Banco, per scegliere la direzione da prendere, si affidò al caso. O meglio si affidò a quella vocina che dentro di sé gli diceva di andare da quella determinata parte. Una vocina che non era abituata a sentire, ma che diventava ogni giorno più comprensibile. Camminando e attraversando paesaggi sempre diversi considerò che quella doveva essere un’altra SuperImmagine, considerate le sue dimensioni ragguardevoli e la perfezione dei particolari. In altre parole, nonostante la struttura a cilindro dell’Immagine, il ragazzo si era accorto di non essere ancora passato due volte per lo stesso posto. Per fortuna il clima, in quel quadro, era dolce, il sole non era forte e l’ora, benché fissa, doveva corrispondere alle prime ore del mattino. Banco cominciò a dubitare, per la tanta strada che aveva fatto, che sarebbe stato in grado di tornare indietro, ma proseguì ugualmente. Ogni tanto il giovane si fermava per rifocillarsi. Era sfinito, ma non era il caso di fare soste prolungate: sua sorella poteva essere in pericolo e lui non doveva perdere ulteriore tempo. Era già un po’ che stava attraversando un bosco profumato di castagni quando arrivò ad un bellissimo prato. Era rasato di fresco come se vi avessero appena passato il tosaerba. In lontananza distinse tre persone per terra su qualcosa di colorato. Il ragazzo si portò più a nord, sempre rimanendo al limitare del bosco, al fine di raggiungere un punto di osservazione migliore senza però farsi scorgere dal gruppo. Ora poteva vedere meglio: si trattava di un uomo, di una donna e di un bambino. Erano seduti sopra una tovaglia a scacchi bianchi e rossi. Stette ad osservare notando che la donna tirava fuori da un cesto capiente del cibo, mentre l’uomo predisponeva sulla tovaglia posate, piatti e bicchieri. Avrebbe giurato si trattasse di una comune famigliola che stava facendo un picnic. Ma come era possibile? In quel posto? Il ragazzo si convinse che non poteva essere vero. Doveva trattarsi di una trappola tesa per lui dai Demoni, una trappola sofisticata, ma pur sempre una trappola. Decise di rimanere nascosto. Il tempo trascorreva: il bambino giocava a palla con il padre, la mamma stava leggendo un libro ascoltando la radio. Insomma, più stava a guardarli, e più gli sembrava una normalissima coppia che si godeva un po’ di ore all’aria aperta con il proprio figlio. Ancora diffidente, chiuse gli occhi in un ultimo tentativo di saperne di più. No, erano umani, umani come lui, non c’era alcun dubbio. Abbandonando ogni regola di prudenza, uscì dal bosco, senza sapere esattamente perché: forse per la curiosità, come al solito, o forse perché la famigliola si stava preparando per andare via. «Salve!» fece Banco avvicinandosi cautamente. «Salve, come va?» rispose l’uomo cordiale. «Una gran bella giornata» fece Banco indicando il sole come non fosse stato l’astro immobile di un’Immagine. «Anche lei ha scovato questo posto delizioso? Io e mia moglie non lo conoscevamo. L’abbiamo trovato per caso. Davvero tranquillo e ben tenuto. Ideale per una scampagnata!» Il pensiero di Banco volò alla presenza in quella stessa Immagine di una molteplicità non calcolabile di Demoni, di bestie uccise a morsi, senza contare la presenza di quel folle di Fritzmaster e forse addirittura del Malvagio. Ma si sentì in dovere di rassicurare gli interlocutori: «Sì davvero un bel posto! Ma voi da dove venite?» chiese con aria innocente. «Che domande!» interloquì la donna che aveva fatto sparire ogni cosa, con efficienza, in una grossa valigiotta di vimini. «Da quel cancello. C’è un piazzale appena lì dietro, dove abbiamo lasciato la macchina». Poi la signora, fattasi dubbiosa aggiunse: «Perché, non potevamo entrare?» La faccia di Banco doveva esprimere sorpresa perché seguitò: «Beh, effettivamente, dall’esterno, l’ingresso non si vedeva bene, ma noi lo abbiamo trovato semiaperto e dallo spiraglio abbiamo visto questo prato. Sì, non c’era scritto niente, ma abbiamo pensato che il Comune avesse aperto un nuovo parco e così…» «Ssì» balbettò Banco «un nuovo parco…» ripeté a pappagallo. «Ma allora…» si informò incuriosito l’uomo «lei invece da dove è passato?» «Da un’altra entrata…» rispose il ragazzo indicando una direzione qualsiasi dietro di sé, «lontano da qui, dall’altro lato». «Ah, ma allora è davvero grande! Dovremmo tornarci un’altra domenica, Tesoro…» sorrise la donna consegnando la valigiotta di vimini al marito. «Assolutamente no» se ne uscì Banco con una espressione seria. Ma forse aveva esagerato con il tono perché comunicò l’idea di una persona allarmata. I due lo squadrarono in modo strano; il ragazzo, per mettervi rimedio, precisò: «Nel senso che oggi è stata un’apertura straordinaria. Da domani rimarrà di nuovo chiuso al pubblico per qualche altro mese. Dobbiamo ancora lavorare per assicurare all’intero comprensorio gli standard di sicurezza europei…» «Ah… ho capito. Lei è un responsabile della sicurezza» rispose l’uomo tranquillizzato. «È molto giovane però… Va bene, vuol dire che ritorneremo l’anno prossimo, con la buona stagione». «Ecco sì, è meglio» confermò Banco. «Peccato perché qui, al contrario di quanto sta accadendo in città, l’aria è respirabilissima, non fa caldo… sembra che non ci siano neppure i terremoti: insomma pare proprio un paradiso terrestre. Si sta davvero bene». ‘Ci credo!’ pensò Banco ‘Questa è una SuperImmagine, non la Realtà.’ Dopo quelle parole, la famigliola felice, in modo ordinato e composto, si avviò verso il cancello. Salutarono e s’incamminarono verso l’uscita non prima che la donna, dando una sberla al braccio del marito, lo rimproverasse sotto voce: «Te l’avevo detto io che non si poteva entrare!» «Ma cara, era così bello qui… e poi anche a te piaceva entrarci…» Banco li seguì con gli occhi vedendoli girare dietro ad una grossa rupe. Poi fece anche lui lo stesso giro imbattendosi in un cancello di ferro. Lo scostò di qualche centimetro: c’era una città davanti a lui, con traffico di auto, gente che passeggiava, negozi, un cinema. E sopratutto c’era un chiarore accecante, tanto da non riuscire a tenere gli occhi aperti. Proprio non riusciva a capire: era un’altra Immagine? Così reale? O era qualcosa di diverso?Banco rimase un po’ sulla soglia come per accertarsi che quello che stava osservando non fosse un sogno. Poi sentì sulla nuca il solito brivido freddo. Rientrò velocemente e, salito con rapidità sulla rupe, si schiacciò dietro una pianta di lauroceraso. Chiuse gli occhi. Di lì a poco vide passare due Demoni dagli Occhi Blu. Il loro passo caratteristico li avrebbe resi inconfondibili anche a distanza. Passarono sotto di lui. Ma appena superato il cancello uno dei due si trasformò immediatamente in un distinto uomo d’affari brizzolato con giacca, camicia, cravatta e ventiquattrore, e l’altro che lo seguiva in una donna di mezza età, con cappello, foulard al collo e borse della spesa. Quattro passi dopo si erano già confusi con i passanti della città. Dopo pochi secondi arrivò, da dove erano appena spariti l’uomo e la donna, un ragazzo alto con gli occhiali, un maglione a giro collo e dei libri sottobraccio. Sembrava uno studente universitario. Oltrepassò anche lui il cancello, ma questa volta in entrata al ‘parco’, trasformandosi subito dopo in un Demone dagli Occhi Blu. Banco era allibito. ‘Questo vuol forse dire’, pensò, ‘che i Demoni sono tra noi e hanno le sembianze di persone normali? Ma è impossibile…’ si rispose, ‘…sarebbe orribile!’ Il giovane scese dalla rupe non appena ebbe a sincerarsi che il Demone entrato fosse ormai lontano. Si avvicinò al cancello: era esitante. ‘Certo’, rifletté, ‘se questo è un Varco di Fuga o una Porta per la Realtà, come quelle di cui mi ha parlato Tago, questo potrebbe anche significare che sono libero. Forse non al sicuro, ma certamente all’interno della solida Realtà». Sostò per qualche minuto accanto alla porta in ferro. Sembrava uno di quegli ergastolani che, avuta la notizia della propria liberazione, non riescono a capacitarsi di dover abbandonare un ambiente duro e difficile, che si sono accorti di conoscere però meglio di quello che devono affrontare: la vita di tutti i giorni, che non gli appartiene più. Era ridicolo sentirsi così estraneo al mondo vero. Il secondo viaggio nel Mondo delle Immagini lo aveva profondamente segnato. Non si rimaneva evidentemente a lungo in quella Dimensione restandone indenni. Poi strinse i pugni, come faceva quando doveva cacciarsi di slancio in una nuova situazione, e uscì. Vagabondò per quella città che subito non riconobbe, ma che di sicuro doveva essere italiana. Non solo per le scritte, ma anche per l’atmosfera che si respirava e per la gente che incontrava. Girò con il naso all’insù come fosse un turista: aveva ricordi vaghi di quel posto. Forse c’era stato da piccolo. La prima cosa che comprò, comunque, fu un paio di occhiali da sole. Si fermò da un giornalaio per sbirciare che giorno fosse dalla testata dei quotidiani: era ancora sabato. Da un grosso orologio sporgente sulla strada di un negozio di gioielleria lesse che erano passati appena due minuti dopo le ore 18.00 e che quindi era ancora la medesima ora in cui era partito dalla sua camera alla ricerca di Tago nel Paese dei Ragni Giganti. ‘Non riuscirò mai ad abituarmi all’immobilità del tempo dell’Altra Dimensione’ pensò. Continuò a passeggiare finché vide un fast food. Non resistette: era tanto che non si faceva un doppio hamburger con una montagna di patatine fritte. Andò al bancone e ordinò. Ben presto il suo vassoio era pieno di cose buone che gli facevano venire l’acquolina in bocca. Trovò un posticino proprio davanti alla vetrina principale. Si mise anche a leggere un fumetto di Tex Willer che qualcuno aveva dimenticato sul tavolino. Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando era ancora un ragazzo qualunque, senza strani ed incomprensibili Poteri, senza la cicatrice a fuoco sul polso di un Nodo Celtico carico di mistero, e soprattutto quando ancora non sapeva che cosa significasse vivere nella continua paura di soccombere. Sembravano passati anni da allora e invece, dopo tutto, erano passate solo poche ore. Si gustò a fondo il suo hamburger, mangiando lentamente e assaporando il suo bicchiere di cocacola anche se annacquato dal troppo ghiaccio. ‘Ma perché devono rovinare la cocacola così? Non basterebbe solo raffreddarla in un frigorifero?’ considerò scuotendo la testa. Dalla sua postazione poteva vedere il via vai della gente e soprattutto l’orologio a muro del gioielliere di fronte che segnava il tempo. Notò in particolare che la lancetta dei secondi si muoveva. Non potevano esserci più dubbi: quella, dunque, era davvero la Realtà. Del resto faceva anche un caldo insopportabile e la luce del sole era abbagliante; attorno a lui la gente continuava a tossire e faceva fatica a respirare: sembravano tanti asmatici. Anche il terremoto non si fece attendere troppo. Ma si accorse che la gente si era pressoché abituata anche a quello e, tranne qualche ansioso, nessuno più si precipitava in strada. Anche se lo inquietava il pensiero che i Demoni potessero essere ovunque, magari sotto forma di quella ragazzina simpatica e carina che aveva notato dall’altra parte della sala, Banco stava ora considerando che, comunque, specie con la pancia piena, il ritorno alla Realtà stava avendo, seppur lentamente, un effetto rilassante. Ma a poco a poco si insinuò nella sua mente il pensiero di sua sorella prigioniera e anche di Franz e Nora tra le mani esaltate di Fritzmaster. Ed era sempre prepotente il desiderio di fare qualcosa per contrastare le mire apocalittiche del Malvagio. No, non poteva restarsene lì inattivo. Doveva rimettersi di nuovo in movimento. In fondo i Poteri erano passati a lui per un qualche preciso motivo, non certo perché smettesse di lottare. Doveva reagire, lo doveva fare anche per Tago, che aveva creduto in lui. ‘Ma forse’, rifletté, ‘rientrare nell’Immagine dopo tutto potrebbe non essere necessario. Quel Varco da e per la Realtà sta probabilmente a significare che lo scambio con l’Altra Dimensione è molto più facile e frequente di quanto credessi. Il Malvagio, inoltre, a pensarci bene, non avrebbe mai potuto realizzare il suo obbiettivo di conquistare la Terra se non operando in questa stessa Realtà, dal di dentro: solo così, infatti, sarebbe stato in grado di raggiungere il centro del pianeta attraverso la fenditura di cui parlava Fritzmaster. In nessuna Immagine, per quanto perfetta o solida fosse, avrebbe consentito di raggiungere il nucleo fuso della Terra per estrarne i gas e alleggerirne la forza gravitazionale. Dunque il rifugio di Baalzeniah doveva trovarsi temporaneamente sulla Terra, fuori dal Mondo delle Immagini, forse in quello stesso paese dove si trovava ora. Il ragazzo era così assorto in questi pensieri da non accorgersi che un signore, sulla quarantina, dalla barba lunga e incolta e l’aria trasandata, si era seduto allo stesso suo tavolo di fronte a lui, con il vassoio occupato da un piatto ricolmo di insalata, mozzarella e pomodori. Si era messo a mangiare con appetito, spezzando il pane e intingendolo nel piatto su cui era stato molto generoso con l’olio; si fermava solo per trangugiare a intervalli regolari una bevanda che si sarebbe detta del tè freddo e che in parte spandeva sulla sua camicia ad ogni sorsata. Banco dopo un primo momento in cui si era lasciato andare a osservare quello strano tipo, riprese a mangiare: prima finiva, prima si sarebbe rimesso all’opera. «Io lo so cosa stai cercando…» si sentì dire da una voce. Banco alzò lo sguardo sembrando che la voce provenisse proprio dal tipo che aveva di fronte, ma forse non era così: l’uomo aveva gli occhi fissi nel piatto. Lo osservò ancora per un po’, caso mai avesse voluto parlare di nuovo. Ma l’unica cosa che faceva era quello di muovere in modo lento e rumoroso le sue mandibole. Banco stava per riprendere a mangiare quando il signore barbuto posò la forchetta e, questa volta, guardandolo fisso negli occhi, ripeté: «So perfettamente cosa stai cercando».