Un servizio impeccabile

Quando si sparse la voce in paese, la notizia fu dirompente. Il fatto che fosse un giorno di festa la rese ancora più inaspettata, come se il destino avesse approfittato dell’indolenza sorniona di un giorno di riposo per far maggior presa sulla mente docile dei compaesani: era morto il Maestro Peter Mittel, ottuagenario simpatico pittore, che aveva dato lustro a quella manciata di case dimenticate dal buon Dio sul dorso della montagna. Ormai da tempo non dipingeva più ed era molto malato sicché la gente non si stupì tanto del fatto che fosse passato a miglior vita, quanto piuttosto che fosse stata fatta quella strana scoperta sul suo comodino. Accanto all’imman­cabile bicchiere colmo d’acqua e ai suoi occhialini tondi con montatura in tartaruga, era stato trovato infatti il suo cellulare, quello che gli aveva regalato, appena un mese prima, la nipote per poter essere costantemente informata sulla salute malferma del caro nonno. Il telefonino era ancora acceso e sul display poteva leggersi il seguente messaggio sms:

Siamo spiacenti di dover comunicare che lei cesserà di esistere domenica prossima alle ore 4.32. Cordiali saluti ”.

La gente era scioccata. Non poteva credere che qualcuno avesse pensato di tirare un simile scherzo al Maestro Mittel, che già soffriva di cuore. Per giorni se ne parlò all’osteria e al mercato nonché tra le sicure mura di casa, tanto che maturò la convinzione che autore di una simile bassezza non potesse essere altri che il secondo artista del borgo, il mediocre poeta Karl Schwarz che aveva sempre nutrito invidia, il meschino, per il successo del più illustre cittadino. Era stato infatti lui che si era opposto strenuamente a che, ancora in vita il Maestro, gli si intitolasse la piazza principale del paese con tanto di statua a grandezza naturale.
«Non è poi tutto questo granché l’opera del Mittel…» aveva avuto il coraggio di dire una sera l’impudente poeta nel disprezzo generale. Era, insomma, già pronta una sollevazione generale per cacciare dal paese l’indesiderato poetucolo quando, al telegiornale delle 20, diedero la notizia che, in una città della costa, a seicento chilometri da lì, si era verificata una situazione del tutto simile: una casalinga era stata investita da un autotreno, che, sbandando su un cavalcavia, era precipitato sulla casa della povera vittima nel giorno e nell’ora precisi indicati dal messaggio ricevuto al cellulare; un altro sms, poi, dello stesso tragico tenore, era invece arrivato, quasi contemporaneamente, alla suora di un convento verso il confine annunciandole il decesso per la settimana successiva alle ore 19.31.
Gli esperti avevano escluso che si potesse trattare questa volta di un macabro scherzo, visto che non vi era, in coda al messaggio, l’indicazione del destinatario. L’esatta precisione tra le coordinate temporali indicate nei messaggi e quelle effettive della morte della povera casalinga (peraltro del tutto accidentale a giudicare da ciò che era accaduto), avevano tolto ogni dubbio. Non si riusciva però a capire chi potesse aver inviato simili raccapriccianti sms, anche perché i gestori delle telefonia negavano di aver instaurato un tale servizio. Scoppiò comunque, ben presto, in tutto la nazione, il panico: c’era chi reagiva in modo fatalistico e chi invece si teneva la cuffia collegata con il cellulare anche di notte, per essere informato immediatamente dell’arrivo di quel messaggio onde poter vivere al meglio l’ultima settimana concessa; ma c’era anche chi passava la giornata a fissare il telefonino ossessivamente o chi ostentava finta sicurezza come se quella situazione non lo preoccupasse minimamente. Certo era che nessuno mandava più messaggi di altro tipo temendo che il segnale di arrivo del messaggio ingenerasse inutili crisi isteriche. Il fenomeno ebbe, come c’era da aspettarsi, grande clamore: ne parlarono sociologi, maghi, esperti del settore e gl’immancabili tuttologi dell’ultima ora; ci furono interpellanze parlamentari, con conseguenti accorati inviti alla cittadinanza da parte del Capo dello Stato a mantenere la calma potendo trattarsi di interferenze elettromagnetiche dovute a chissà quale congiuntura astrale o a macchie solari peraltro particolarmente vistose in quel periodo, a detta degli astronomi. Si pensò persino alla fine del genere umano ad opera di un imminente attacco alieno. Nacquero nuove sette, furono celebrate continue ed estenuanti processioni, si verificarono nuove conversioni alle più disparate confessioni religiose. Certamente tutti avrebbero avuto un solo desiderio: che il servizio cessasse.
Ed era appena deceduta la suora nel giorno e nell’ora specificati nel messaggio (pare che le fosse andata di traverso l’ostia al momento della comunione), che vennero recapitate a moltissime persone, residenti nelle più disparate plaghe del globo, sms con la medesima telegrafica e tragica comunicazione, ovviamente tradotta nella lingua comprensibile al proprietario del cellulare. Vi furono così grossi problemi di ordine pubblico. Sapere di dover morire in tempi così ravvicinati, se dava la possibilità ad alcuni di regolare i propri debiti, di riallacciare amicizie o perdonare o farsi perdonare torti inferti, scatenava per altri gli istinti più bassi, vendette sanguinarie, rivalse abbiette, compiute nella consapevolezza della sicura impunità di non poter essere giudicato per tempo da nessuna autorità dello Stato.
Karl Schwarz, che si era ripreso dalla paura di essere linciato dai propri concittadini che avevano poi rinunciato all’infausto proposito, preoccupati di ben altro, avendo notato quanto la gente fosse cambiata dacché quel servizio era stato instaurato, aveva reagito in modo del tutto differente dalla stragrande maggioranza delle persone: aveva semplicemente spento il suo cellulare lasciandolo nel fondo cassetto della scrivania. Non voleva essere avvisato della sua eventuale, imminente morte, desiderando viverla anzi come aveva sempre fatto, ogni giorno come fosse l’ultimo, ogni giorno come fosse l’anello di una interminabile catena ben lontana dall’esaurirsi.
Schwarz, per reazione, al panico dilagante, aveva comunque preso ad uscire molto meno. Le persone che conosceva sembravano aver perso infatti, per un motivo o per un altro, la loro serenità: non si pensava e non si parlava d’altro se non di quel famigerato messaggino, come se ora non si dovesse vivere se non in funzione di quello, che fosse o meno arrivato a destinazione o solo ancora atteso. Persino la televisione ed i giornali avevano istituito un monitoraggio delle morti prossime e di quelle appena verificatesi, passando servizi strappalacrime di persone che si disperavano per la propria fine preannunciata o per quella di un proprio caro. Turbò in particolare il poeta la scena straziante di una donna che andava in giro urlando come una pazza per la strada mostrando a tutti il messaggio che annunciava la morte di sua figlia che aveva appena due anni. Tutti partecipavano a quel dolore, ma erano anche contenti che non fosse toccato a loro, sperando di sentire quel suono il più tardi possibile. Quando lo si udiva, in un luogo magari affollato o rumoroso, si scatenava subito il terrore che a suonare fosse stato il proprio cellulare: i visi sbiancavano, lo sguardo si fissava in un’espressione attonita fino a quando non veniva individuato il telefonino responsabile.
Stava cercando di dormire quella sera Karl Schwarz, quando andò ad aprire. Qualcuno aveva suonato alla porta. L’ora era tarda, ma poteva essere un amico in cerca di aiuto, visti i tempi che correvano. E infatti vide apparire sulla soglia Franz che stava singhiozzando.
«Cos’hai, stai male?» fece Karl spaventato per quella espressione da funerale che quasi sfigurava il volto dell’amico. Il pensiero di Karl volò subito al cellulare che Franz teneva sempre acceso. Gli si strinse il cuore. L’amico riusciva solo a piangere restandosene muto sulla soglia nella semioscurità del pianerottolo.
«Vieni» gli disse Karl prendendolo per le spalle «e siediti». Poi andò al carrello dei liquori versando nel bicchiere due dita generose del whisky preferito dall’amico.
«Prima o poi dobbiamo andarcene tutti» gli sussurrò allungandogli il liquore sapendo di aver detto una terribile banalità.
L’amico bevve tutto d’un fiato asciugandosi gli occhi sulla manica del pull-over. Quindi, con la voce ancora rotta dai singulti, mormorò:
«Certo che l’hai presa bene… sei proprio forte, tu!»
«In che senso Franz, non ti capisco.»
«Il messaggio… la comunicazione sms che hai ricevuto.»
«Ricevuto io? E poi tu come faresti a saperlo?»
«Come non lo sai?» fece ancora Franz con gli occhi umidi «adesso il servizio si è perfezionato. Il messaggino viene comunicato in copia anche al sindaco e al parroco che affiggono il relativo avviso in comune e in chiesa. Giusto per dar modo agli amici e ai parenti di fare le condoglianze al prescelto. E oltretutto viene inviato con congruo anticipo per permettere al ‘chiamato’ di sbrigare con comodità tutte le proprie faccende. Insomma… non so proprio come dirtelo: ma hai ancora nove mesi di vita.»

[space]

<– racconto precedente (Io non sono più qui)
–> racconto seguente (Uno strano personaggio)
<–  torna all’indice della Sezione ‘Come un papavero…
<– leggi gli ALTRI SCRITTI

Lasciami un tuo pensiero