Una tecnica redattiva che ultimamente mi è molto utile (se ne è parlato anche –> Quando la storia ti aiuta a scrivere la storia), ma qui voglio approfondire l’argomento per la sua utilità) è quella che ho chiamato dell’effetto Stanislavskij. Mi spiego meglio.
Il Metodo Stanislavskij (alcuni parlano di Sistema Stanislavskij) è studiato, com’è noto, appositamente per la recitazione dell’attore ed è basata sul criterio dell’immedesimazione e dell’espressività emotiva del personaggio; l’attore non deve sembrare o fingere sul palco, ma deve essere il personaggio, deve cioè viverlo dal di dentro anche se questo non deve anche significare annullarsi in esso (per saperne di più sul Sistema Stanislavskij rinvio a questa pagina Wikipedia –> il Sistema Stanislavskij e anche alla pagina Il metodo Stanislavskij. Via dai luoghi comuni, mentre, per la differenza con il metodo Strasberg si veda –> il Metodo Strasberg, anche se si dice che il vero metodo è lo Strasberg perché Stanislavskij fu solo un teorico).
Mi capita spesso, parlo sempre di esperienza personale ovviamente, di avere l’idea per un racconto, ma di non sapere concretamente come svilupparlo o peggio ancora di come terminarlo. Ho solo in mente, in altri termini, una bozza più o meno confusa di quello che voglio scrivere, ma nessuna idea di come tirarne fuori una valida trama.
Normalmente in questi casi, se dopo diversi tentativi non approdo ad alcun risultato, mi appunto quanto mi è venuto in mente e aspetto tempi migliori. Riprendendo infatti lo spunto a distanza di settimane o di mesi spesso qualcosa nella testa si è mosso è mi viene in mente come continuare (oppure mi convinco, al contrario, che l’idea non è buona e la scarto definitivamente).
Questo è quanto facevo fino a qualche tempo fa, mentre ora adotto questa diversa modalità di cui sto parlando e che per me è inusuale, ma efficace.
Sfruttando il particolare approccio che ho con la scrittura, vale a dire di immedesimarmi fortemente con quello che scrivo tanto da avere la sensazione di viverlo in concreto (come ho scritto più sopra si tratta di una specie di Sistema Stanislavskij, solo che a me capita spontaneamente tanto da avere l’impressione a distanza di giorni dalla stesura definitiva del racconto di aver conosciuto quel tal personaggio o vissuto quella tal situazione descritta nel racconto) mi metto a scrivere cominciando a buttare giù l’idea che mi è venuta.
Accade allora che, calandomi in quello che scrivo è la trama stessa, vissuta da me ‘dal di dentro’ (se ne è accennato anche altrove in questa stessa Sezione, –> Quando la storia ti aiuta a scrivere la storia), a dettarmi la soluzione dell’intreccio come se fosse cioè la storia stessa o il personaggio principale a dettarmela; è quindi come se venisse data la risposta proprio alla domanda del ‘magico se‘ di Stanislavskij: ‘se io mi trovassi in quelle precise condizioni, come mi comporterei?‘
Esempi di applicazione di questa metodica di lavoro si possono trovare in questi racconti:
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IN CONCLUSIONE
Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:
viene ripreso e sviluppato l’argomento, già affrontato in altro articolo, di come completare la storia immedesimandosi profondamente in essa.
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