Un’inattesa liquefazione

IT prese in consegna i due ragazzi. Le sue scarpe chilometriche color arancione facevano un gran baccano nell’atrio vuoto. E, passando accanto ad una statua dell’epoca romana raffigurante Venere, dove due licantropi si stavano abbandonando a effusioni amorose, li condusse verso la sala delle feste da dove ora proveniva un suono confuso di musica in sottofondo e un gran vociare. «A me sembra tutto fuorché una riunione…» sussurrò Banco alla sorella. «Stavi scherzando, quando dicevi di voler lavorare con loro e per loro, vero?» chiese Tessa alzando un solo sopracciglio. Banco la guardò e si limitò a sorriderle. «Allora, cosa prendete?» domandò gentile e un po’ affettato IT; e subito scivolò dietro al tavolo del buffet dove erano sistemate tutte le bevande e i bicchieri luccicanti. «Io una coca…» rispose Banco la cui attenzione era rimasta impigliata sulla gente che, vestita stranamente, si stava dando al ballo. «Io invece una tonica» fece Tessa. Con leggerezza, nonostante le scarpe e l’ampia maglia colorata che gli arrivava fino ai piedi, il clown preparò quanto richiesto allungandolo ai ragazzi. «Certo che c’è un bel campionario di gente bislacca qui dentro» commentò la sorella sorseggiando la tonica. «Non capisco poi che cosa c’entra quello laggiù vestito da cacciatore…» si informò indicando un signore poco distante da loro. «Forse è il cacciatore della favola di cappuccetto rosso…» gli ribatté il ragazzo. «E per il solo fatto che ha ucciso un lupo è da considerarsi un assassino?» Tessa non ricevette risposta. Si voltò verso il fratello per rifargli la domanda. Lo vide però che si massaggiava le tempie. «Ma cos’hai?» «Non so… mi sento strambo… è…è come se stessi perdendo solidità». «Davvero! Anch’io…» fece Tessa guardando istintivamente dentro al bicchiere. Banco si voltò verso il clown che stava sorridendo. «Eliminare voi due è stato molto più semplice di quello che pensavo». «Cosa ci hai fatto bere?» domandò Banco, che sentiva la vista offuscarsi. «È un cocktail inventato di recente da un certo Fritzmaster, il Nostro scienziato. E questa era un’ottima occasione per provarlo». «Chi sei?» fece Tessa, che non riusciva più a stare eretta. «È così difficile immaginarlo?» «Allora… allora sei…» chiese Banco in stato quasi confusionale. «No, non sono Lui, sono solo un suo umile servo. Voi ci chiamate Emissari. Certo che siete proprio buffi. Sono anni che mi intrufolo qui nella Sede della CIA per raccogliere informazioni. E non si sono mai accorti di me, in barba a tutti i controlli e alle procedure di sicurezza. Mi fate pena con i vostri mezzucci da detective strampalati. Siete una manica di incapaci. Il mio Signore avrà presto ragione della vostra cosiddetta Compagnia!» «Ma cosa ci sta succedendo?» chiese ancora Banco che aveva cominciato a tremare come se avesse avuto le convulsioni. «Vi state trasformando semplicemente in liquidi… vi state sciogliendo». IT sogghignava in modo grasso e sguaiato. Mentre Tessa era rimasta ormai senza voce, Banco si era messo a urlare per attirare l’attenzione dei presenti. «È inutile che ti sgoli, Banco, non sei più visibile se non a me, oramai è finita. Il processo, che si è instaurato nei vostri corpi, è irreversibile». E qui ci scappò un’altra sghignazzata. Sia Tessa che Banco vedevano le proprie mani e i piedi, e poi tutto il resto, sgocciolare per terra come se fossero stati pupazzi di neve al sole. I loro visi si stavano deformando, gli occhi, il naso, la bocca si allungavano come statue di burro fuso. Con sorpresa, anche i vestiti si liquefacevano, perdendo colore e consistenza. Ben presto furono solamente due pozze d’acqua. Con molta calma IT andò nello sgabuzzino a prendere un aspirapolvere per liquidi. In un attimo i due gemelli vennero risucchiati all’interno del lungo tubo dell’elettrodomestico. Con la stessa impassibilità che aveva dimostrato fino a quel momento, come non fosse successo nulla, il clown rimise l’aspirapolvere nel posto dove l’aveva preso e tornò alla festa. Passarono pochi minuti, poi Nora venne a chiedere a IT dove fossero i due ragazzi. «Sono già andati via, signora, hanno usato il Gator del bagno di servizio». «Ci hanno già lasciato? Così presto?» fece meravigliata la donna. «Sì, non vedevano l’ora di iniziare le loro indagini… sa come sono i ragazzi, sempre pieni di entusiasmo e di impazienza!» * «Come ti senti, Tessa?» chiese Banco. «Ho paura. Non siamo andati mai granché d’accordo io e te e proprio ora che ci eravamo messi a fare qualcosa insieme, eccoci in questo brutto pasticcio». «Non essere pessimista sorellina… vedrai che ne verremo a capo, non so come, ma ci riusciremo». «Ma non ti rendi conto che siamo in trappola? Siamo dei liquidi e stiamo sciacquando in questo contenitore. Non abbiamo né braccia né gambe, né tanto meno possiamo urlare per farci sentire. E poi? Anche ammettendo che ci sentissero e che ci tirassero fuori di qui, da questo sporco recipiente, come credi che potrebbero riuscire a farci tornar normali?» Il fratello sembrò non trovare le parole giuste per ribattere. «Eppoi mi sento proprio bizzarra. Non pensavo che ci si dovesse sentire così a essere dei liquidi, senza avere un inizio e una fine o una forma propria che non sia quella di ciò che ci contiene». «A me quello che sembra insolito, invece, è avere tutte le mie molecole confuse con le tue» precisò Banco «così che non so dove siano le mie parti del corpo e dove le tue». «Sì, siamo un imbarazzante tutt’uno…» ribatté la sorella. «E non siete neppure soli!» «Chi ha parlato?» fece Banco agitandosi. «Io!» «Io chi?» «Mi chiamo Tago e anch’io lavoro per la CIA». «Che ci fai tra le mie molecole, esci subito fuori di qui!» fece Tessa stizzita. «Momento!» rispose Tago «Al tempo! Io ero già qua dentro quando ci siete finiti voi. Quindi l’intruso non sono io, Maredirugiada». «Non mi chiamare così!» fece Tessa ancora più arrabbiata «Io mi chiamo Tessa, Tessa e basta. Hai capito? Anzi, guarda, fai così… non chiamarmi proprio!». «Anche tu risucchiato da IT?» chiese Banco cambiando discorso. «Sì, sono caduto in un tranello simile al vostro e sono chiuso qua dentro da un periodo di tempo che davvero non saprei quantificare. Per fortuna in questo stato non si ha né fame, né sonno, sennò sarei già morto». «È vero! Pensandoci bene, l’acqua non può morire» elucubrò Banco «può disperdersi, evaporare, mescolarsi ad altri liquidi, ma non può morire». «Ma io non voglio che le mie molecole siano mischiate a quelle di uno sconosciuto» si lamentò ancora la ragazza rivolgendosi al fratello. «Eddài Maredirugiada, non essere così petulante» le sussurrò Tago. «Inoltre io ci sto benissimo mischiato a te». «Non dire sciocchezze e non farti venire strane idee. E poi come fai a sapere che mi hanno dato questo ridicolo nome in codice?» «Hai ragione Tessa… è un’altra delle stranezze dell’essere liquidi. Si captano le onde corte della voce umana. Così mi è arrivato il discorso che ti faceva Franz nel suo studio. Anzi… a proposito, fate silenzio, perché sta arrivando qualcuno». Effettivamente di lì a pochi attimi entrò la donna delle pulizie che armeggiò con scope, secchi e stracci. Per un po’ lavò qualcosa nel lavandino e quindi diede lo straccio per terra. Poi prese l’aspirapolvere in mano e lo usò. «Come mai non aspira bene?» si chiese ad alta voce la donna. Aprì l’apparecchio. «Ah, ecco perché! C’è il serbatoio pieno. Mai che lo svuotino dopo averlo usato! Tocca sempre a me farlo». Così dicendo, la donna sganciò il contenitore e si avvicinò al lavandino. Tessa, Banco e Tago stavano urlando di non farlo. Se fossero stati rovesciati nell’acquaio sarebbero finiti nella fogna e avrebbero perso per sempre la speranza di ritornare come prima. Tessa si mise forse anche a piangere, ma Banco e Tago non se ne accorsero visto che tutti loro erano già liquidi. «Accidenti!» esclamò la donna. «Staccando lo scatolino mi si è rotto il gancio di chiusura. È meglio che ne metta uno nuovo e questo lo butti via. Non è più sicuro». Quindi alzò il coperchio della spazzatura e buttò via il cassettino con tutto il liquido che conteneva. «Siamo salvi!» esclamò Banco «almeno per ora. Tutto a posto Tessa?» «Sì, credo di sì». «Anch’io sto bene, grazie per avermelo chiesto» disse Tago indispettito. «Hai ragione Tago… tutto intero? Si fa per dire…» «Certo, ora bisogna solo trovare un modo per uscire di qui e tornare come prima». Non avevano finito di pronunciare queste parole che si sentì qualcuno rovistare nella spazzatura. Poi udirono dei passi, avvertirono di essere stati sollevati e nuovamente gettati da qualche altra parte. «Cosa sarà successo ora?» domandò Tessa. «Siamo appena stati buttati in un cassonetto, credo…» rispose il fratello sciacquettando dall’agitazione. «Oh, bene!» fece Tago «perlomeno adesso non rischieremo più di essere versati nel lavandino». «Però c’è ancora il pericolo del camion della spazzatura» puntualizzò Banco smorzando gli entusiasmi «camion che, da quel che mi risulta, ha anche una grossa pressa e un trituratore per sminuzzare i rifiuti: potremmo finire schiacciati e disperderci su foglie di lattuga, avanzi di pasto e scatolette di tonno vuote». «Ma è terribile!» si disperò la sorella. Dopo neppure una mezz’ora passò infatti il camion della nettezza urbana. Anche questa volta si sentirono sollevati per aria per poi fare un salto mortale all’indietro e finire sul fondo del camion. Le lame del trituratore, come temevano, erano al lavoro e il loro rumore si faceva sempre più vicino. «È la fine» sospirò Tessa «è proprio la fine». Il trituratore faceva ormai un fragore assordante, si percepivano distintamente i fortissimi schianti degli oggetti che ci finivano dentro e che si rompevano o si deformavano cigolando orribilmente. E stava per addentare il cassettino in cui si trovavano i tre ragazzi quando qualcosa impedì che ciò avvenisse. Un qualche oggetto duro e compatto, buttato nell’immondizia, si era messo in mezzo. Per un po’ lo scatolino scricchiolò tra le ganasce arrugginite, ma poi fu sputato via rimbalzando sopra alle lame e quindi proiettato con forza contro la parete di fondo del camion. Il camion della nettezza nel frattempo cominciò a muoversi e, dopo un viaggio non breve, arrivò da qualche parte dove svuotò tutto il contenuto. Tessa, Tago e Banco erano arrivati nella discarica. Si potevano avvertire tutt’attorno dei passi furtivi, poi, per ore, più nulla. Più tardi giunsero le vibrazioni di parole smozzicate: erano più persone che parlavano fra loro. Poi qualcuno o qualcosa li risollevò da terra e furono dondolati per un po’ fino a quando non tornò la quiete. «Dove saremo finiti ora?» chiese ansiosa Tessa. «Zitta!» le disse Banco «fammi ascoltare!» Ma non c’era nulla da ascoltare. Tutto taceva. Quindi ci fu il chiaro rumore di un qualcosa di metallico che sbatteva contro l’involucro. Qualcuno stava cercando di aprire il cassettino del liquido. Alla fine ci fu un urto fortissimo e Tessa, Tago e Banco si ritrovarono sul pavimento. Il liquido dovette cadere su di un filo elettrico scoperto perché ci fu una gran scossa elettrica che fece saltare la luce. «E stai più attenta!» rimproverò una voce non giovane con un accento straniero. «Adesso mi si è fulminato il ventilatore: come facciamo ora?» La scossa, attraversando il liquido e le cellule umane dei tre ragazzi, aveva funzionato da aggregatore istantaneo, facendo sì che ciascuno di essi, secondo il programma di accrescimento e di sviluppo del corpo umano scritto nel rispettivo DNA, venisse ‘ricostruito’ e riportato alla forma e consistenza originarie. «Non ci posso credere!» urlava Tessa saltando dalla gioia; anche Banco era raggiante, mentre Tago si stava toccando braccia e gambe per vedere se c’era tutto. A guardare la scena allibiti c’erano una donna e un ragazzo rom, quest’ultimo aveva in mano il contenitore dell’aspirapolvere. «E voi chi siete?» fece la donna appena riuscì a riprendersi dallo stupore. «È una storia lunga signora» le sorrise Banco facendo una flessione sui ginocchi come per provarne la resistenza «ma come mai avete raccolto dalla discarica proprio questa scatola?» «Il contenitore mi piaceva» rispose il ragazzo rom «è incredibile quante cose ancora utili butti via la gente. Posso tenermela lo stesso ora?» «È tutta sua» ribatté Tago, assestando una pacca sulle spalle al ragazzo. E, un attimo dopo, Banco seguito dalla sorella e dal nuovo compagno usciva dalla roulotte.

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