Le sorelle Maranzi

Quando Terenzio lo vide in lontananza ebbe un fremito. Tra le persone che non avrebbe voluto incontrare quel pomeriggio il cav. Moroni era senza dubbio in cima alla lista: il tronfio, arrogante, saccente Direttore del ramo ‘Acquisizioni & Affini’ della ditta per la quale lo stesso Terenzio lavorava stava sopraggiungendo sul suo lato del marciapiede. E, a parte la personale antipatia, ciò che maggiormente infastidiva era il sapere che, da qualche tempo, il Direttore lo aveva preso di mira. Forse perché con i colleghi, in mensa, lui aveva imprudentemente manifestato idee politiche di segno opposto a quelle che ispiravano il Consiglio di Amministrazione o forse perché aveva criticato alcune scelte sindacali della ditta lasciandosi andare anche a commenti non proprio del tutto urbani; sta di fatto che il suo lavoro da qualche mese era scaduto di qualità. Si occupava infatti sempre più di pratiche noiose, stantie, di dubbia utilità che, con tutta evidenza, nessuno voleva o avrebbe voluto sbrigare. Non solo, ma Terenzio veniva di continuo richiamato e redarguito per un nonnulla dal vice di Moroni, il perfido Passifanti, che non lesinava romanzine e lavate di capo diventate proverbiali. No, Terenzio non aveva davvero voglia di incontrarlo, neanche per caso. E stava giusto chiedendosi come avrebbe fatto ad attraversare la strada per non farsi scorgere, quando il portone contro cui si era appiattito si aprì di colpo facendolo rovinare all’interno. Se ne rimase così, per un po’, lungo disteso per terra, senza essere in grado di fermare la porta in legno pesante che gli si era appena chiusa in faccia con un gran tonfo. Era buio nell’androne e quando scovò a tastoni il vecchio interruttore della luce delle scale gli apparve all’improvviso come uno spettro una vecchietta, alta non più di un metro e mezzo, in vestaglia e pantofole, che lo squadrava fisso con un’aria truce.
«Ti ho pescato finalmente, ladro che non sei altro» gli abbaiò contro la donna alzandosi sulle punte dei piedi con una vocina stridula e cominciando nel contempo a picchiarlo con un mini ombrello di alluminio.
«Ma cosa dice, signora?» fece Terenzio cercando di ripararsi da quella gragnola di colpi.
«Caaaarlinaaaa!!!» si mise a sbraitare la vecchietta verso la tromba della scale. «L’ho preso! L’ho preso!» 
Di lì a pochi secondi un’altra vocina querula rispose di rimando dal primo piano:
«Maaartaaa, presto, Elvira, l’ha catturato! Andiamo giù.»
Trascorsero solo pochi attimi e le due vecchiette ossute e raggrinzite, con curiosi capelli cotonati dai riflessi azzurrognoli, si unirono alla prima urlando e gesticolando.
«Tu sei venuto in camera mia per vedermi tutta nuda!» accusò Marta infilzando l’uomo con il suo indice pressoché scheletrico all’altezza della milza. Gli occhietti erano gelidi e facevano appena capolino tra due fessure d’occhi «e dopo mi hai rubato pure le pantofole perché sei un bieco feticista.»
«Ma cosa state dicendo, signore, io non c’entro niente, sono entrato qui per sbaglio!»
«Certo certo, per sbaglio… come no?» gli fece il verso Carlina assestandogli un calcio sugli stinchi.
Terenzio, benché fosse un omone di un metro e ottanta, cercava vanamente di difendersi da quell’assalto e stava per avere la peggio allorché il portone d’ingresso si spalancò.
«Cav. Moroni!» supplicò Terenzio vedendolo traguardare regale la soglia del condominio «glielo dica a lei a queste signore… glielo dica lei che sono un impiegato della sua società.»
«Come? Prego? Io non la conosco» fece pronto il Cavaliere con aria di sussiego.
Intanto le tre vecchiette si erano acquietate nella loro furia punitiva, sorprese anche loro da quel colpo di scena.
«Signorine Maranzi, buona sera» flautò il Direttore al loro indirizzo scappellandosi esageratamente «adorabili come sempre.»
«Buonasera a lei, Cavaliere» risposero le vecchiette quasi all’unisono, schermendosi a quel complimento.
«Che modi da autentico gentiluomo» proseguì Elvira giungendo le mani e portandosele alla guancia rugosa in una sorta di carezza.
«Non può non riconoscermi cav. Moroni…» insistette Terenzio tutto ammaccato «sono il rag. Guidi, del terzo piano… sezione ‘Finanziamenti & Mutui’… non si ricorda?»
«Mi conosce giovanotto?» fece lui con aria indagatrice.
«Certo! La conoscono tutti in ditta…»
«Allora è venuto a trovarmi?» incalzò lui insidioso.
«Beh… no…»
«Allora abita qui!?!»
«No… proprio no… è che… che…» non riusciva a trovare le parole, Terenzio, soprattutto perché sapeva di non essere in grado di giustificare la propria presenza in quel luogo.
«Questo bel tomo è l’individuo che è venuto a rubare nel nostro appartamento mercoledì scorso…» sentenziò Carlina estraendo il cellulare come fosse un corpo contundente «ecco chi è… ed è anche uno sporcaccione… e ora chiamo la Polizia!»
«Sì, sì. mi ha pure sbirciato ch’ero tutta ignuda sotto la doccia…» ribadì Marta mentre faceva scivolare rumorosamente la barra che serrava il portone dall’interno.
«Ma no!!! Che dice? C’è un equivoco» sospirò Terenzio cercando di allungare la mano verso il telefonino dell’anziana per fermarla. Rapida Elvira calò con forza il suo ombrellino sulla mano dell’uomo che subito la ritrasse proteggendosela con l’altra.
Intanto il Direttore stava lentamente salendo le scale sogghignando. Completata l’intera prima rampa, si girò.
«Terenzio Guidi! Ma sicuro… il ragioniere» esclamò alzando un dito al soffitto. «Sezione ‘Finanziamenti & Mutui’, terzo piano… adesso ricordo.»
Sulle labbra di Terenzio si accese un barlume di sorriso. Le vecchiette si erano nuovamente fermate dal dare addosso al malcapitato. Pendevano dalle labbra del Cavaliere che si stava concedendo una pausa studiata da quello che doveva essere il prosieguo della frase. Alla luce sinistra dell’androne le anziane donne apparivano come novelli gladiatori in attesa del pollice verso dell’imperatore per finire la propria vittima.
Quindi il Moroni, sorridendo, chiese tutto d’un fiato:
«Ma non era stato poi licenziato perché sorpreso a rubare?»
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Il racconto è stato pubblicato anche
sulla rivista digitale Sacripante
nel gennaio 2007.
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