Come mascherare il finale al Lettore

Una situazione spiacevole in cui uno scrittore non vorrebbe mai trovarsi è far comprendere al lettore come andrà a concludersi il suo scritto.

L’anticipazione infatti banalizza il testo, lo fa diventare scontato, “già sentito” e in un attimo vengono vanificati tutti gli sforzi che si erano resi necessari per costruire una buona trama e un buona struttura narrativa.

E il bello è che non ci sono scusanti: se il lettore è in grado di capire il finale (o peggio ancora di individuare l’assassino se si tratta di un giallo) è l’Autore che ha commesso un (grave) errore, per non aver messo in opera correttamente le tecniche di sviamento del lettore.

Come si sa, molti possono essere i punti critici di un testo: uno fra i tanti, ma comune, è la metonimìa cinematografica vale a dire quell’espediente narrativo che prende forma di un oggetto che, a un certo punto del lavoro, l’Autore introduce strumentalmente in quanto gli servirà per dare una svolta (anche definitiva) alla trama. Faccio alcuni esempi:

  • una coppia siede a un tavolo di un bar; nel servire da bere alla sua amica, l’uomo, spostando la giacca da un lato inavvertitamente mostra di avere una pistola infilata nella fondina ascellare;
  • un uomo sta leggendo un libro in biblioteca, a un certo momento, sfogliando le pagine vi trova, come segnalibro, una banconota da 50 euro;
  • una donna, camminando per strada viene urtata apparentemente in modo casuale da un uomo.

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Questi oggetti o situazioni, che costituiscono una sorta di dettaglio per come sono inseriti nella trama che si sta costruendo, realizzano in realtà altrettante velate fughe in avanti dell’Autore, un supporto su cui appoggiare una deviazione della trama.

È nella naturalezza con cui viene inserita la metonimìa nel testo che si negozia il suo impatto, soprattutto se la situazione introdotta può apparire nel testo come inusuale, distonica, di frattura.

Più l’oggetto è “lontano” dal contesto in cui viene introdotto più il lettore potrà chiedersi il perché si parli all’improvviso di quella cosa; e potrà anche, nel rispondersi, indovinare la direzione narrativa che l’Autore vuole intraprendere.

Per evitare problemi di questo tipo si può agire allora su più fronti:

  • Si può attutire innanzitutto l’ingresso della metonimia facendo in modo che l’introduzione dell’oggetto sia come richiesto dal contesto; sono le parti, l’azione, la situazione a richiedere che quella determinata metonimia entri nel racconto. Ne consegue che la presenza della nuova situazione ha una sua giustificazione a sé stante, autosufficiente, e tanto più sarà plausibile per il lettore che non si insospettirà per l’uso strumentale dell’inserto.

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Un esempio pratico è dato dal racconto in questo stesso Blog –> Galleggiamenti.

L’apertura della finestra da parte della moglie “serve” all’autore per far sì che, mentre la donna esce dalla sala dove si trova il marito, quest’ultimo “esca” dalla finestra.

Se la moglie si fosse indotta ad aprire la finestra senza motivo o per un motivo non plausibile poteva costituire un segnale palese per indurre il lettore a comprendere dove in verità l’Autore voleva andare a parare.

  • Si può costruire una direzione narrativa diversa da quella dettata dalla logica naturale della metonimìa: l’oggetto introdotto porterebbe naturalmente il lettore a pensare che il risvolto del racconto sia di un certo tipo mentre l’Autore gliene dà un altro che nulla ha a che fare con il primo.

L’importante è tendere, in altre parole, sempre a creare un’omogeneità nel testo senza strappi o salti ingiustificati dove tutto deve fluire in modo naturale anche seguendo le diverse cadenze necessarie del testo narrativo.

Una road-map di mascheramento è qui sotto riportata:

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Il racconto, per poter procedere narrativamente dal punto A (inizio del racconto) al punto Z (finale del racconto) (questa è la fabula, per saperne di più –> La fabula e l’intreccio del racconto) occorrerà portare il Lettore su “false piste” che possono essere sia elusorie (punti B, C e D, nel senso che si svia semplicemente chi legge su aspetti “lontani” dal finale) sia disorientanti (punti Y, W) quando gli sviamenti intersecano la linea della fabula, in parte intrecciandosi ad essa, ma portando a loro volta su sentieri ugualmente non convergenti sul finale.

L’importante è che le “false piste” siano sempre verosimili e pertanto credibili, in quanto l’effetto negativo sarà comunque non solo di far capire ugualmente al lettore il finale della storia ma anche di far comprendere allo stesso di aver cercato di prenderlo in giro.
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IN CONCLUSIONE

Dunque, ricapitolando, di cosa si è parlato in questa pagina:

un errore ingenuo sicuramente da evitare è quello di far capire al Lettore, già a metà storia, come la stessa finirà.
Questo articolo suggerisce i modi per scongiurare questa (nefasta) eventualità che sono alla base di qualsiasi buona scrittura.
In particolare viene chiarito l’uso della metonimia e come regolare il suo ingresso nel modo più congruo possibile nel testo.

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