malvagio era molto radicata e incrollabile. Qualunque strategia che si fosse basata sulla possibilità di convincere Fritzmaster ad abbandonare il suo Padrone sarebbe stata destinata al completo fallimento. «E quello che abbiamo in ballo ora, io e il mio Signore» continuò l’inventore che seguiva il filo dei propri pensieri «è un progetto magnifico e di grande respiro. La carta vincente, insomma». «Già… immagino…» rintuzzò Banco con ironia intuendo a cosa Fritzmaster voleva far riferimento «…perché i terremoti, la siccità, i malesseri diffusi sulla Terra sono tutto merito tuo, vero?» «Modestamente…» «Tutti questi fenomeni» azzardò Banco, molto interessato a questo argomento «hanno a che fare con la perdita di gravità del pianeta, ma non sono riuscito a capire in che modo…» «Lo sapevo che eri un ragazzo intelligente!» Il bambino sorseggiò il tè, ma si accorse che era troppo caldo. Scese allora dalla poltrona e s’infilò le mani nelle tasche dei jeans. Fece un paio di volte avanti e indietro, poi cominciò: «Quest’anno c’è un allineamento astrale particolarmente favorevole: non solo i pianeti del sistema solare sono in linea tra loro, ma anche altre stelle e diverse galassie al di fuori della Via Lattea. Un fenomeno che accade ogni centocinquantamila anni. Sfruttando questa congiunzione, praticando una fenditura nella crosta terreste fino al centro della Terra, con sistemi innovativi e tenendo ben aperta la fenditura che altrimenti tenderebbe a richiudersi, per effetto delle forze di coesione, è stato possibile estrarre i gas prodotti dalla fusione del nucleo del Pianeta per la diminuita pressione di tutti gli strati superiori». Mentre raccontava, Fritzmaster andava e veniva per la stanza come se stesse parlando da solo. Se Banco fosse scivolato dalla sua poltrona forse l’inventore non se ne sarebbe neppure accorto. Magari poteva approfittarne è manomettere quel grosso computer a muro con decine di spie che si accendevano ad intermittenza che si trovava a pochi centimetri da lui. Poteva essere il computer centrale che conteneva l’archivio di tutte le Immagini prodotte dai Gator. Forse però sarebbe stato pericoloso: avrebbe potuto far sparire anche l’Immagine dove si trovava adesso, lui compreso. «Con la fuoriuscita dei gas dal centro della Terra» proseguì imperterrito Fritzmaster «viene diminuita la massa complessiva del Pianeta e quindi la sua forza gravitazionale, che non trattiene più l’atmosfera. Da qui la maggior capacità riscaldante del sole e la progressiva mancanza di ossigeno». «E in questo modo…» tirò le somme Banco «…tutti gli abitanti del Pianeta finiranno per rimanere esanimi perché mezzi asfissiati…». «Esatto!» esclamò Fritzmaster, che puntava ora il dito sul ragazzo come per sottolineare la bontà della deduzione. «Sarà un’ecatombe di massa» continuò il bambino con una luce sinistra negli occhi. «Piomberemo allora in tanti sulla Terra da tutte le Immagini in nostro possesso e preleveremo quanti più corpi sarà possibile; per allora saranno già pronti un gran numero di Rigeneratori di Demoni che lavoreranno giorno e notte. E tutto il pianeta sarà finalmente nostro e ripopolato di Demoni Blu rigenerati dal corpo degli stessi abitanti che popolavano la Terra. Non è fantastico tutto ciò?» Pronunciando queste parole Fritzmaster aveva prima aperto e poi chiuso con enfasi il pugno della mano sinistra. Lo sguardo era allucinato. «Ed è per questo che state rigenerando un gran numero di creature infernali: per avere manovalanza a sufficienza quando ce ne sarà bisogno. Più sarete ora e più diventerete dopo» sospirò Banco, a cui gli sembrava di aver coniato uno slogan per questa nefanda campagna. «C’è soddisfazione a parlare con te» assentì sincero l’inventore recuperando il suo posto dietro la scrivania. Presa in mano la tazza di tè, cominciò a berla. Poi seguitò: «Non sempre riesco a parlare con il mio Signore in questi termini… Lui non bada ai particolari e alle finezze di realizzazione: tiene solo ai risultati». Banco annuì. Ora gli era davvero tutto chiaro. Decise, però, di giocare un’altra carta, in contropiede. «Ma non pensi ai tuoi genitori? Non pensi che anche loro verranno annientati senza pietà dal tuo Signore, a meno che ovviamente Lui non l’abbia già fatto?» «No, non l’ha già fatto» rispose il bambino cambiando umore e persino tono di voce. Si voltò ancora una volta verso la parete vuota. I ronzii dei computer si sentivano appena accompagnati dallo scalpiccio lieve del Demone Gana che si agitava nel suo barattolo. «Mio padre e mia madre sono ancora vivi…» «E non pensi che almeno loro dovrebbero essere risparmiati?» Il bambino arricciò per un momento il naso e poi seguitò: «No, penso proprio di no». Da come aveva risposto in modo secco e sicuro, con tutta probabilità quella domanda doveva essersela fatta più volte. «Franz e Nora Barrister, non mi hanno mai capito…» «Franz e Nora sono i tuoi genitori?» domandò Banco incredulo. «I Gran Rettori della Compagnia?» L’Inventore annuì solennemente e disse: «Hanno sempre cercato di contrastarmi e soffocarmi con le loro stupide e infantili smancerie, né hanno mai condiviso la mia scelta di vita di star dalla parte del mio Signore. Non hanno compreso il suo potere e la sua magnificenza. Non hanno minimamente capito quanto può essere seducente sentirsi onnipotenti e conoscere i segreti della Vita e della Morte; sapere quanta Luce c’è nascosta nel Buio». A quel punto il bambino fece una pausa come per riprendersi, poi seguitò: «So che si trovano qui, su questa Immagine. Se non fosse stato per te, sarei già riuscito da tempo a catturarli e a rigenerarli in Demoni, come si meritano. Sono loro del resto che hanno organizzato la cosiddetta Compagnia per distruggere il mio Signore. Sono loro che si son messi contro di Me. Ma alla loro arroganza porrò presto rimedio. Loro si sono messi contro di Noi e io mi metterò contro di loro e li distruggerò». Lo sguardo di Fritzmaster si era fatto appannato come se avesse perso il bene della ragione. Poi biascicò: «Ho già mandato una squadraone di miei fedelissimi perché si occupino di loro. Senza la tua protezione saranno una preda facilissima. Eh sì, caro Banco» fece l’inventore mettendosi per un attimo le mani dietro alla nuca e spingendosi all’indietro sulla poltrona a rotelle «oramai le scelte sono state fatte ed è troppo tardi per tornare indietro. È tardi per tutti noi, persino per te». Banco non seppe cosa replicare a quella totale mancanza di lucidità anche perché il bambino non pareva aver intenzione di acquietarsi: «È una battaglia persa quella che state conducendo voi tutti, e anche un po’ patetica» fece il bambino giocando ora con il mouse del computer «anche se devo riconoscere che i tuoi Poteri sono davvero interessanti. Sfidano la logica, le leggi della natura, la stessa mia fantasia… Avevo sottovalutato le capacità di Tago, che sono poi passate a te amplificate e potenziate. Ancora mi sfugge come siano trasmigrate dall’uno all’altro, ma sono sicuro che finirò per scoprirlo». Era impressionante come Fritzmaster fosse al corrente di tutte le vicissitudini che Banco aveva vissuto, fin nei minimi particolari. Segno questo, pensò il ragazzo, che Lui era riuscito a mettere in qualche modo lo zampino in tutte le sue disavventure. «Ho anche potuto apprezzare le tue invenzioni…» sibilò in modo subdolo Fritzmaster «sei in gamba, in gamba davvero. Ci farebbe comodo uno come te dalla nostra parte». «Ma sono cose di scarsa rilevanza…» si schermì Banco. «Forse, ma è il talento quello che conta; io potrei insegnarti tante altre cose e potenziare le tue capacità e le tue doti. E poi il boomerang tagliente e il refrigeratore istantaneo sono davvero invenzioni niente male… Utilizzarle per eliminare i miei preziosi Demoni… direi che è stato un capolavoro di strategia. Imperdonabile da mio punto vista, certamente, ma un capolavoro. Onore al merito». Qui l’inventore fece un sospiro. Non si capiva se stesse prendendo in giro il ragazzo o dicesse sul serio. Poi insisté con soddisfazione: «È per questo motivo che ora darò un’occhiata al tuo zainetto delle meraviglie!» Banco si irrigidì e istintivamente portò una mano allo spallaccio del suo fido sacco per serrarlo bene, ma la ritrasse subito con disgusto. Ci aveva infatti già trovato la mano enorme e ossuta di Ai’bargor che lo teneva saldo in pugno. Il Demone era apparso all’improvviso alle sue spalle, senza fare il minimo rumore, e ora aveva il suo muso fetido a pochi centimetri dalla faccia del ragazzo. «Ben inteso» continuò il bambino «è solo un prestito e ogni cosa ti verrà restituita a tempo debito, anche se quando ciò accadrà ti troverai in una condizione fisica in cui non saprai che fartene…». Rise di gusto, il bambino, quasi si fosse trattato di una battuta del suo telefilm preferito. Nello stesso istante Ai’bargor diede uno strattone allo zainetto facendo sì che il ragazzo, per il contraccolpo, si versasse addosso parte della cocacola: lo zainetto finì per rimanere ciondoloni tra gli artigli del Demone facendolo sembrare, in rapporto alla sua stazza, un palloncino sgonfio. A questo gesto rapido ed incisivo della sua fida creatura, il bambino sogghignò di compiacimento. Poi proseguì: «Sappi infatti che i miei genitori, tua sorella Tessa e tu, ovviamente, farete tutti la medesima, pessima fine…» «Perché, Tessa è qui?» fece Banco tentando uno scatto verso Fritzmaster come per volerlo prendere per il collo. Ai’bargor, nello stesso istante, anzi si sarebbe detto una frazione di secondo prima, fece un passo avanti anche lui dissuadendo Banco, con uno sbuffo caldo e maleodorante sulla faccia, dal continuare nella sua azione. Il ragazzo si risedette cautamente. La presenza di una simile creatura, faceva sembrare il ragazzo un nano. «Sì, abbiamo il piacere di aver con noi Tessa: è ancora viva, se ti preme saperlo. Sta aspettando te, per il gran finale cui si aggiungeranno molto presto, appunto, anche i miei genitori». L’inventore finì di sorbire il suo tè pulendosi subito dopo la bocca nell’apposita salvietta. «Pensavo francamente che avrei fatto molta più fatica a catturarti. Quando sono venuti a casa tua, pensavamo di trovarti lì, insieme a tua sorella. E invece eri sparito, tu e il tuo maledetto Gator. Sei stato molto gentile quindi ad aiutarci nell’impresa e a venirci a trovare di tua spontanea volontà». «Ho solo un’ultima domanda da fare…» chiese Banco che forse ancora non si rendeva pienamente conto in che razza di guaio si era andato a cacciare. «Prego…» lo invitò il bambino con molta gentilezza. «Ma anche Lui, Baalzeniah… è qui?»

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